Galli dalla loggia. Dall'alto del balcone di Via Solferino il buon Ernesto getta il suo sguardo sulla politica italiana e cosa vede? Vede, in sequenza: della plastica, il nulla, un harem. Uno pensa: la plastica sarà quella del Partito Democratico, il partito che non c'è a cui il Corriere dedica, ormai da mesi, pagine e pagine di tenerezze e amorose effusioni; il nulla sarà il vuoto di idee che sembra attanagliare il centrosinistra italiano, incapace di darsi una linea politica degna di tal nome; l'harem sarà quello dei dieci partiti dell'Unione, a cui Prodi, a seconda delle sue voglie e delle sue convenienze personali, rivolge di volta in volta le sue attenzioni. Niente di tutto ciò. La plastica, il nulla e l'harem rappresentano una cosa sola: Forza Italia. Nell'ordine: «Forza Italia era un partito di plastica, e di plastica è rimasto»; «non ci sono iscritti, quadri, parlamentari, consiglieri comunali o regionali, non ci sono organi, non c'è discussione, non c'è nulla che conti qualcosa. C'è solo il capo»; «nessuno dei cosiddetti dirigenti di Forza Italia è autorizzato a protestare (sul "caso" Brambilla, ndr): chiamati a suo tempo a far parte dell'harem dovrebbero conoscere come funziona il meccanismo».
Se questo è livello dell'analisi politica della cosiddetta «grande stampa» nazionale, c'è da mettersi le mani nei capelli. Della Loggia non entra nel merito dell'identità politica di Forza Italia, non si degna di considerare come fatto politicamente rilevante le sue battaglie, la sua opposizione al pensiero dominante nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dell'informazione, i valori che ne animano l'azione. Non si sforza di prendere in esame l'oggettivo carico di novità che quello che lui definisce «partito di plastica» ha portato nel panorama politico nazionale - cosa, questa, riconosciuta anche da un insospettabile come Fausto Bertinotti. Insomma, non si confronta analiticamente col fenomeno Forza Italia, ma si limita comodamente a ripetere luoghi comuni triti e ritriti, e lo fa, per di più, in un momento in cui - basterebbe informarsi un po' meglio - il motore del partito gira a buon ritmo, rafforzandosi sul territorio con nuove sedi e nuovi organi eletti dagli aderenti.
Ma, oltre che da pigrizia mentale, l'editorialista di Via Solferino sembra essere affetto anche da altre due sindromi intellettuali che già Antonio Rosmini denunciava come esiziali per il pensiero politico: l'astrattismo e il perfettismo. In sostanza: Galli Della Loggia ha in mente solo il suo partito ideale, perfetto, e non si rende conto che esso esiste soltanto nell'Iperuranio platonico o, al limite, soltanto nella sua testa. Tutto ciò emerge chiaramente quando egli parla dei cinque anni di governo Berlusconi condannando senza appello quell'esperienza, senza minimante sforzarsi di inserire l'opera dell'esecutivo della CdL all'interno della situazione nazionale ed internazionale di allora, senza - fatto grave, questo, per un intellettuale del calibro di Della Loggia - «contestualizzare». Così GDL, nell'ultima parte del suo articolo, finisce per dire cose che nemmeno Ferrero e Giordano di Rifondazione Comunista forse direbbero a proposito del governo Berlusconi. Ma tant'è...
Del resto, così facendo, Galli Della Loggia non fa altro che seguire l'ultima moda del giornalismo italiano sedicente «indipendente» (talmente «indipendente» da essersi schierato apertamente, alla vigilia delle elezioni dello scorso anno, con l'armata Brancaleone dell'Unione): preso atto che l'esecutivo Prodi e la sua maggioranza versano in una crisi politica e di consenso che sembra ormai divenuta inarrestabile, e constatato che appare come sempre più probabile una reentree di Berlusconi a Palazzo Chigi, si spara a zero contro i partiti del centrodestra - Forza Italia in primis - e contro i cinque anni di governo Berlusconi non solo per rendere un tributo al politicamente corretto, ma anche e soprattutto per esorcizzare il funesto evento del ritorno in sella del Cavaliere. Basta leggere alcuni recenti editoriali di Luca Ricolfi su La Stampa, dello stesso Galli Della Loggia e di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera per averne conferma.
E' come se ci fosse l'obbligo morale di parlar male del centrodestra per poter avanzare qualche critica anche al centrosinistra. Con la conseguenza che sulle prime pagine dei grandi quotidiani nazionali trovano spazio editoriali francamente di bassa qualità come quello firmato da Galli Della Loggia. E', questo, non soltanto un pessimo servizio ai lettori, ma anche un oggettivo vulnus a quel ruolo istituzionale che certi giornali rivendicano per sé nel nome della «indipendenza» e della «libertà d'informazione».
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