Sulle qualità personali di Fabiano Fabiani per svolgere l'incarico di membro del Consiglio d'amministrazione della Rai-tv che il governo gli ha affidato ieri non si possono avere dubbi. Fabiani ha alle spalle una carriera collaudata di manager di successo, è persona di cultura, di conoscenze, di esperienza: chi meglio di lui dunque? E così pure non c'è dubbio che la sua nomina corrisponde a un obiettivo interesse politico della maggioranza, perlomeno di quella sua parte che si riconosce nel progetto del Partito democratico. Infatti, poiché la designazione di Fabiani, come dicono in molti, contribuirebbe a saldare un'intesa tra Prodi e Veltroni, essa aiuta senz'altro la nascita del nuovo partito neutralizzando i pericoli per la stabilità del governo che la nomina del sindaco di Roma alla testa del Pd potrebbe in teoria rappresentare. Tutto bene dunque? Per nulla, invece, proprio per nulla dal momento che qui non è questione solo di persone o di convenienze politiche. È questione — anche e soprattutto — di regole, e da questo punto di vista la nomina di Fabiani appare quanto mai criticabile. Fino a ieri la Rai costituiva uno dei pochi ambiti in cui si era riusciti a stabilire un accordo di tipo istituzionale tra maggioranza e opposizione sulla base del mutuo rispetto di un comune modus operandi. Che si riassume in due parole: la maggioranza del Cda alla maggioranza parlamentare, la presidenza dello stesso Cda scelto di comune accordo ma nelle file dell'opposizione, e infine come Direttore generale una figura di garanzia indicata dalla maggioranza ma con il placet più o meno esplicito della minoranza.
Questo accordo di fatto—ripeto, volto ad assicurare un funzionamento passabilmente tranquillo e condiviso di istituzioni pubbliche chiave, e uno dei pochissimi all'uopo esistenti — questo accordo è oggi carta straccia, perché con la nomina di Fabiani la maggioranza ha deciso di prendere per sé tutto quello che c'era da prendere: Cda, Presidenza eDirezione generale. In tal modo il centrosinistra ha ripetuto oggi ciò che già fece alla fine dell'ultima legislatura in cui ebbe la maggioranza, era il 2001, allorché approvò per pochi voti nientemeno che una modifica della Costituzione. Riconobbe sì, poi, di aver sbagliato, ma il suo comportamento odierno cancella quel pentimento, lo fa apparire quasi strumentale, e getta una grave macchia sulla sua immagine politica. Che fine hanno fatto tutte le promesse di governare in modo diverso dalla destra, in modo non fazioso, in nome di valori politici diversi? Con il gesto compiuto ieri si proclama in realtà l'indifferenza a qualsiasi regola di buona creanza istituzionale (con danno per tutto il Paese) e, cosa ancora più grave, si autorizza domani il centrodestra a fare altrettanto.
Quale credibilità potranno avere le proteste contro una Casa della libertà che—come sicuramente è nelle pulsioni almeno di una sua parte, e come è già accaduto—occupasse domani ogni spazio occupabile accaparrandosi tutte le nomine governative? Chi oserà firmare un manifesto o un appello contro Berlusconi o chi per lui quando Prodi e il suo governo non sono stati da meno? Da questo punto di vista, per finire, colpisce assai negativamente che tra i tanti cultori del bene pubblico che militano nell' Unione (politici e non: ci mettiamo anche tanti giuristi e intellettuali vari) nessuno abbia avuto finora qualcosa da ridire su un tema di tale importanza. Per meglio dire nessuno tranne uno: il segretario dello Sdi Boselli. È giusto rendergli il merito dovuto, ma alla fine è la sua voce soltanto quella che abbiamo ascoltato. Bisogna ammettere che è un po’ poco.( Corriere della Sera )
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2 commenti:
Non è accettabile la prassi consolidata da anni per la quale la scelta di soggetti per i posti di comando di strutture pubbliche, aziende, RAI è basata sull'appartenenza politica, e non su criteri esclusivamente di competenza e professionalità verificate e verificabili.
Il livello di servizio fornito dalle strutture i cui vertici, e non solo quelli, sono definiti da questo o quel governo sono sotto gli occhi di ogni cittadino attento. Aspetto di sapere quale sarà il primo politico a dire basta, ritiriamoci da ogni spartizione, torniamo al nostro unico lavoro / servizio per il quale siamo stati eletti. Lo spettacolo delle polemiche di questi giorni è estremamente disgustoso. La RAI, a mio parere, non svolge affatto i compiti di servizio pubblico che le sono affidati. E vorrei anche chiedere ai politici che parlano di scioperi fiscali, o del pagamento del canone di evitare di incitare alla violazione di leggi esistenti.
A proposito di persone competenti in RAI, ora chi paga?
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