domenica 9 dicembre 2007

Alla sbarra la burocrazia: ma nel solito processo all'italiana. Luigi De Marchi

Nei giorni scorsi, su imbeccata del Presidente di Confindustria, Luca di Montezemolo, la cosiddetta grande stampa d’informazione ha osato denunciare con un po’ più di coraggio lo scandalo dello sperpero di denaro pubblico prodotto dalla nostra burocrazia pletorica e inefficiente: quello scandalo che, per parte mia, vado denunciando ormai da vent’anni in un isolamento tutt’altro che splendido. Ma, come vedremo, quella di Montezemolo è già una denuncia minimale che si guarda bene dal trarre tutte le conclusioni politiche doverose.
Vediamo dunque, anzitutto, la cronaca degli eventi. Parlando agli studenti della Luiss, Montezemolo ha denunciato la vergogna dell’assenteismo (da lui definito “l’emblema del cattivo funzionamento della pubblica amministrazione”) precisando che, in base ai dati raccolti dal suo Ufficio Studi, “i dipendenti pubblici sono fuori ufficio, a prescindere dalle ferie, in media un giorno lavorativo su cinque”: il che significa che, sempre in media, i nostri cari burocrati si aggiungono un mesetto di ferie a quello di cui già godono per contratto alla faccia dei dipendenti del privato che, in genere, hanno solo due o tre settimane di ferie l’anno. In queste medie si possono poi notare picchi di abuso semplicemente disgustosi: come quello del Comune di Bolzano che, smentendo il luogo comune secondo cui al Nord i burocrati sono migliori e confermando la mia tesi secondo cui la burocrazia è dovunque uguale per i suoi stessi meccanismi di selezione a rovescio, avalla ben 74 giorni l’anno di assenteismo tra i propri dipendenti (pari a circa un terzo delle giornate lavorative annue).

Fin qui la denuncia di Montezemolo che, peraltro, si limitava a sfiorare il problema.Vediamo perché. Anzitutto perché l’assenteismo è solo la punta emergente dello scandaloso iceberg della burocrazia. Infatti, la presenza in ufficio d’un burocrate non dimostra affatto che egli lavori e tanto meno che faccia un lavoro utile. Come scrivevo già vent’anni fa, spesso (per esempio nelle centinaia di enti assurdi da decenni inutilmente segnalati), quella del burocrate è “presenza inutile in un luogo inutile”.

Il vero e peggiore scandalo, che non riguarda solo l’Italia ma, sia pure in misura minore, l’Europa in genere, non sta dunque nell’assenteismo (che, secondo Montezemolo, comporterebbe uno sperpero di 14 miliardi euro) ma nel numero assurdo di burocrati inflitti a ciascuna comunità sia dall’intrinseca tendenza a proliferare di ogni casta burocratica (in quanto avulsa dal controllo che il mercato e l’utenza impongono al numero e alla produttività dei dipendenti d’ogni azienda privata), sia dalla tendenza dei dirigenti pubblici e dei politici (in quanto avulsi dall’obbligo, tipico d’ogni imprenditore privato, di pagare di tasca propria il personale) ad utilizzare le assunzioni e le promozioni come merce di scambio per la propria carriera o la raccolta dei voti tra i vari elettorati. Come ho già segnalato in altra occasione, la percentuale degli esuberi (come vengono graziosamente chiamati i dipendenti inutili ma regolarmente pagati) è stata valutata da un recente inchiesta di “Repubblica” a circa il 50-65% del totale. Se poi si tiene presente che, stando alle dichiarazioni dell’allora primo ministro Lamberto Dini, tre quarti della spesa pubblica italiana sono assorbiti dalle retribuzioni e dalle pensioni dei dipendenti pubblici, possiamo dedurne che questa spropositata quota di spesa (circa 560 miliardi di Euro nel 2007) è per metà (280 miliardi) o per 2/3 (372 miliardi) rubata dalle tasche dei lavoratori del privato e sperperata inutilmente. Questo è il vero scandalo fiscale dell’Italia (e di molti altri paesi): non certo quello dell’evasione fiscale degli autonomi (che contribuiscono comunque massicciamente, col loro lavoro, al Prodotto Interno Lordo). E in questa situazione, il conclamato obbligo morale di pagare le tasse diventa quasi un’apologia di reato.

Non vorrei che questi miei interventi venissero scambiati per una indiscriminata condanna dei pubblici dipendenti. Al contrario, credo che ci siano molti addetti validi e meritevoli nelle amministrazioni pubbliche. Ma anche loro hanno comunque una grave responsabilità: quella cioè di essere stati complici per decenni del parassitismo di molti loro colleghi. L’esempio più lampante viene dalla scuola, la nostra istituzione ove lo sperpero di denaro pubblico è più evidente e scandalosa. Come tutti sappiamo, abbiamo un numero d’insegnanti doppio (rispetto alla popolazione scolastica) di quello degli altri paesi europei, ma fino a poco tempo fa nessun insegnante, neanche tra quelli scrupolosi e impegnati, aveva osato denunciare lo scandaloso parassitismo degli “esuberi”. Proprio l’altro ieri, però, una professoressa genovese, Costanza Mattini, ha osato l’inosabile, in un’intervista al “Giornale” di Milano.

“Come possiamo punire i fannulloni ?”, le ha domandato l’intervistatrice. E Costanza Matteini ha risposto chiaro e tondo: “Licenziandoli”. “Già – ribatte la giornalista – ma non è facile beccarli”. E la prof senza peli sulla lingua: “No, guardi, chi sono i lavativi lo sanno tutti”. “E allora non basta denunciarli ?”, domanda la giornalista. “No – risponde la prof – lo scoglio vero è proprio questo. Chi si assume la responsabilità giudiziaria di denunciare gli assenteisti ? E con quali strumenti ? Il rischio, per qualunque dirigente scolastico, è di beccarsi una controdenuncia per mobbing. E allora anche gli insegnanti scrupolosi finiscono per andare avanti così, tacendo la truffa dei lavativi e spesso lavorando al loro posto”.

Da questo processo sia pur minimale aperto sulla stampa contro il parassitismo dei burocrati mi sembrano emergere due dati estremamente importanti e gravi: 1) in primo luogo, la conferma lampante alla mia Teoria liberale della Lotta di Classe che, in barba alla barba di Carlo Marx, denuncia da vent’anni nella casta burocratica e nei suoi padrini politici, i partiti statalisti la vera classe sfruttatrice, che pretende di vivere nella sicurezza e nel privilegio del posto fisso, e spesso anche nell’ozio, con denaro rapinato per via fiscale alle vera classe sfruttata, i lavoratori dipendenti e indipendenti del privato, che vivono nell’insicurezza, nel rischio e nella fatica tipiche di ogni attività soggetta alle leggi del mercato; 2) in secondo luogo, la vergogna d’una classe politica di destra e di sinistra e d’un sindacato di regime che, mentre continuano a stigmatizzare e a colpire gli autonomi colpevoli di qualche evasione fiscale, nulla, letteralmente nulla fanno per fermare la ben più scandalosa e costosa rapina fiscale dei sudati guadagni dei lavoratori del privato perpetrata da decenni per finanziare le sterminate burocrazie del settore pubblico. Certo, nei giorni scorsi la burocrazia è stata portata alla sbarra: ma il processo è stato avviato con accuse minimaliste e, come sempre, sembra già archiviato nei giro di pochi giorni. (il Blog del Solista)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good