venerdì 5 marzo 2010

La sinistra paladina dei gay che ora perseguita Balducci. Vittorio Sgarbi

Mi piacciono le sfide. E allora dirò che sono fermamente convinto che Angelo Balducci è innocente. Convinto che la sua azione è stata lineare e che può aver dato spazio a illeciti profitti senza averli favoriti. Passeranno i mesi, passeranno gli anni e si arriverà alla fine dell'inchiesta che lo ha portato in carcere con un processo in cui molte cose saranno chiarite. Finirà ancora una volta con l'accertamento di episodi che magistrati facinorosi e intercettazioni intimamente abusive hanno fatto apparire crimini gravissimi. E non lo erano.
Balducci si vedrà restituito l'onore quando ormai tutto sarà stato dimenticato, la sua vita profondamente mutata. I giudici che hanno indagato su di lui avranno fatto carriera, avranno fatto altri errori, e non pagheranno per la strage di verità (come avrebbe detto Marco Pannella) che ci hanno inflitto. A difendere Balducci è l'avvocato Franco Coppi, lo stesso che ha assistito Andreotti. Mi accorgo che ha fatto le mie stesse osservazioni, e poche parole mi sembrano più vere delle parole che difendono, inquietanti quando un uomo è innocente, necessarie quando un uomo è colpevole. Anche per questo ci appare terribile l'assassinio di Enzo Fragalà, perché un avvocato non condanna, il suo potere è solo nelle parole, nella verità e nei valori morali di rispetto per la persona che, con la parola, evoca. Che un giudice venga ucciso è intollerabile, ma è comprensibile come reazione di un criminale che non sopporti la pena o di un innocente che non tolleri l'ingiusta condanna. Ma uccidere un avvocato vuol dire ribellarsi alla forza della parola che non può limitare la libertà di nessuno, ma può aiutare, in nome della ragione, a scoprire la verità, ribaltando annunciati verdetti di colpevolezza che trovano facile approvazione. Il giustizialismo è molto più forte del garantismo, e fu molto più facile condannare Pietro Pacciani che assolverlo. Ma torniamo a Balducci. Tra le cose più oscene, affrontate con timidezza e discrezione dal Corriere della Sera, e invece esibite con compiacimento e impudicizia da Repubblica, ci sono le indiscrezioni, derivate da intercettazioni, sui suoi costumi sessuali. Su Repubblica l'altro ieri si leggeva: «Su Balducci l'ombra della prostituzione gay» e, nell'occhiello: «Nelle telefonate incontri sessuali organizzati con giovani che in molti casi vengono indicati come seminaristi». L'articolo poi approfondisce con dettagli variamente morbosi, descrivendo offerte di «merce» umana con devastante evidenza. La Procura di Perugia, all'ascolto di queste conversazioni private, non glissa, infierisce: «Nell'ambito del procedimento penale in oggetto è emerso che l'ingegner Balducci Angelo, per organizzare incontri occasioni di tipo sessuale, si avvale dell'intermediazione di due soggetti, che si ritiene possano far parte di una rete organizzata, operante soprattutto nella capitale, di sfruttatori o comunque favoreggiatori della prostituzione maschile». Il gioco è fatto. Balducci è indagato negli appalti della Protezione civile ma noi dobbiamo anche conoscere i suoi costumi sessuali, così come abbiamo dovuto, leggendo, assistere alla ricerca del preservativo fantasma (non) usato da Bertolaso nel suo incontro con una «massaggiatrice». In questo caso la questione era l'eventuale offerta di una prestazione gratuita, nel caso di Balducci pare trattarsi di spese personali secondo un tariffario non diverso da quello implicito nei piccoli annunci delle inserzioni giornalistiche sotto la voce «massaggi», «club», «associazioni».
Dov'è dunque finita, non dirò la privacy, ma l'apertura mentale, la necessaria tolleranza imposta da una posizione politicamente corretta, verso il mondo gay? Non è proprio Repubblica ad avere difeso i diritti dei gay e la loro aspirazione alle unioni di fatto, contro l'oscurantismo della Chiesa? E adesso come mai espone Balducci al pubblico ludibrio indicando incontri omosessuali come prostituzione, favoreggiamento? Gli amici di Repubblica hanno dimenticato com'erano gli incontri di Pasolini? E qualcuno oserebbe infamarlo per una pratica così diffusa da essere stata l'orgoglioso punto di partenza della carriera pubblica di Vladimir Luxuria? Non rivelo nulla che non abbia Vladimir stessa detto in un'intervista al Corriere appena eletta deputato. E i giornalisti di Repubblica come pensano che si organizzino gli incontri omosessuali? Hanno mai letto Sandro Penna? Conoscono la storia di De Pisis? E dunque perché deve entrare nella sfera criminale la normalità della vita sessuale (eventuale) di Balducci? E perché non indagare sulla modalità degli incontri amorosi di Nichi Vendola? Chiuderò con le parole dell'avvocato Coppi che richiama ciò che la Repubblica sembra aver dimenticato: «È una vergogna che vicende private che nulla c'entrano con l'inchiesta, vengano pubblicate sui giornali. Non è che la galera consenta di infangare liberamente gli imputati». Forse la Repubblica, come il regime cubano, ritiene giusto che Balducci stia in galera «anche» perché omosessuale? (il Giornale)

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