mercoledì 30 settembre 2009

Scudo fiscale: le ragioni e le necessità di una scelta. (www.governoberlusconi.it)

Le reazioni della sinistra allo scudo fiscale deciso dal governo, e che dovrà essere votato definitivamente entro il 3 ottobre, meritano l’oscar dell’ipocrisia. Per una serie di motivi tutti assai concreti.

La Guardia di Finanza stima in 300-500 miliardi i capitali italiani fuggiti oltre confine. Una cifra che non ha paragoni con altri Paesi, e dunque altrettanto eccezionali devono essere le misure per farli rientrare.

Quando la sinistra obietta che Germania o Gran Bretagna impongono un’aliquota più alta per i loro scudi fiscali, dimentica l’entità del fenomeno che dobbiamo affrontare.

Dimentica, soprattutto, il motivo che ha determinato un così imponente esodo di denaro nei paradisi offshore. E cioè che sotto i governi di sinistra l’aumento di tasse per cittadini e imprese, ed un comportamento vessatorio del fisco, ha di fatto incoraggiato chi se lo poteva permettere a portare i soldi all’estero.

La riprova? Con i primi due scudi decisi dal centrodestra nel 2002-2003 rientrarono e vennero dichiarati al fisco 80 miliardi di euro. Sono bastati neppure due anni di governo Prodi per farne uscire di nuovo alcune centinaia.

Che cosa ha fatto la sinistra, quando era al potere, per riportare in patria questi capitali? Per stringere i freni intorno alle imprese che domiciliavano nei paradisi le loro sedi legali e lì pagavano (anzi: non pagavano) le tasse? Per andare a scovare barche, ville, aerei e beni di lusso e confrontarli con i redditi dichiarati in Italia? Nulla. Nulla di nulla.

Anzi: ha trattato gli evasori come fossero eroi. Molti ricorderanno la trattativa per far pagare le tasse al compianto Luciano Pavarotti: il governo di sinistra gli applicò un generoso sconto, e lo ossequiò con mille complimenti. È un esempio tra molti.

Lo scudo contiene una sorta di condono limitato ai reati tributari e contabili; eppure la sinistra si ostina a divulgare la falsa verità che questa immunità sarà estesa anche a reati penali, addirittura di malavita organizzata e di terrorismo. Nulla di più falso, non sta scritto da nessuna parte.

Altro bluff: la sinistra parla di “scempio edilizio” e di “premio ai furbi”. Sul primo punto, basta ricordare che nessuno scempio è ipotizzabile in Italia, visto che i beni tassabili sono all’estero. Quanto ai furbi, ci chiediamo qual è il maggiore premio: lasciare questi evasori in pace, come ha fatto la sinistra, oppure andare a stanarli come sta facendo il governo?

Ma poi: da quali pulpiti vengono certe prediche se l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, è stato condannato nel 2001(con sentenza definitiva della Cassazione) addirittura all’arresto per abusivismo della sua villa di Pantelleria, e poté beneficiare del condono non solo fiscale, ma anche edilizio? Chi sono i furbi?

Sul piano economico generale, il condono potrà fruttare, se rientreranno almeno 100 miliardi, cinque miliardi da destinare al sostegno alle aziende ed ai lavoratori che si trovano ad affrontare la coda più dura della crisi economica. La sinistra che chiede continuamente benefici fiscali, ha qualche idea su come trovare la copertura per questi interventi?

Non solo. L’operazione contro i capitali all’estero non comprende solo lo scudo edilizio, ma anche: 1) l’inversione dell’onere della prova per chi tiene soldi in qualche banca oltreconfine, non importa se in un paradiso tributario o meno; chi li ha dovrà cioè dimostrare a che cosa gli servono. 2) Un censimento di barche, ville e beni di lusso e l’incrocio di questi dati con l’anagrafe tributaria. 3) Per le aziende, la fine della possibilità di pagare le tasse in qualche paradiso lussemburghese o olandese per il semplice motivo che lì è stata domiciliata la holding di controllo: si dovrà dimostrare dove vengono distribuiti i dividendi agli azionisti (e cioè in Italia), e lì – dunque da noi – pagare le tasse.

La sinistra ha mai fatto un’operazione simile? Si è mai impegnata come questo governo, assieme agli altri governi europei e agli Stati Uniti, per costrngere la Svizzera, Monte Carlo ed altri paesi un tempo nel “libro nero” a rendere noti i depositi dei cittadini stranieri, per ciò che ci interessa italiani?

Quando la sinistra riuscirà a dare una risposta concreta a tutte queste domande, potrà anche criticare lo scudo fiscale. Diversamente sarà la solita operazione di ipocrisia e di propaganda.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

potesse aspirare alla vicepresidenza della Regione. Lasciamo al lettore il compito di immaginare a chi spettasse, secondo Paladini, l’onore di un così alto incarico.


Se un partito si fa paladino della questione morale, e sol per questo raccoglie consensi, il minimo che si possa pretendere è che esso abbia un ceto politico di specchiata moralità. Se si scopre, però, che così non è, ch’esso ospita politici “disinvolti” e traffichini, il minimo che si possa fare è denunciarne la “doppiezza“.

E’ quanto ha fatto la rivista MicroMega. Che, in un articolo firmato da Marco Zerbino, ha passato ai raggi X l’Italia dei Valori. Ecco cos’ha scritto in proposito il giornalista (“C‘è del marcio in Danimarca. L‘Italia dei valori regione per regione“):

“A livello locale, le ali del gabbiano arcobaleno sembrano troppo spesso zavorrate dal peso della sua contiguità a un ceto politico dai modi di fare discutibili, in molti casi approdato all’Idv dopo svariati cambi di casacca, alcuni dei quali acrobatici, e in seguito a ponderatissimi calcoli di convenienza personale. Non proprio quello che si aspetterebbe da un partito che aspira a incarnare un nuovo modo di fare politica (pagina 38).

Anonimo ha detto...

(…) Di circoli territoriali di Idv ne esistono parecchi, e in più parti d’Italia se ne continuano ad aprire. Giovani, intellettuali, professionisti desiderosi di mettere a disposizione di un progetto condiviso le proprie capacità e competenze (…). Non sempre, tuttavia, il loro entusiasmo e la loro passione civile trovano un contesto in cui potersi sviluppare ed essere valorizzati. Ciò avviene, ci pare di capire, per due ragioni fondamentali. La prima è strettamente connessa con i limiti organizzativi e con il deficit di democrazia interna di cui, come si è appena visto, il partito soffre in varie zone del paese. La seconda, strutturalmente legata alla precedente, ha a che fare con lo strapotere che, a fronte della scarsa capacità d’incidere del singolo iscritto, viene accordato localmente a fuoriusciti di altri partiti, per lo più orfani di lungo corso della diaspora democristiana in cerca di una temporanea ricollocazione. A questi professionisti della politica, pronti a salire sull’autobus targato Idv, magari in prossimità di un’importante consultazione elettorale, per poi scendere alla fermata successiva, è stata spesso consentita una fulminea carriera all’interno delle strutture locali del partito, mentre attivisti di provata fedeltà, o neoiscritti motivati e competenti, vengono relegati nel ruolo di meri “manovali”. Un fenomeno che ha come risultato quello di deprimere e far allontanare la parte migliore della militanza (pagina 40).

Giovanni Paladini, lo si è già ricordato, è dall’inizio del 2009 alla guida dell’Italia dei valori in Liguria. Ex Ppi, poi Margherita, poi Pd, è stato in passato commissario di polizia e segretario generale aggiunto del Sap, il sindacato “indipendente” (in realtà smaccatamente di destra) delle forze dell’ordine (…). Paladini è arrivato in Idv nel marzo 2008, alla testa di un drappello di 83 fedelissimi, tutti amministratori eletti in Liguria nelle fila della Margherita.

Alle ultime elezioni europee, Di Pietro decideva di inserire nella lista Idv per il Nord-Ovest la savonese Gloria Bardi. Insegnante di storia e filosofia al Liceo classico di Savona, scrittrice e appassionata di teatro, durante la stagione dei girotondi e la cosiddetta “primavera dei movimenti” la Bardi era stata fra in fondatori a Finale Ligure dell’associazione LiberaMente (…). Una donna impegnata, insomma, dall’identità politica chiaramente definita: radicale, laica, di sinistra. Un po’ troppo, per uno come Paladini (pagina 40).

Anonimo ha detto...

Di lì a poco, la segreteria regionale del partito decideva che le candidate liguri alle europee del 6 e 7 giugno dovevano essere due: oltre a Bardi, veniva inserita in lista Marylin Fusco, giovane astro nascente dell’Idv genovese, consigliera comunale e, notoriamente, “fiamma” del Paladini (…). Alla fine, nessuna delle due candidate sarebbe stata eletta, ma la Fusco avrebbe ottenuto circa 8 mila preferenze, contro le quasi 3 mila della Bardi.

Passate le elezioni, Paladini si affrettava ad ascrivere alla propria gestione il buon risultato ottenuto dall’Idv in Liguria (…). Il coordinatore regionale ne approfittava, da un alto, per un giro di vite nei confronti della minoranza interna del partito, facente capo alla “grillina” Manuela Cappello e, dall’altro, per “battere cassa” in vista di una redifinizione dei rapporti di forza esistenti nel centro-sinistra ligure. L’Idv reclamava una maggiore rappresentanza istituzionale nelle varie amministrazioni locali, a Genova mandava sotto la maggioranza di centro-sinistra in consiglio comunale votando con l’opposizione e Paladini si spendeva senza riposto in trattative con Burlando e Marta Vincenzi. All’ex “ministro gerundio” cercava di strappare accordi in vista delle regionali del 2010, sostenendo che i tempi erano ormai maturi perché l’Idv, seconda forza della coalizione, potesse aspirare alla vicepresidenza della Regione. Lasciamo al lettore il compito di immaginare a chi spettasse, secondo Paladini, l’onore di un così alto incarico.

Fatto sta che la duplice offensiva riscuoteva un duplice risultato. A giugno, un gruppo di otto membri del direttivo provinciale di Genova, tutti vicini a Manuela Cappello, rassegnava collettivamente le dimissioni in segno di protesta contro la gestione autocratica del segretario regionale. Ai primi di luglio, veniva conferito un nuovo assessorato all’Idv nella giunta comunale genovese. Il prescelto era Stefano Anzalone, covata Paladini, ça va sans dire, un tempo vicino a Forza Italia, anch’egli proveniente dal Sap, al quale veniva affidata la delega allo sport. Assumendo il nuovo incarico, Anzalone lasciava il suo ruolo di capogruppo Idv a Palazzo Tursi, che passava ora a Marylin Fusco (pagina 41).

Anonimo ha detto...

In provincia, invece, l’Italia dei valori rimaneva a bocca asciutta (…). Paladini aveva fatto circolare insistentemente il nome di Salvatore Ottavio Cosma come nuovo assessore provinciale di peso in aggiunta (o in alternativa) all’odiata Manuela Cappello. Cosma, da poco rientrato in Idv, è attualmente responsabile enti locali della sezione ligure del partito. Di origini calabresi, da anni risiede a Genova, dove ha peregrinato a lungo in diverse formazioni politiche: ex Pci, poi Pds, ex assessore nella giunta comunale di Adriano Sansa, transitato già in precedenza in Idv, era infine approdato nell’Udeur di Clemente Mastella, da cui è uscito pochi mesi fa. Il suo “peso” sembra derivare soprattutto dalle buone relazioni che mantiene nel capoluogo ligure con i suoi conterranei in quanto presidente dell’associazione di immigrati calabresi “La città del sole”. Il 23 maggio 2008, in un articolo del Secolo XIV relativo a un’indagine condotta dal pm genovese Francesco Pinto venivano citati degli estratti di un rapporto della guardia di finanza dai quali emergevano i rapporti tra Cosma e la famiglia calabrese dei Mamone, imprenditori edili operanti in Liguria a lungo beneficiati con diversi appalti dalle amministrazioni di centro-sinistra. I Mamone, sempre secondo la finanza, sarebbero stati segnalati dalla Dia per il loro legami con la cosca calabrese dei Mammoliti (pagina 42).

A Savona e provincia, fra i paladiniani di stretta osservanza troviamo Rosario Tuvè e Vincenzo Catalano, che con il coordinatore regionale ligure agiscono come un sol uomo. Tuvè, anche lui ex Margherita, è l’attuale segretario provinciale di Idv mentre Catalano, segnalato in passato negli ambienti della diaspora socialista, è il suo vice con delega agli enti locali (…).

Il trio Paladini-Tuvè-Catalano, alle ultime elezioni amministrative, si è ovviamente dovuto occupare di decidere le alleanze elettorali dell’Italia dei Valori in provincia di Savona. A Celle Ligure, l’Idv si è schierata al fianco del candidato sindaco di centro-sinistra Renato Zunino, poi eletto. Assicuratore Unipol, membro dell’esecutvio regionale Pd, Zunio era già stato sindaco di Celle nei primi anni Novanta. All’epoca, la sua amministrazione si era conclusa con una condanna patteggiata (3 milioni più altri capi d’imputazione amnistiati) per abuso d’ufficio in relazione al rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie (pagina 43).

(…) Per Paladini & Co, ancora più imbarazzante: durante la campagna elettorale, dalla segreteria provinciale e da quella regionale del partito sarebbero stati mandati ai candidati alle provinciali e alle comunali due sms in cui si proponeva lo sconto sul materiale elettorale a coloro che avessero deciso di associare la propria candidatura alle amministrative a quella europea della Fusco (pagina 44).

Anonimo ha detto...

Indagati & Co

(…) Nelle liste elettorali stilate da Tonino trovata posto lo scorso giugno anche Nunzio Pacifico, pupillo di Nello Formisano, ex Margherita e attuale assessore provinciale dell’Italia dei valori a Benevento. Quest’ultima carica Pacifico la ricopre dall’aprile del 2009, quanto il partito (leggi Formisano) lo ha imposto al presidente Cimitile in sostituzione di Nicola Simeone, il quale per tutta risposta sarebbe passato qualche mese dopo dall’Idv all’Udeur.

A giugno, Cimitile finiva agli arresti domiciliari, poi revocati, nel quadro dell’inchiesta sui falsi collaudi degli impianti a cdr della procura di Napoli. Di Pietro tuonava: “Se il Tribunale del Riesame conferma, Cimitile si deve dimettere”. Il Riesame confermava la validità dell’impianto accusatorio, ma Cimitile rimaneva al suo posto, e con lui Nunzio Pacifico. Poco dopo l’esplosione dello scandalo Global Service, il 20 dicembre 2008, Formisano e Pacifico avevano dichiarato in una nota congiunta: “Riaffermiamo, con piena convinzione, la necessità di ritirare i nostri assessori dalle giunte della Campania. Questo, al fine di una maggiore sensibilizzazione sui tempi della moralità in politca e fino a quando la questione morale non verrà affrontata concretamente” (pagina 47).

(…) Diamogli un’occhiata, a quello che Giostra ha efficacemente definito “l’Antonio Gava di Di Pietro”. Nello Formisano, avvocato, in passato portantino all’ospedale Cardarelli di Napoli, comincia la sua esperienza politica nel Pci, da cui uscirà nei primi anni Novanta durante la fase di commissariamento di Antonio Bassolino.

Secondo il periodico napoletano La Voce delle Voci è iscritto alla massoneria, in particolare alla Gran Loggia d’Italia di Piazza del Gesù, seconda solo, per numero di affiliati, al Grande Oriente. Il 21 marzo 1998 è fra i fondatori dell’Italia dei valori a Sansepolcro. Di lì a poco, tuttavia, si distaccherà da Di Pietro e ne diventerà un fiero oppositore all’interno dei democratici, per poi confluire insieme al grosso del partito dall’asinello nella Margherita. Nel 2005, come si è visto, il grande ritorno. Alle politiche dell’anno successivo Formisano veniva candidato al Senato dai Ds, come rappresentante della quota del “diritto di tribuna” concesso all’Idv (…). Inserito in seconda posizione nel collegio dell’Umbria, risulterà eletto. Nel corso di quella travagliata legislatura sarà il celebre protagonista, insieme ai colleghi Caforio e Giambrone, dell’imboscata parlamentare che manderà in minoranza il centro-sinistra al momento del voto sullo scioglimento della società Stretto di Messina. Nel 2008, infine, veniva candidato da Di Pietro alla Camera, dove oggi siede come deputato. Insieme all’ex dc potentino Felice Belisario incarna l’ala “pragmatica”, per così dire, dell’Idv: entrambi hanno riempito il partito delle mani pulite di faccendieri ed arrivisti, in larga misura di provenienza democristiana. Grazie a Formisano, ad esempio, sono arrivati in Idv Porfidia, Marrazzo e Silvestro, di cui si dirà più avanti (…).

Anonimo ha detto...

A Torre del Greco, cittadina che gli ha dato i natali, il coordinatore regionale campano ha fatto entrare l’Italia dei valori in coalizione con Forza Italia, An, Udeur (…)

Anche a San Giorgio a Cremano, Formisano schierava l’Idv insieme al centro-destra, ma stavolta andava male e il candidato sindaco, l’ex dc Gaetano Punzo, veniva sconfitto dal rivale Domenico Giorgiano (…). Una scelta analoga veniva compiuta a Qualiano: qui la Grosse Koalition alla fumarola prevedeva però uno sfondamento a destra, imbarcando anche la Fiamma tricolore di Luca Romagnoli (pagina 49).

(…) Ex democristiano, avvocato, già consigliere comunale di Potenza e vicepresidente della provincia, Belisario è l’attuale capogruppo dell’Italia dei valori a Palazzo Madama. Anche lui fa parte di quel ristretto numero di colonnelli rimasti al fianco di Tonino sin dai tempi della fondazione del partito a Sansepolcro. Ha ricoperto a lungo l’incarico di commissario in Calabria, Basilicata e Puglia. Ed è soprattutto in quest’ultima regione che ha dato il meglio di sé. Oltre a far entrare Giunta, ha fatto rimuovere telefonicamente il coordinatore provinciale di Foggia, Mario Pasqua, anche lui regolarmente eletto da un congresso, per imporre come commissario l’ex Udeur Orazio Schiavone, condannato per esercizio abusivo della professione odontoiatrica (pagina 50).

(…) Nell’Italia dei valori la tendenza a commissariare ogniqualvolta si presentino divisioni interne o dissensi politici è diffusissima. Segno che siamo in presenza di un partito che non è ancora un partito, ma piuttosto una struttura gerarchica verticale ramificantesi in strutture di vassallaggio locale.

(…) Al lettore accorto non sarà sfuggito come la lista degli ex Udeur saltati sul carro di Tonino sia decisamente lunga (pagina 52).

(…) Ai nomi di Salvatore Cosma, Ciro Borriello, Orazione Schiavone e David Favia se ne potrebbero aggiungere molti altri, a partire da quel Pino Pisicchio, che in fatto di cambi di casacca non teme confronti. Ex Dc, poi Ppi, Rinnovamento italiano, Udeur e Rinnovamento Puglia, ha aderito all’Italia dei valori dopo che era sfumata la sua candidatura a sindaco di Bari per il centro-destra (…).

Anonimo ha detto...

Fra gli ex mastelliani di un certo peso troviamo anche il senatore Nello Di Nardo, dentista di Castellammare di Stabia e cugino di Orazio Schiavone, il coordinatore provinciale di Foggia che, come abbiamo visto, è stato condannato proprio per esercizio abusivo della professione odontoiatrica. Di Nardo alle elezioni del 2006 non era stato eletto, ma Di Pietro se lo era portato lo stesso a Roma, al ministero delle Infrastrutture. A scanso di imprevisti, due anni dopo Tonino lo avrebbe candidato capolista al Senato in Campania (…).

Gli ultimi giorni del 2008 rimarranno impressi a lungo nella memoria di Americo Porfidia. Fra Natale e Capodanno, a mandare di traverso il panettone al deputato campano dell’Idv era la notizia, appresa dai giornali, di essere indagato dalla Dda di Napoli per il 416 bis. Il suo nome compariva, insieme a quello di altre sedici persone, in un’informativa del 2005 che la squadra mobile di Caserta aveva successivamente trasmesso alla Dia. L’inchiesta “madre” era stata in un primo momento affidata a Raffaele Cantone, il pm antimafia molto apprezzato da Roberto Saviano che i Casalesi volevano far saltare in aria col tritolo (pagina 53).

La pubblicazione della notizia scatenava una polemica interna al partito di Di Pietro. L’onorevole Franco Barbato, esponente dell’ala più legalitaria e movimentista dell’Idv, attaccava frontalmente Porfidia dalle colonne del Corriere della Sera, sollecitando una riflessione interna al partito: “Se un giudice coraggioso come Raffaele Cantone ha messo sotto accusa Porfidia per il 416 bis, ovvero la criminalità organizzata di stampo camorristico, qualche domanda ce la dobbiamo porre”. L’accusato, dal canto suo, reagiva alla notizia dimettendosi dal gruppo parlamentare dell’Italia dei valori, ma si dichiarava totalmente estraneo ai fatti: “Io non so niente di camorra, […] Barbato? Fa politica solo per avere visibilità”. Nel partito prendeva le difese di Porfidia soprattutto Nello Formisano, che ingaggiava nei giorni seguenti una dura polemica con Barbato, accusato dal coordinatore regionale campano di “usare parole omertose verso i compagni del suo partito, della sua terra”. Porfidia, ex Ccd, poi Udeur, oltre ad essere deputato è anche sindaco del piccolo comune di Recali, in provincia di Caserta (pagina 54).

(…) Da un punto di vista giudiziario e, prima ancora, di etica pubblica, quello di Porfidia non è l’unico caso problematico che ha visto coinvolto il partito di Di Pietro in Campania.

Anonimo ha detto...

Alle politiche del 2008, nella lista di Idv per il Senato veniva inserito Domenico D’Elena, esponente della Dc di Pizza (…). Nell’ottobre del 199 il prefetto di Caserta Corrado Catenacci aveva rimosso D’Elena da consigliere comunale di Grazzanise per rapporti con la camorra (…). D’Elena aveva precedenti per associazione a delinquere, concussione, emissione di assegni a vuoto e blocco stradale.

Sempre nel casertano, il 22 aprile del 2006 veniva invece arrestato Gaetano Vatiero, segretario cittadino di Italia dei valori a Santa Maria Capua Vetere. Era accusato di aver favorito, in qualità di dirigente del settore servizi sociali del comune, l’aggiudicazione di un vantaggiosissimo appalto ad una società (…) della quale Vatiero avrebbe in seguito ottenuto cospicue quote.

Dal 2004 è iscritto al partito delle mani pulite anche Nicola Marrazzo, ex Ds poi passato ai democratici, alla Margherita, a Rinnovamento italiano e infine a Idv. Attualmente ricopre il ruolo di capogruppo in consiglio regionale. La sua famiglia possiede diverse imprese impegnate nel settore dei rifiuti, quattro delle quali si sono viste ritirare dalla Prefettura il certificato antimafia.

All’origine della decisione, confermata anche dopo i ricorsi di Angelo e Domenico Marrazzo, i parenti più stretti di Nicola, vi sono i rapporti che legano i fratelli Marrazzo a Raffaele Giuliani, membro del clan dei Casalesi già condannato per associazione mafiosa. Maria Carmela Giuliani e Carmela Sangiulio, rispettivamente sorella e convivente del camorrista, risultano infatti essere socie in affari della famiglia del consigliere regionale di Ivd.

Nel 2006, il prefetto di Napoli Carlo Ferrigno, davanti alla commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha parlato di Angelo Marrazzo come di “persona coinvolta in procedimenti penali instaurati a carico del gruppo camorristico dei Casali”.

Anonimo ha detto...

Infine Marrazzo è stato uno dei protagonisti dello scandalo che, nell’ottobre del 1991, portò allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale di Casandrino, in provincia di Napoli (…). Anche i quattro assessori in carica al momento del sequestro, fra cui Nicola Marrazzo, negarono di aver mai ricevuto minacce dai clan.

Marrazzo è stato nominato capogruppo di Idv in consiglio regionale in seguito allo scandalo che aveva investito il suo predecessore, Cosimo Silvestro. Ex Ppi, poi Democrazia europea, Repubblicani democratici e infine Idv, Silvestro era finito sotto i riflettori nell’ottobre 2008, quando il Corriere del Mezzogiorno aveva pubblicato la notizia che un imprenditore pomiglianese attivo nel settore della ristorazione, Ciro Campana, era un collaboratore della sua segreteria, con tanto di badge magnetico e possibilità di utilizzare auto blu.

Campana, noto alle forze dell’ordine per le sue frequentazioni camorristiche e più volte fermato dai carabinieri in compagnia di pregiudicati, era stato in precedenza assessore (…). A Casalnuovo, grazie a connivenze con la pubblica amministrazione, erano stati costruiti ben 75 palazzi abusivi. Dopo la pubblicazione della notizia, Silvestro si autosospendeva, ma nel giro di un paio di settimane veniva riammesso da Formisano. Confluirà nel gruppo misto quando Di Pietro gli sostiuirà Marrazzo nel ruolo di capogruppo (pagina 55).

(…) Di Orazio Schiavone, coordinatore provinciale di Foggia condannato ad anno e dieci giorni di reclusione per esercizio abusivo della professione odontoiatrica, abbiamo già detto. Ma rimane al suo posto, ad esempio, Anche Alessio Lizzano, capostruttura del consigliere regionale calabrese Maurizio Feraudo condannato ad un anno di reclusione con pensa sospesa.

Feraudo era stato inquisito in seguito ad una denuncia presentata dal suo autista Andrea Scaglione. Ne era nato un procedimento in cui erano stati ipotizzati i reati di concussione, truffa e falso (…).

Il 14 novembre 2008 il gup Santo Melidona assolveva Feraudo dall’imputazione di truffa con la formula perché il fatto non sussiste, e da quella di falso perché il fatto non costituisce reato. Nel procedimento, tuttavia, erano coimputati insieme a Feraudo anche quattro uomini della sua struttura politica (…). Tutti assolti ad eccezione di Lizzano, che veniva riconosciuto colpevole.

Anonimo ha detto...

Pochi giorni prima del voto europeo di giugno Di Pietro faceva tappa in Calabria e Antonino Monteleone, giovane giornalista e blogger di Reggio, coglieva l’occasione per intervistarlo. Nel colloquio (…) l’attenzione dell’intervistatore finiva per concentrarsi sul caso Lizzano. Di fronte alle insistenti domande di Monteleone, l’ex magistrato perdeva la pazienza: “Rifiuto questa storia (…) perché Lizzano non c’entra niente col partito. Non è stato candidato in alcun modo, ha solo partecipato ad una manifestazione elettorale”. giustamente, il giornalista faceva notare che a rappresentare un problema non era la partecipazione di Lizzano ad un comizio, ma il suo essere capostruttura di Ferraudo, rimasto in carica anche dopo la condanna per truffa.

Quanto alla sua estraneità a Idv, si trattava di affermazione che Monteleone avrebbe smentito nei giorni successivi, andando a scovare un documento dal quale emergeva chiaramente come Lizzano “delegato della lista “Italia dei Valori - Lista Di Pietro”” fosse stato incaricato di designare i rappresentanti di lista per le provinciali di Cosenza tenutesi il 6 e 7 giugno scorsi. A meno che si tratti di un caso di omonimia, ci preme inoltre far rilevare che un Alessio Lizzano è stato candidato in Calabria dall’Italia dei valori alle politiche del 2006 (pagina 56).

(…) Ultimo acquisto del partito di Di Pietro nella regione è il consigliere comunale di Cosenza Antonio Ciacco, avvocato proveniente dai Ds che il 26 dicembre 1992 era stato arrestato per falso in atto pubblico e truffa aggravata: secondo l’accusa aveva falsificato una sentenza per farsi pagare da un cliente 140 milioni di lire.

Anonimo ha detto...

(…) Elio Veltri, d’altra parte, ricorda ancora i comizio tenuti da Di Pietro ad Amantea a fianco del sindaco Franco Larupa, che in quella sede veniva elogiato pubblicamente dall’ex magistrato. La Rupa, eletto consigliere regionale nel 2005 nelle fila dell’Udeur e poi passato al gruppo Calabria popolare democratica, è stato condannato per abuso d’ufficio e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 2008 è stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di voto di scambio politico mafioso (pagina 57).

(…) Va rivelata ad esempio la candidatura, alle ultime elezioni provinciali, dell’ex sindaco di Ponza Antonio Balzano. Al momento della composizione delle liste, Balzano era già stato rinviato a giudizio per una seria di illeciti connessi al suo ruolo di ex rappresentante legale della Segepo Srl (…). Ciononostante, il segretario regionale Pedica e quello provinciale De Amicis decidevano di farlo correre sotto le insegne dell’Idv nel collegio di Gaeta II. Pochi giorni dopo la chiusura delle urne, il 10 giugno 2009, l’ex sindaco veniva condannato a due anni e sei mesi di reclusione. Il tribunale lo aveva riconosciuto colpevole dei reati di danneggiamento, inquinamento ambientale di una zona sottoposta a vincolo e peculato (pagina 58).

(…) Nella Liguria dei Paladini, Tuvè e Cosma, il 3 ottobre 2007 finiva agli arresti domiciliari Gustavo Garifo, funzionario della polizia municipale e capogruppo dell’Italia dei valori al consiglio provinciale di Genova (…). Garifo era accusato di aver rubato parte del denaro contante versato all’Ufficio contravvenzioni dai cittadini che andavano a pagare le multe (pagina 59).

(…) Ligure (…) è anche il consigliere comunale di Genova Andrea Proto, che a febbraio 2008 è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per aver inserito tra le firme a sostegno della propria lista, anche quella di un uomo in realtà deceduto da nove mesi. La condanna è arrivata dopo che Proto ha confessato, patteggiando la pena (…).

A La Spezia, il partito di Di Pietro è stato scosso all’inizio del 2009 da uno scandalo che ha travolto il presidente del consiglio comunale Loriano Isolabella (…). Con il nuovo anno Isolabella andava in pensione e subito firmava un contratto da dirigente con lo studio di un amico commercialista, anch’egli consigliere comunale dell’Idv in quel di Sarzana. La retribuzione concordata era pari a 9.650 euro mensili (…). Il problema (…) nasceva dal fatto che Isolabella, impegnato in comune, in studio non andava praticamente mai, motivo per cui l’amministrazione era tenuta, a norma di legge, a rimborsare il suo datore di lavoro le assenza che il nostro collezionava in ragione dei suoi impegni istituzionali. Il comune, in sostanza, si era trovato a dover pagare per Isolabella qualcosa come 184.000 euro entro il 2009 (…). La maggioranza di centro-sinistra convocava il presidente del consiglio comunale spezzino per convincerlo a ridurre le spese. Il neopensionato, bontà sua, acconsentiva a diminuire la propria retribuzione oraria dai 118 euro concordati (…) a 112,11 euro (pagina 60).

Anonimo ha detto...

(…) Casi come quello di Garifo, Proto e Isolabella sono dei bruscolini, se paragonati all’errore madornale che Di Pietro stava per commettere in Liguria nel 2001. Alle elezioni politiche tenutesi quell’anno l’ex magistrato aveva tutta l’intenzione di inserire come capolista a Genova Filippo De jorio, avvocato di estrema destra vicinissimo a Giulio Andreotti il cui nome era stato rinvenuto anni prima negli elenchi degli appartenenti alla P2 (tessera numero 1965, fascicolo 511). De Jorio (…) era stato anche accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nel Golpe Borghese del 7 dicembre 1970. A nulla erano valsi gli allarmi lanciati in privato a Di Pietro (…) : dal processo sul fallito putsch militare (…) De Jorio era uscito con un’assoluzione, e tanto bastava all’ex magistrato per candidarlo (…) Tonino aveva risposto con il suo consueto aplomb: “Se non vi va bene, ve ne potete pure andare!”.

Alla fine, complice anche un’intervista rilasciata da Paolo Flores d’Arcais al Secolo XIX (…) Di Pietro avrebbe desistito, congelando la candidatura (…). La disavventura non impediva comunque all’ex simbolo di Mani Pulite, che oggi non perde occasione per tuonare contro la deriva piduista in atto, di candidare cinque anni più tardi alla Camera dei deputati Pino Aleffi, anche lui presente nelle liste di Castiglion Fibocchi” (fine).

Anonimo ha detto...

l pezzo di Marco Zerbino è molto ben fatto. Peccato, però, che ometta alcuni dettagli.

Ad esempio che Nello Formisano risulta indagato nell’ambito dell’inchiesta denominata Global Service, così come Nello Di Nardo.

Inoltre, nella medesima indagine, risulta indagato anche Cristiano Di Pietro. Che, come molti ricorderanno, dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta, promise di lasciare il gruppo Italia dei valori al consiglio provinciale di Campobasso. Cosa che non è mai avvenuta.
Bi.M.

maurom ha detto...

Grazie Bi.M.
Il tuo lavoro mi evita di copia/incollare pezzi che posterei volentieri.
Continua a darci una mano.

Anonimo ha detto...

Un censimento di barche, ville e beni di lusso e l’incrocio di questi dati con l’anagrafe tributaria. ---> ne sei certo? Mi risulta che il tutto sarà fatto in maniera tale che l'evasore non sia tracciabile. Non si saprà nulla di lui. Negli altri paesi che fan condoni simili, il nome del condonato se lo segnano eccome, e sarà più controllato. In Italia, non solo li facciamo tornare nella legalità non facendogli pagare il dovuto (mentre mi devo beccare 400€ di tasse io povero stronzo!), ma rimangono anonimi! Quindi potranno tranquillamente rifare il tutto da capo. Ho capito esser di destra, ma quando fanno una puttanata, dovreste essere voi i primi a intervenire. Per quanto riguarda la sinistra, dico solo che a quanto pare Franceschini, Bersani e D'Alema avevano di meglio da fare che presentarsi in aula a votare. Sono un branco di raccogli voti, ma quando si tratta di lavorare sul serio, son ben lungi di sedersi su quella sedia che tanto proteggono....
Ciao ciao :)