martedì 29 settembre 2009

Il canone spuntato. Massimo Gramellini

Molti lettori mi chiedono di aderire alla campagna del Giornale contro il canone Rai. Vittorio Feltri ha ragione, sostengono, non se ne può più di sovvenzionare col nostro denaro «Porta a Porta» e il Tg1.

A dire il vero certe battute me le sarei aspettate dall’opposizione, se solo fosse guidata da esseri viventi. Invece da lì sono uscite le consuete lamentazioni ispirate al politicamente corretto: vergogna, evasori, giù le mani dal servizio pubblico. Ma siamo sicuri che per la buona tv sarebbe così terribile se il canone si trasformasse da tassa di possesso a tassa d’uso e ognuno di noi finanziasse soltanto i programmi che intende guardare? Una pay-per-view a prezzi popolari. Adesso io pago il balzello in un colpo solo, poi me ne dimentico e per un anno intero mi sorbisco le peggio sconcezze con l’atteggiamento tollerante di chi sta ricevendo qualcosa gratis. Immaginiamo invece che ogni trasmissione mi costi, anche solo cinque centesimi. Sarei curioso di vedere quanti di noi li investirebbero ancora in certi spettacoli della mutua. La nevrosi dello zapping subirebbe una contrazione salutare. L’indice di ascolto coinciderebbe finalmente con quello di gradimento. E la pubblicità sarebbe obbligata a diventare adulta, rivolgendosi a un pubblico selezionato e spostandosi in parte su altri media, come avviene nelle nazioni che frequentano l’alfabeto. Sì, più ci penso e più mi convinco che Feltri abbia ragione. Con le dovute eccezioni. Pensando a chi soffre d’insonnia, continuerei a somministrare gratis Marzullo, dietro presentazione di regolare certificato medico. (la Stampa)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

io non pago il canone dal 2001 e non lo pagherò fino a quando non privatizzeranno la rai, togliendola dalle mani dei partiti

100EUro all'anno per vespa, veline, giochi a premi e fictions?

Evado l'imposta del canone e ne sono fiero!!

Bi.M.

Anonimo ha detto...

A proposito di veline

La contessina Borromeo
piange i clandestini dallo yacht

Non bisogna oscurare gli immigrati. La contessina Beatrice Borromeo, ex pasionaria di Santoro e oggi giornalista d’assalto nella repubblica travagliesca del “Fatto”, fa bene ad indignarsi a cinque colonne con vibrante articolo pubblicato sotto la maxi dicitura «inchiesta scomoda». Scomodissima, perbacco. E infatti finalmente abbiamo capito che cosa ci faceva quest’estate con il principe Pierre Casiraghi scomodamente a bordo del Pacha III, il 36 metri della famiglia reale di Monaco, uno dei più lussuosi yacht del mondo: scrutava l’orizzonte per avvistare i barconi dei clandestini. Ostriche, champagne e cannocchiale: non voleva lasciarsene scappare nemmeno una di quelle maledette carrette del mare. E per evitare che fossero oscurate cercava di illuminarle con il riflesso del suo collier. Brillanti e migranti, con gli occhi bagnati di lacrime e le labbra bagnate dal don Perignon.

I paparazzi, sciocchini, si sono affannati a seguirla da Montecarlo alle Isole Eolie, dal mar di Sicilia a Ponza, pensando di riuscire a immortalare la favola dell’estate, la contessa e il principe, un apostrofo di smeraldi fra le parole “t’amo”. Invece lei, no: lei era lì, sul Pacha III, solo per solidarietà con gli immigrati. E stava scomoda, scomodissima, come la sua inchiesta: sembrava felice mentre si faceva palpeggiare dal principe Pierre, sembrava rilassata mentre prendeva il sole in colorati bikini, ma in realtà stava male, perché si preoccupava dei clandestini. Era lì per loro. Non smetteva di pensarci un attimo, fra una tartina e una scomodissima flute.

Per questo ieri ci ha dato dentro con l’indignazione. Ne aveva ben diritto, con tutto quello che ha sofferto quest’estate sul Pacha. Come si permette il governo Berlusconi di applicare la severa politica dei respingimenti degli irregolari? Perché non fa come il Principato dell’amato Pierre dove gli irregolari sono notoriamente accolti tutti a braccia aperte? E come si permette Mediaset di rinviare un servizio delle Iene che indagava su dieci immigrati dispersi? Insomma come si fa, come recita il titolo, ad «oscurare i migranti morti»? Per fortuna a vigilare c’è lei, la contessina democratica, figlia di Carlo Ferdinando Borromeo, discendente di San Carlo Borromeo, nipotina della contessa Marzotto, sorella di Lavinia, sposata con John Elkann e fidanzata con il principe Pierre Casiraghi; lei, passata da Chanel all’impegno sociale, dai diritti d’immagine ai diritti umani, dall’Elite Model Look ai problemi dei clandestini, finalmente in grado di capire che le carrette del mare non sono una sottomarca di Blumarine. Per fortuna c’è lei, appunto con sua protesta che si leva forte dal “Fatto” e fa vibrare l’aria, quasi come quando sullo yacht salta il tappo del Krug.

Anonimo ha detto...

Del resto, è evidente, la ragazza si deve impegnare assai. Deve dimostrare che trova così facilmente lavoro, dalla Rai al “Fatto”, per le sue capacità, mica per il casato. Si capisce. Se corre voce che il figlio di Bossi (“la trota”) prende un contrattino di consulenza al Parlamento europeo, tutti s’indignano; se il figlio di Mastella collabora col padre si aprono le lagne sul solito familismo amorale. Ma se la contessa Borromeo scavalca fior di precari, viene assunta prima come volto Tv e poi come redattrice in un quotidiano, è solo perché è molto brava. Ha fatto sicuramente tanta gavetta. E, soprattutto ha molto a cuore i clandestini: dicono che quando ne parli si scaldi e diventi focosa. Quasi focosa come nelle celebri foto con il fidanzato reale al Montecarlo Beach Club.

«Ribelle, atea, di sinistra», la definiscono le biografie ufficiali. Qualche tempo fa al “Corriere della Sera” confidò di voler sposare un metalmeccanico. Purtroppo le è andata male: ha incontrato un principe. Per consolarsi scrive libri con Travaglio e riesce persino a passare come martire per un’intervista dalla Bignardi. Non è meraviglioso? Rocco, Barocco e Tarocco, la sua carriera di giornalista è assicurata. Se non sarà mai una redattrice modello, può sempre dire di essere una modella redattrice. Con lei come protettrice nessun immigrato avrà più nulla da temere: un tozzo di pane e un bicchiere di Veuve Clicquot non si negano a nessuno. Clandestini sì, ma trattati scomodamente da Pacha.

Bi.M.