Nel bel libro di Andrea Romano, "Compagni di scuola. Ascesa e declino dei postcomunisti", viene realisticamente e lucidamente descritta la parabola politica-culturale del Pci-Pds-Ds-Pd e della sua classe dirigente, evidenziandone il percorso che ha coinciso col pieno fallimento e crisi identitaria e strutturale della stessa sinistra italiana. Una sinistra incapace di rinnovarsi in quanto guidata da un'oligarchia aristocratica e ristrettissima che, sulla scia della conservazione gelosa e maniacale del proprio blasone familiare comunista, mira ormai soltanto alla gestione del potere fine a se stesso e alla perpetuazione in modo sempre più asfittico ed inerziale dell'egemonia nei propri feudi e casematte.
Gli attuali (ed ultimi) eredi di Berlinguer si formarono negli anni della contestazione studentesca di stampo radical-marxista del Sessantotto, in cui l'Italia venne invasa da quella marea irrazionalista di libertinismo, nichilismo e massificazione laicista. Il Partito comunista italiano era l'interlocutore privilegiato del movimentismo estremista e del minoritarismo intellettualoide, di cui parte attiva erano anche i trotzkisti, stalinisti e maoisti, ciò che creava terreno fertile per la proliferazione di asocialità, amoralità, criminalità, violenza, teppismo e terrorismo. Il d'Alema di quegli anni, assurto alla leadership della Fgci, non esitava ad andare a relazionare ai congressi in Unione Sovietica e nella Cina del sanguinario dittatore Mao.
La crisi della sinistra negli anni Settanta ed Ottanta si traduceva nel fallimento del compromesso storico tra Pci e Dc. Il declino del consociativismo faceva da contraltare all'emergere dei tentativi di rinnovamento liberale e social-riformista ad opera del leader del Psi Craxi. Ma la sinistra berlingueriana continuava ad esser affetta da autismo e seguitava a non saper per nulla cogliere i segni dei tempi credendo di avere essa una propria superiorità antropologica e morale rispetto agli odiati avversari/nemici politici, superiorità invero inesistente, come si vedrà in seguito soprattutto in merito alle collusioni affaristiche della sinistra comunista con i poteri forti, fra cui banche e cooperative, ed ai finanziamenti occulti avuti dall'Urss. Nel frattempo crollava il Muro di Berlino, ciò che per il Pci costituiva una plateale e definitiva sconfitta, avendo esso sempre puntato sull'anticapitalismo ed antiamericanismo, con una speculare alleanza col totalitario ed antidemocratico mondo sovietico.
Il Partito della falce e martello, rimasto esente dalle inchieste giudiziarie di Tangentopoli a motivo dell'esistenza di non poche affinità ideologiche tra esso ed una parte consistente della magistratura, si tramutò nel Pds occhettiano , che fu poi sconfitto dalla provvidenziale discesa in campo di Berlusconi. Divenuti poco dopo Ds, i post-comunisti sono stati incapaci di incarnare l'espressione italiana della socialdemocrazia europea. Di autentico riformismo non c'è stata alcuna traccia, accanto al perpetuarsi di un immarcescibile antioccidentalismo ed alla mancata comprensione dei mutamenti epocali seguiti all'11 settembre, non contrastando ma ammiccando essi all'islamismo radicale. Anche con Fassino segretario il partito versa infine in piena crisi di consensi e contenuti.
L'attuale processo di costruzione del Partito democratico con la leadership di Veltroni rappresenta un grottesco ed anacronistico tentativo di esorcizzare il tonfo totale del governo Prodi con la riedizione di un compromesso storico «bonsai» con le altre culture politiche stantie ma egemoni della Prima Repubblica, procedendo ad una mera fusione a freddo delle nomenklature oligarchiche post-comuniste e post-democristiane, col beneplacito dell'integralismo sindacale e dei poteri forti. Ora la sinistra giocherà tutte le sue ultime carte sulla figura di Veltroni, vero e proprio «politico new-age», espressione del sincretismo e relativismo culturale odierno. Egli si esercita da tempo nell'uso delle casematte culturali e vari gangli per i propri fini ideologici e politici, e non esita a praticare l'arte dell'affabulatore buonista manipolando con giochi di prestigio parole ed immagini a proprio uso e consumo. Veltroni, totalmente incurante della coerenza, chiarezza e lealtà, è uno che dice tutto ed il contrario di tutto e mischia il diavolo con l'acqua santa, laddove le sollecitazioni emotive, i sogni e gli stati d'animo vorrebbe avessero la meglio sulla realtà concreta.
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