venerdì 3 agosto 2007

Il partito "mostro" di Veltrelli. Carlo Cambi

Ufficializzate le candidature per la guida del Pd, si comincia a capirne la natura: sarà un partito di plastica. La dimostrazione più evidente è stata la porta in faccia sbattuta a Pannella e a Di Pietro. Erano un «cavallo di Troia» che rischiava di introdurre, l'uno da posizioni libertarie l'altro da istanze populiste, il granello di sabbia del «popolo» nell'ingranaggio della macchina che Veltroni e Rutelli, in perfetta sintonia d'interessi, stanno costruendo per metterla al servizio dei poteri forti. I «democratici» sono di fatto un'oligarchia che neppure l'insulso rito di primarie teleguidate riuscirà a nascondere. Questo apre al centrodestra praterie di consensi. A condizione che Berlusconi & C. sappiano cogliere il peccato originale del Pd che è quello di aver cancellato ogni rappresentanza dal basso. Tre fatterelli accaduti nelle ultime ore lo provano. Esaminiamoli.
Il primo è il sondaggio pubblicato da Il Giornale che mostra come il Pd non riuscirà a sommare i voti di Ds e Dl, ma libererà consensi soprattutto a sinistra. La ragione è molto semplice. Se la politica cessa di essere progetto e diventa mera rappresentazione d'interessi chi - come gli ex Ds - vede nella militanza una speranza di condizione migliore si sente frustrato. Non a caso l'antiberlusconismo ha funzionato come collante perché suscita invidia sociale. Ma oggi è difficile immaginare le sfogline delle ex feste dell'Unità che si spaccano la schiena per i reggitori di coda del milieu debenedettiano. L’assenza dalla corsa per la premiership di candidati autenticamente diessini sradica di fatto i «democratici» dal loro unico aggancio popolare.
Ne è una prova la velenosa intervista che D'Alema ha dato al Corriere. Il popolo dei Ds non dimentica che Walter Veltroni ha dichiarato: «Non sono mai stato comunista». Per paradosso l'unico candidato popolare (in tutti i sensi) è Rosy Bindi, destinata al naufragio, e non è un caso che a lei sia andato l'appoggio di Parisi segnalando peraltro uno strappo nella compagine prodiana. Si dice che Enrico Letta sia il rappresentante dei «dossettiani». Non è così: Enrico Letta è solo l'enfant gatée del blocco economico cattolico.
Il secondo fatto è il regalo che i margheriti hanno fatto a Carlo De Benedetti con il ddl Gentiloni, scippando una rete a Berlusconi e donandola al gruppo Espresso. È una sorta di nemesi: Rete 4 fu dei Formenton e stava per incontrare De Benedetti nella grande guerra per Repubblica. Ovvero stava per fallire. Andò nella spartizione della Mondadori a Berlusconi e si salvò. Vedremo ora che torna per Gentiloni concessione nelle mani dell'Ingegnere che fine farà. Questa è la prima cambiale che i futuri oligarchi del Pd pagano al loro più cospicuo sponsor il quale peraltro ha dichiarato di recente: «Ho sempre fatto gli interessi miei e dei miei azionisti, ma rivendico un ruolo sociale dell'impresa» elevando Bill Gates a suo modello. Ora basterebbe ricordare le vicende Olivetti per esclamare: da che pulpito. Ma questo riferimento illustra paradigmaticamente cosa sarà il Pd.
Il terzo fatterello è la totale scomparsa di due riferimenti fondamentali: l'area laica (e si spiega il niet a Pannella) e l'area diessina (e si spiega la freddezza D'Alema-Veltroni). Il modello di società che l'attuale sindaco di Roma e il suo predecessore hanno in mente non prevede infatti variabili né di libero pensiero, né di pensiero collettivo, prevede soltanto la narcotizzazione dei ceti più deboli e il governo degli ottimati. È una visione tutta romana, tutta curiale che ha fatto nascere un mostro: una sorta di Giano bifronte che con Veltroni guarda agli apparatnik, al generone e ai palazzinari e con Rutelli guarda ai grand commis, ai furbetti del borsino.Questo mostro si chiama Veltrelli e ha una concezione della società e dell’economia pre-marxista e marxiana: è l'economia di Ricardo dove la merce ha valore per il lavoro che immagazzina e lo Stato ha il ruolo non di regolatore, ma di interdittore. È una visione cupa dell'uomo incapace di autodeterminarsi che deve essere guidato appunto dagli oligarchi. Non a caso Veltrelli è il rappresentante più puro della Casta e la sua ideologia è il pensiero Lebole, la fabbrica che vestiva tutti i funzionari di partito. È infatti un partito prêt à porter quello che sta nascendo: pronto a soddisfare gli appetiti di chiunque pur di perpetuarsi. È effimero, patinato, come Veltrelli l'unico politico italiano che non dismette mai giacca e cravatta perché così vuole la buona società e il pensiero Lebole.
Per il centrodestra l'occasione è dunque unica. Se il Pd guarda a Ricardo e cioè all'economia dell'offerta (e perciò privilegia i produttori, meglio se collettivizzati) Berlusconi&C. devono guardare alla scuola economica austriaca. Devono rileggere Carl Menger e occuparsi della domanda (e cioè dei cittadini come uomini liberi): dell'economia come strumento della soddisfazione dei bisogni. Lo scontro che si apre è tra chi pone il valore-lavoro e chi esalta il valore dell'utilità.
Se il centrodestra saprà far esplodere questa contraddizione sarà in grado di rappresentare gli interessi dei cittadini senza aggettivi. Contrapponendo al partito di plastica che sta dalla parte di chi offre e si tiene i privilegi, il partito in carne e ossa dei liberi che sta dalla parte della domanda di utilità. E forse di felicità. Pronto a soddisfarla.

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