Ebbene sì, lo ammettiamo. A noi del Riformista la storia degli elenchi dei votanti alle primarie unioniste del 16 ottobre 2005 è sempre piaciuta. E non poco. Che bello - abbiamo detto e pensato più volte - sarebbe sapere la cifra esatta, precisa fino all’ultima unità, di coloro che due anni fa si misero in fila per quella competizione italiana studiata anche all’estero (pare addirittura che un giorno, tra gli appunti degli allievi di Science Po sia finito anche il nome di Vannino Chiti). Che la cifra desti una certa curiosità, in giro, è cosa normale. Le file ai gazebo c’erano, eccome se c’erano, e i tg dell’epoca le documentarono bene. Ma quella cifra, quei quattro milioni e passa, si è sempre portata dietro un codazzo di sospetti. Il sito Dagospia scrive di avere appreso da fonti ben informate che «quelle liste pro-Prodi, sulle quali Enrico Letta aveva chiesto lumi, non si possono scodellare perché furono gonfiate come soufflè». Le liste - ha aggiunto il sito - «le ha, chiuse nel cassetto, il ministro Vannini Chiti…» (ma non saranno troppi i nomi che le compongono per star chiusi in un cassetto solo?).
Fatta questa premessa, però, anche noi curiosi non possiamo che dare ragione a Ugo Sposetti. «Gli elenchi - ha detto ieri l’altro il tesoriere ds - sono dell’associazione dell’Unione e a disposizione del centrosinistra, non di questo o di quel candidato. Non sono dei candidati e non sono dei due partiti Ds e Margherita, ma sono di tutti i partiti dell’Unione». Il ragionamento di Sposetti, il primo a fare riferimento al misterioso armadio segreto, non fa una grinza. Non si misero in fila soltanto gli elettori dell’Ulivo, quel giorno di ottobre 2005. Ma anche quelli di Rifondazione che sostennero Bertinotti, i fan del Campanile che votarono Mastella, gli italiani di valore che si misero in fila per Di Pietro, i verdi di Percoraro, i no global della Panzino e i ggiovani con due g di Scalfarotto. Se vale questo ragionamento, allora nessuno del Pd dovrà mai più intestarsi quel sussulto del popolo di centrosinistra. L’Ulivo non deve più rivendicare come sua quella data. Altrimenti, anche noi - che per giunta siamo già curiosi - chiederemo il nome del custode (o dei custodi) e l’indirizzo in cui si trova l’armadio con le liste.
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