Oggi abbiamo buone notizie. Secondo un sondaggio Swg (15/17 ottobre) il Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni dovrebbe andare al ventuno per cento. Il Pd sarebbe al 25,9%, l’Udc stabile, il Pdl al 14% e l’Idv al 4,3%. Aggiungiamo, per completare il quadro, che giorni fa qualcun altro dava Sinistra e Libertà al 6%. Naturalmente c’è l’incognita dell’astensione, che misura la disaffezione dalla politica ma non influisce sulla composizione del Parlamento. Se anche votasse solo il dieci per cento degli italiani, quel dieci per cento deciderebbe per il cento per cento degli italiani. E tanto peggio per il novanta.
Per il momento non si può che tenere conto dei dati forniti dai sondaggi. Sommiamo dunque il 26% del Pd col 6% di Sel. Col premio di maggioranza del Porcellum del 15% (se rimane) si arriva al 47%. Non ci siamo ancora. Il Pd dovrebbe dunque allearsi con Beppe Grillo, anche per non averlo all’opposizione. E qui viene il bello. Se già l’unione con Sinistra e Libertà può far pensare al peggio, l’alleanza con i grillini potrebbe costituire la resa totale alla cultura dello sfascismo, dell’improvvisazione, della demagogia di piazza e del giacobinismo di borgata. Ecco perché si parlava di buone notizie: perché un simile governo produrrebbe guasti tanto grandi e tanto veloci da costituire quel lavacro dei cervelli di cui gli italiani hanno urgente bisogno.
Nel momento in cui fossimo usciti dall’euro, avessimo azzerato i risparmi di tutti, avessimo un’inflazione galoppante, una disoccupazione mostruosa, una recessione che ci farebbe parlare non di una “pudica riduzione dei consumi” ma di semplice “fame”, molti finalmente imparerebbero che il peggio non è come la temperatura, che ad un certo punto incontra lo zero assoluto. Il peggio non ha uno zero. E certo questo zero non è stato né la Democrazia Cristiana, né Berlusconi né Prodi o D’Alema.
Noi italiani dobbiamo ancora imparare che “chiedere”, anche se si pestano i piedi o si sfila per le strade, non significa sempre “ottenere”. Che l’aritmetica è più forte della politica. Che non sempre si riesce ad intimidire il prossimo con uno sciopero e soprattutto che nessun pasto è gratis, come diceva Milton Friedman. Questa grande, vera, devastante crisi economica senza precedenti e senza paracadute ci insegnerebbe che non è scritto da nessuna parte che tutti dobbiamo avere tutto; che la nostra è una nazione povera di risorse naturali che deve importare parecchio e che per questo deve lavorare duro, magari guadagnando poco. Che gli emigranti che partivano per la “Merica” con solo una valigia non erano degli alieni o dei pazzi: era soltanto gente che, prima di noi, ha saputo che cos’è il bisogno del pane. Non del companatico: del pane.
E non sarebbe l’unico vantaggio. Forse sarebbe addirittura una benedizione per il mondo. L’Italia farebbe scoppiare l’euro e probabilmente anche l’Unione Europea; farebbe comprendere a tutti che non ci si può indebitare indefinitamente perché alla fine la realtà presenta il conto; farebbe vedere che il modello di produzione occidentale, con mille garanzie giuridiche, sindacali, sociali e previdenziali, è un modello che non ci possiamo permettere; che uno Stato di sessanta milioni di abitanti non può avere uno sterminato esercito di dipendenti statali e di sanguisughe politiche, e tante altre cose ancora.
Speriamo vivamente che Grillo determini la politica italiana ed europea. I saggi e coltissimi iperspecialisti dell’economia ci hanno condotto al disastro ed ora è tempo che si torni all’età della pietra per riscoprire nuovi maestri capaci di spiegarci, senza neppure citare Adam Smith, arcani principi economici del tipo: “chi non lavora non mangia”, “se non ti prendi cura di te stesso puoi morire come un cane”, “la società non ti deve nulla” e infine che “l’uguaglianza, oltre ad essere contraria alla natura, è una balla inventata dagli inferiori”.
Per favore, votate Movimento 5 Stelle. (il Legno Storto)
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