martedì 22 settembre 2009

Ora il Neuroparlamento processa il Cavaliere. Marcello Veneziani

Il Neuroparlamento di Bruxelles e Strasburgo discuterà e addirittura voterà una risoluzione proposta dal partito di Di Pietro sulla libertà di stampa in pericolo in Italia perchè Berlusconi ha querelato la Repubblica e l'Unità. Ditemi che sto sbagliando, che ho frainteso. Arrivo a capire che Di Pietro nel suo furore rustico-giudiziario paragoni Berlusconi a Saddam e auspichi la stessa fine; arrivo a capire che per fare ammuina il suo partito italo-talebano investa il Parlamento europeo di una tesi del genere e arrivo persino a capire che un'opposizione di sinistra ormai alla frutta, anzi all'ammazzacaffè, si possa accodare a questa disperata trovata.

Ma non posso pensare che nel Parlamento europeo - e su iniziativa del gruppo che si dice liberale - si prenda in seria considerazione, si discuta e addirittura si metta ai voti una mozione del genere. È una triplice pazzia da ricovero immediato o da interdizione dai pubblici uffici. Dico una triplice pazzia non a caso. La prima follìa è quella di prendere sul serio la tesi che la querela di un presidente del Consiglio dopo una serie di attacchi violentissimi sulla sua vita privata, da cui non è emerso neanche uno straccio di reato da contestargli, possa configurarsi come una minaccia alla libertà di stampa. Non conosco un regime totalitario, autoritario, dispotico, ma anche vagamente paternalistico e poco liberale, che abbia fatto ricorso alla querela per zittire o perseguitare chi si oppone al governo. Che razza di tiranno è uno che ricorre all'arbitrato della magistratura, cioè di un soggetto terzo e di un potere giudiziario, per giunta tutt'altro che compiacente verso di lui, per dirimere una controversia con la stampa?

Mi fa ridere, e poi piangere, solo immaginare Stalin che querela Trotzky anziché farlo massacrare. Ma anche le democrazie più furbe e malcavate usano mezzi più efficaci e meno vistosi per mettere a tacere la stampa d'opposizione: subdoli ricatti agli editori, viveri tagliati, sordina, pressioni di altro tipo. Accadeva anche nella prima Repubblica nostrana e accade in tante democrazie occidentali... La querela è la più ingenua, disarmata e plateale reazione che un potere possa usare contro la stampa. La seconda pazzia è quella di ritenere la querela di Berlusconi un'anomalìa senza precedenti. La nostra Repubblica, dai tempi di De Gasperi a quelli di De Mita, fino al tempo di D'Alema e Prodi, ha visto premier che querelavano giornali e giornalisti.

E in alcuni casi li ha fatti sbattere in galera: pensate al povero Guareschi che aveva dato una robusta mano alla Dc nel '48 e poi finì in galera con l'accusa di aver diffamato il premier Alcide De Gasperi. E nonostante ciò, chi dubita che De Gasperi fosse democratico e liberale? Di azioni legali di politici contro giornalisti è pieno il carnet europeo. Da noi c'è stato persino l'abuso di querele da parte di politici contro la stampa: Di Pietro ne sa qualcosa. Non parliamo poi delle querele dei magistrati alla stampa, quasi sempre vinte dai medesimi, con risarcimento immediato e congruo, avendo il coltello dalla parte del manico.

La terza follìa è l'ingerenza dell'Europarlamento nella vita e nella sovranità di una nazione libera, adulta e democratica, che ha il suo Parlamento, i suoi organi giudiziari, la sua opposizione e la sua stampa d'opposizione. E che ha un tasso di risse e campagne violente contro il governo come nessuno in Europa. È un'offesa a tutti gli italiani, a noi popolo sovrano, alla nostra credibilità nel mondo, ad un paese che ha votato a maggioranza, con votazioni limpide e dall'esito assai netto, per il governo Berlusconi, mandandolo per la terza volta alla guida del paese. È come considerarci immaturi, degni di eurotutela, minorenni e minorati. Una ferita gravissima; verrebbe voglia di rimettere in discussione la nostra permanenza in quel tetro cimitero della democrazia che è il Neuroparlamento. E in questa vigliacca Unione Europea che si vergogna di ricordare la propria carta d'identità e di riconoscere che è nata dalla civiltà cristiana, greca e romana; ma non si vergogna di diffamare un suo socio fondatore, il popolo italiano, accusandolo di aver voluto alla guida del paese un dittatore. Il tutto per un paio di querele con richiesta di risarcimento danni.

Leggevo ieri, con divertito stupore, un libro-intervista del professore comunista Asor Rosa che a costo di passare per un revisionista, riabilita il fascismo in rapporto al berlusconismo: «Da tutti i punti di vista il berlusconismo è peggio del fascismo». E leggevo che un giurista letterato come Franco Cordero, sosteneva la stessa cosa su la Repubblica giorni fa. Tutto ciò mentre pubblicano liberamente i loro testi, tutti ne parlano e nessuno osa neanche pensare di scalfire la loro libertà di diffamare con quelle gravi accuse il capo del governo. Ma la cosa che più disgusta è l'oltraggio che questi intellettuali e questi europarlamentari compiono verso coloro che hanno davvero perso la vita e la libertà per difendere le loro idee. Vittime di regimi totalitari, a cominciare e a finire dal comunismo (perchè il comunismo precede l'esperienza del fascismo e del nazismo e sopravvive per svariati decenni alla loro morte); ma più vastamente a tutti coloro che nel corso dei secoli hanno patito davvero la mancanza di libertà di espressione e sono stati perseguitati. È un'offesa far passare per martiri questi giornalisti che proseguono indisturbati il loro lavoro, compresi gli insulti. Non confondete vere e tragiche vittime con questo libero e gratuito tiro al bersaglio.

Questa gente che denuncia un'inesistente perdita della libertà in Italia è divisa tra rozzi giacobini aglio-oglio-e-ghigliottina che ignorano la storia e non sanno cosa voglia davvero dire perdere la libertà; e rancidi intellettuali, magari comunisti e teorici non pentiti della violenza, in preda a deliri maniaco-depressivi. Gente che ha perso il senso della misura e della realtà, della storia e della verità. Sarà poi divertente spiegare all'Europarlamento che una querela fatta a un giornale dal presidente Berlusconi è una minaccia alla libertà mentre una querela fatta a un giornale dal presidente Fini è una difesa della libertà. Si dovrà ricorrere ad Orwell e alla neolingua per spiegare la differenza abissale tra due cose identiche. Chiamate un'ambulanza; questa non è un'Europa normale. L'ideologia è morta ma i suoi fetidi miasmi ammorbano teste, testate e partiti. (il Giornale)

1 commento:

Unknown ha detto...

Ma il Parlamento europeo!! Non conta niente, non fa niente e...sta dietro a Di Pietro! Bleah