giovedì 21 giugno 2007

Intervista a Luca Ricolfi. Antonio Palmieri

Antonio Palmieri ha intervistato Luca Ricolfi autore del libro
Nel segreto dell'urna. Un'analisi delle elezioni politiche del 2006

1) Per quale motivo ha voluto interessarsi del tema dei brogli delle ultime elezioni politiche?
E’ semplice: ho letto il romanzo di autore anonimo “Il broglio” e mi sono incuriosito. Ho cominciato a lavorare con la mia collega Silvia Testa e, quando è esplosa la polemica a causa del dvd di Deaglio, mi sono trovato in qualche modo preso in mezzo. Sovente i tempi della ricerca scientifica sono più lenti di quelli del giornalismo, e così mi sono trovato - e mi trovo tuttora – a parlare di un argomento che non ho ancora finito di studiare.
2) Nel libro avete seguito e verificato una tesi di partenza oppure è stata la realtà dei fatti da voi rilevati che ha guidato la vostra analisi?
No, una tesi di partenza non c’era, semmai c’era un’ipotesi, che scaturiva dalla lettura del romanzo “Il broglio”: l’ipotesi era che vi fossero stati dei brogli nei seggi, prevalentemente a vantaggio di Forza Italia.
Naturalmente, però, a noi interessava scoprire come erano andate le cose, non certo confermare o falsificare una particolare ipotesi. E il lavoro fatto fin qui non ha confermato l’ipotesi del romanzo “Il broglio”: per quel che possiamo dire a questo punto, ossia con le analisi condotte finora, nei dati elettorali ci sono tracce e indizi di brogli o irregolarità avvenuti dentro i seggi, ma il loro segno è piuttosto variabile in funzione del territorio. Ci sono territori in cui gli indizi sono soprattutto a carico della sinistra, e territori in cui sono soprattutto a carico della destra.
Complessivamente gli indizi a carico della sinistra sembrano un po’ più gravi di quelli a carico della destra, il che suggerirebbe una tesi diversa, se non opposta, rispetto a quella del romanzo “Il broglio”. La verità è che, al momento, nessuno è ancora in grado di stabilire con ragionevole certezza chi ha vinto le elezioni del 2006.
3) Come è articolato "Nel segreto dell'urna"? Si parla solo dei brogli?
No, si parla di un mucchio di altri temi di natura politica. Il volume “Nel segreto dell’urna” (Utet, 2007), curato anche da Paolo Feltrin e Paolo Natale, contiene ben 17 capitoli che si occupano in modo piuttosto analitico di quattro gruppi di argomenti: la campagna elettorale compreso il problema degli effetti della tv sul voto, un eccellente contributo di Silvia Testa e Barbara Loera; il funzionamento della nuova legge elettorale, sia in Italia sia all’estero; le scelte degli elettori, con particolare riguardo alle specificità del Nord e del Sud; infine la storia del primo anno di governo, dal referendum costituzionale (giugno 2006) fino alla tornata amministrativa appena conclusa (maggio 2007).
4) Nel 1994 lei divenne noto per il suo saggio nel quale "conteggiava" il numero di voti a favore di Berlusconi spostato dalle sue televisioni. Negli ultimi anni, invece, lei ha pubblicato saggi "contro" la sinistra. Ci sembra sulla buona strada per diventare il "Pansa dei sociologi", vale a dire un uomo di sinistra che non teme di approfondire e divulgare temi importanti, anche se sgraditi alla sua parte politica. Come vive questa condizione? Ne ha avuto dei danni nella sua attività?
Veramente nel mio lavoro non è cambiato nulla. Semplicemente è successo che alcune ricerche empiriche, senza che io lo sapessi prima, hanno prodotto risultati sgraditi alla sinistra. Quando costruiamo un modello causale per scoprire quanti voti spostano la Rai e Mediaset non possiamo sapere a priori se i risultati dispiaceranno a qualcuno e a chi. In Italia è successo che la Tv pubblica, dopo il 1994-1996, è diventata sempre più faziosa (pro-sinistra), e quindi le stime dei nostri modelli sono divenute sempre meno gradite alla mia parte politica. Tutto qui.
Quanto ai miei studi sul “Contratto con gli italiani” non erano affatto “contro la sinistra”. In “Tempo scaduto”, uscito presso il Mulino due mesi prima del voto, ho mostrato in modo piuttosto dettagliato che Berlusconi non ha rispettato il “Contratto con gli italiani”, e ho sostenuto che – per rispettare il patto stretto con gli elettori – avrebbe dovuto onorare la “sesta promessa”, ossia quella di non ricandidarsi in caso non fosse riuscito a mantenere almeno 4 promesse su 5. Se il libro è spiaciuto alla sinistra è perché, pur mostrando che Berlusconi non era riuscito a mantenere 4 promesse su 5, ho riconosciuto a Berlusconi di avere preso impegni chiari e controllabili, e soprattutto di aver realizzato oltre il 60% di quanto aveva promesso. La sinistra non riesce a concepire l’avversario in modo un po’ rilassato, o quantomeno non manicheo: avrebbero voluto che dicessi che il “Contratto con gli italiani” era pura demagogia, e che Berlusconi in 5 anni non aveva fatto quasi nulla.
Lei mi chiede se io mi sia ritagliato il ruolo di “Pansa dei sociologi”. No, per niente. Io ammiro e stimo enormemente Pansa, ma il mio modo di lavorare è abbastanza diverso. Quando Pansa sceglie un argomento di studio, tipo i delitti dei partigiani nei primi anni del dopoguerra, non sa ancora che cosa esattamente troverà nei documenti e nelle carte, ma sicuramente già indovina a chi i suoi risultati potranno piacere e a chi dispiacere. Nel mio lavoro non è così. Di solito quando inizio a studiare un argomento io non so “chi è l’assassino”, e se ho un’idea a priori sono quasi sempre costretto a cambiarla pesantemente nel corso del lavoro. Alla fine delle mie ricerche sui dati il primo a sorprendersi sono io stesso. Parto per studiare il “Contratto con gli italiani”, e scopro che Berlusconi ha fatto molto di più di quel che si pensa. Parto con l’idea che la Casa delle libertà possa aver rubato voti al centro-sinistra, e nel corso del lavoro incontro anche parecchi indizi di segno opposto. Studio gli effetti della tv sul voto, e una volta trovo che ha aiutato Forza Italia (1994), ma in altre occasioni trovo che la ha danneggiata (2006).
Insomma, studiare argomenti scontati non mi diverte. Mi annoio se dalla ricerca posso aspettarmi solo di scoprire nuovi dettagli, perché sull’argomento un’idea generale me la sono fatta già prima di iniziare lo studio.
Vorrei però anche fare un’ultima osservazione. Molte cose che saltano fuori dalle mie analisi non sono affatto clamorose, ma lo sembrano perché la sinistra è talmente presuntuosa e incapace di vedere i propri limiti che non riesce a concepire che qualcosa non collimi perfettamente con l’idea grandiosa e irreale che ama coltivare di sé stessa. Reciprocamente molte cose assai severe che io scrivo sulla politica economica destra (esempio: in “Dossier Italia” ho documentato il “debito occulto” delle grandi opere) vengono sistematicamente ignorate perché i miei libri contengono sempre un mix di cose gradite e sgradite, e quindi non possono essere sposati in toto da chi si crede perfetto. La cultura di sinistra non è solo arrogante, e quindi antipatica, ma è anche permalosa e indifferente alla verità. Se si prendessero un po’ meno sul serio riuscirebbero anche a digerire con più serenità – con più leggerezza, mi verrebbe da dire – le amare verità che a noi studiosi capita qualche volta di incontrare. Parlare con Marzio Barbagli per credere …
(Marzio Barbagli è di sinistra, ed è probabilmente il miglior sociologo italiano. Ha avuto però un piccolo torto: quello di accorgersi che il tasso di criminalità degli immigrati è enormemente più alto di quello degli italiani, una scoperta che ancora oggi molti a sinistra non gli perdonano).
5) Con il gruppo di studiosi che lei ha raccolto con "Polena", la rivista quadrimestrale da lei diretta, su quale tema punterete la vostra attenzione ora?
La rivista “Polena”, in ogni numero, lancia un paio di puzzles, che invitano gli studiosi a cimentarsi con problemi empirici difficili e importanti. Fra gli ultimi puzzles c’è stato quello sui brogli alle elezioni politiche del 2006, o quello sulla reale esistenza dell’effetto-Visco, ossia di una maggiore propensione degli italiani a pagare le tasse dopo la nascita del governo Prodi.
Personalmente sto lavorando a due nuovi problemi: quanti partiti sono effettivamente necessari in Italia ? qual è la vera storia dell’occupazione precaria in questo paese ?

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