La conferenza stampa di Silvio Berlusconi è stata liquidata da molti come un momento di malumore. È un’ipotesi miserella e soprattutto in diritto civile il motivo per il quale si fa qualcosa - per esempio una compravendita - è irrilevante. Nello stesso diritto penale i motivi per i quali si è commesso un delitto, influiscono solo sulla misura della pena, con le attenuanti o le aggravanti, e nelle contravvenzioni non se ne tiene alcun conto. Dunque perché Berlusconi abbia detto ciò che ha detto assolutamente non importa. Importa che le sua parole possono avere effetto sulla politica, tanto che per esaminarle sarà inevitabile una insolitamente lunga riflessione.
La minaccia di far cadere il governo Monti, cui si è data tanta importanza, non ha molto valore. Infatti è stata subito attenuata dalla preoccupazione di allarmare i mercati e danneggiare il Paese. Essenziale è invece che Berlusconi abbia dimostrato di avere un’idea del futuro. Gli altri – tranne Pierferdinando Casini, che in questo campo si mostra costantemente un famulo di Mario Monti – si tengono sul vago. Non dicono neppure se bisogna proseguire la politica attuale o cambiarla. Berlusconi invece ne ha denunciato tutti gli errori ed ha dichiarato che un cambiamento è assolutamente necessario. È un passo avanti: gli altri non sanno “che cosa fare”, lui almeno lo sa. Anche se non dice ancora “come farlo”. E soprattutto rimane il dubbio: il partito lo seguirà, in questo tentativo?
Ciò che ha proclamato, per esempio per quanto riguarda la politica economica dell’Italia ed il rapporto con la Germania e la Francia, potrà avere pesanti conseguenze anche in campo internazionale. La Grecia, la Spagna e il Portogallo potrebbero vedere nell’Italia il Paese leader per ottenere una riforma dell’Unione Europea. Comunque le parole di Berlusconi sono più che un sasso nello stagno: sono sufficienti per far suonare un serio allarme.
Altro punto essenziale della conferenza è che in essa non si è trattato vagamente di “riforme”, o anche di “grandi riforme”, come si usa fare di solito: si sono indicati chiaramente, assolutamente fuori dai denti, alcuni difetti delle istituzioni attuali anche a proposito di Mammasantissima intoccabili come i giudici della Corte Costituzionale (CC) e lo stesso Presidente della Repubblica (PdR).
Nella conferenza si trovano infatti moltissime verità che i cittadini si dicono in privato, da mesi e da anni, ma che nessuno ha osato affermare dinanzi ai comizi curiati schierati in battaglia, come ha fatto lui. E questo pesa. Chiunque poteva affermare che Stalin era un criminale, ma quando lo ha fatto Khrushchev, dalla tribuna, è stato un altro paio di maniche. Se tutto quanto è stato detto fino ad ora sembra eccessivo, si abbia la pazienza, prima di difendere o attaccare il Cavaliere, di procedere ad un esame analitico, punto per punto, di ciò che è stato detto d’importante, chiedendosi in ogni momento: è vero, questo?
Secondo Berlusconi quando si è creato l’euro si è commesso l’errore di stabilire per l’Italia un cambio di 1936 lire per un euro e poi, per l’intera Europa, si è permesso di passare dall’equivalenza un dollaro un euro ad un euro che valeva fino a un dollaro e mezzo, con enormi svantaggi per l’esportazione dei prodotti europei. E – aggiungiamo – ciò si è fatto perché quel cambio, mentre danneggiava tutti gli altri, non danneggiava la Germania.
Si è costituita la Bce, dice ancora Berlusconi, rinunziando al diritto di stampare la propria moneta, perché si pensava che la Bce si sarebbe comportata come una vera “banca centrale europea”, capace di garantire i debiti sovrani, “arrivando a stampare moneta in caso di necessità”. La Germania, memore dell’inflazione della Repubblica di Weimar, si è invece opposta, assegnandole l’unica missione di contrastare l’inflazione. E qui dissentiamo. Se la Bce garantisse il debito dei Paesi scervellati e spendaccioni, questi continuerebbero a contrarre debiti e la Bce creerebbe effettivamente una tragica inflazione. L’errore è stato invece quello di creare l’unione monetaria senza prima avere creato l’unione politica. Aderendo all’euro si è rinunciato a una delle stigmate fondamentali della sovranità, la possibilità di battere moneta, e per questo dinanzi ad una crisi del debito non si sa più che fare. La Bce è innocente. Infatti in altro momento lo stesso Berlusconi ha fatto notare che ciò che ha dato origine al grande problema dello “spread eccessivo” non è il livello del debito ma la mancanza d’indipendenza della valuta: il Giappone ha un debito pubblico del 238% del pil ma paga interessi dell’1% e ciò solo perché ha il potere di manovrare lo yen.
Berlusconi ha anche rivendicato il merito di avere, una volta scoppiata la crisi, cercato di opporsi a molte decisioni dell’Unione. Ha negato, in sede europea, che il nostro debito pubblico avesse raggiunto il 125% del pil. Infatti, ha sostenuto, accanto al pil ufficiale c’è un pil sommerso, dal quale l’erario non ricava nulla ma che fa lo stesso parte del prodotto interno. Non ha condiviso i ritardi negli aiuti alla Grecia, la Tobin tax, l’obbligo imposto alle banche di calcolare i titoli del debito pubblico al valore del mercato secondario e non a quello del rimborso, e infine il fiscal compact. Contro questo trattato egli è arrivato a porre il veto, con conseguente interruzione di due ore dei negoziati. Che egli ha usato per discutere con J.C.Junker, illustrando le ragioni del veto stesso. E comunque ha affermato che il tentativo di ridurre il debito pubblico con i sistemi proposti avrebbe portato alla recessione. Insomma, mentre la Francia ha seguito “passivamente” le indicazioni di Berlino, egli si è opposto per quanto ha potuto, essendo per questo contrastato in tutti i modi: nessuno ha dimenticato, fra le altre, l’“iniziativa di deterioramento dell’immagine internazionale” dell’Italia e i “sorrisi” della Merkel e di Sarkozy, che ha definito tentativo di “assassinio della mia credibilità internazionale”.
La Germania ha esercitato sull’Europa un’egemonia egoistica e non solidale, contribuendo allo scoppio della crisi. Ad esempio durante l’estate del 2011 alle banche tedesche è stato “imposto di vendere i titoli italiani” e ha dovuto farlo anche una banca italiana con sede in Germania. Poi giustamente, anche per questo motivo, i fondi internazionali e americani si sono preoccupati per il debito pubblico e sappiamo ciò che è seguito. Gli investitori internazionali hanno percepito la possibilità di fallimento degli Stati e sono stati spinti a chiedere interessi più alti per compensare il rischio: il 14% alla Grecia, il 9% al Portogallo, il 7% alla Spagna e il 6% all’Italia. Mentre prima la Germania pagava interessi del 3% e l’Italia del 4% (spread uno) poi - dal momento che l’Europa non si dimostrava disposta a sostenere i Paesi in difficoltà - si è passati all’1% per la Germania e al 6% per l’Italia (spread 5). E questo spread, cui il governo non aveva dato adito, ha tuttavia pesato nella richiesta delle sue dimissioni.
Berlusconi ha passato il testimone a Monti perché sperava che questo governo, fruendo dell’appoggio di maggioranza e opposizione, potesse fare quello che non poteva fare lui con la sua piccola e incerta maggioranza. La missione era soprattutto quella di cambiare la Costituzione ma il nuovo esecutivo non l’ha fatto. Ha aumentato le tasse, anche sulla casa, ha stabilito il divieto dell’acquisto in contanti oltre mille euro, e per il resto ha adottato al 100% le indicazioni della Germania arrivando ad una spirale recessiva senza fine.
Ma la cosa più grave sono i difetti strutturali del Paese. Il Presidente del Consiglio (PdC) non solo non può cambiare un ministro, non può nemmeno ingiungergli di star zitto, di non andare in televisione, di non prendere certe iniziative. Soprattutto non ha il potere di proporre un decreto legge. La stessa “necessità e urgenza” è giudicata dal PdR, dando luogo a un continuo braccio di ferro. Per fare una legge ci vogliono da 450 a 600 giorni e il PdR può respingerla se i suoi esperti, con la lente d’ingrandimento, trovano qualche “profilo di incostituzionalità” non solo materiale, ma anche con riguardo allo “spirito” della Costituzione. Poi ci sono i regolamenti attuativi. Infine, votata la legge, l’opposizione chiede a qualche giudice di Magistratura Democratica di impugnarla dinanzi alla CC e questa in mezza giornata azzera un lavoro del Parlamento che è magari durato 600 giorni. Ciò perché la CC è formata da undici giudici di centro-sinistra e quattro giudici di centro-destra, in conseguenza del fatto che i PdR di sinistra hanno “messo lì degli amici di sinistra”. Essa “non è un’istituzione di garanzia al di sopra delle parti ma è un organismo politico di sinistra”.
Così il Paese non è governabile e i cambiamenti sono necessari. I PdC devono poter revocare i ministri; devono poter governare con decreti legge e le leggi devono essere votate da una sola Camera, con metà dei parlamentari. Entro 90-120 giorni. Bisogna cambiare anche le regole per la formazione della CC: è inammissibile che si cassino leggi magari con un solo voto di maggioranza. Bisogna pure dipendere meno dai piccoli partiti, che non agiscono per il bene generale ma per l’interesse proprio e soprattutto del loro piccolo leader. Berlusconi racconta che tra il 2001 e il 2006, trattando con loro, ha provato ad arrivare ad una riforma della giustizia, ma dopo un anno di tentativi ci ha dovuto rinunciare.
Poi riparla ancora della recessione, illustrando il circolo diabolico: gli italiani, impoveriti, consumano meno; le imprese producono meno; dunque licenziano; dunque aumenta la disoccupazione; e questa impoverisce i cittadini. Tutto ciò si chiama recessione. Per non parlare di come l’erario, col sistema del redditometro, può attuare autentiche “estorsioni fiscali”. Infatti, assurdamente, in questo campo si è invertito l’ordine della prova. Non è il fisco che deve provare i maggiori redditi, è il cittadino che deve dimostrare di non averli. Prova negativa, dunque diabolica. Si deve “porre un alt” a tutto ciò. E si può fare soltanto, dice senza giri di parole, “cambiando la politica imposta all’Italia dalla signora Merkel” (sic). “Questo noi dovremo fare”.
E infatti passa ad illustrare una sorta di programma elettorale. La riduzione del debito pubblico è necessaria ma si può ottenere solo aumentando il pil e diminuendo il deficit. Stop all’aumento della pressione fiscale, anzi percorso di riduzione. Fine degli sprechi. Fine delle imposte sulla casa. Fine della storia dei mille euro. Possibilità di usare il telefono in pace, infatti è “barbaro e incivile” che si vedano rese pubbliche cose dette in privato. Divieto di appello dei pm (che la CC ha abrogato in nome dell’uguaglianza tra pm e difesa, quasi che la prima assoluzione non fosse la prova provata dell’esistenza di un dubbio sulla colpevolezza!). Impedire ai pm di tenere troppo facilmente in carcere i cittadini in assenza di condanna, cosa che possono fare, con vari strumenti, fino a undici anni. In sintesi, la dittatura dei magistrati, la magistratocrazia, deve finire.
Solo negli ultimi minuti Berlusconi parla appassionatamente della persecuzione giudiziaria di cui è stato fatto oggetto: che sarà pure scandalosa, ma è politicamente meno importante. L’iniziativa induce infatti soprattutto a riflessioni politiche.
Se Berlusconi fosse il “padrone” del suo partito - come si finge di credere a sinistra - ci dovremmo aspettare tuoni e fulmini: basti vedere in che termini ha parlato della Germania e della signora Merkel. Invece per il futuro si possono fare tre ipotesi. O il partito, poco convinto dell’intemerata, fa finta di nulla come se Berlusconi avesse solo voluto sfogarsi con i giornalisti: e tutto continuerà come prima. Oppure il partito comprende che il programma delineato può essere veramente allettante per un Paese stanchissimo del governo Monti e delle sue tasse, e lo adotta. Anche perché non è lontanissimo da quella linea di protesta dei grillini che sembra essere largamente gradita. Se così fosse, sapremmo quale sarà il tema della campagna elettorale: da un lato i “montiani”, con o senza Monti, dall’altro il Pdl e Berlusconi. La terza ipotesi: nel caso il Pdl fosse molto coeso su questa posizione e la sostenesse convintamente, ci sarebbe la possibilità che intorno ad essa si agglutinasse una coalizione sedotta da questo cambiamento di rotta.
Purtroppo, al di là e al di sopra di tutto ciò, rimane un’obiezione che è un’inevitabile pietra d’inciampo. Nessuno nega tutte le critiche esternate da Berlusconi; nessuno nega che un grande cambiamento sia necessario; ma se esso è possibile (si fa per dire) nel campo della giustizia, come attuarlo nel campo dell’economia? Chi dichiara fallimento (in quale altro modo uscire dall’euro?) va infatti incontro a tali e tanti problemi, che forse val la pena di tenersi l’euro e perfino Mario Monti. Ecco perché, prima di sottoscrivere il programma di Berlusconi, esemplare per la diagnosi, aspettiamo di sapere qual è la terapia proposta. Se essa fosse valida, allora veramente la svolta sarebbe epocale. (il Legno Storto)
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1 commento:
E' una analisi dettagliata e seria della situazione, purtroppo alle opposizioni e principalmente al PD non interessa nulla del Paese, essi vogliono il potere a tutti i costi, anche a costo di fare precipitare la nostra povera Italia verso il disastro, lo dimostrano i casi di Unipol e adesso di MPS.
Ma la cosa gravissima è che i giudici sono quasi tutti di sinistra e fanno di tutto per distruggere il nostro Paese.
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