Dove la giustizia non funziona si diffonde il giustizialismo, una malattia mortale per il diritto. Il Parlamento s’occupa solo di come i magistrati fanno carriera. La politica pretende di darci lezioni e considera alla stregua di provocazioni i fatti e le cifre che ho usato per documentare la Malagiustizia.
Poi capita che un Tizio sgozzi per strada l’attuale fidanzata e si scopre che è indagato per avere accoltellato e sbudellato la precedente. Si scopre che non basta essere trovati ad incendiare boschi per garantirsi un’immediata pena. E dopo averlo scoperto s’invocano severità e pugni di ferro. Se li dia sulla testa, il governo. Se li diano dove sanno gli schieramenti politici che attorno alla giustizia animano una gran canizza senza mai occuparsi di quel che conta: renderla efficiente.
Le nostre galere sono stracolme di presunti innocenti, mentre a spasso c’è un esercito di probabili colpevoli. Grazie all’indulto dal carcere sono usciti solo i pochi sicuri colpevoli e più del novanta per cento dei processi in corso avrà esito inutile. L’Italia resta il Paese più condannato per violazione dei diritti umani, i nostri processi sono i più lenti del mondo civile, ma spendiamo quanto e più degli altri e abbiamo più magistrati e avvocati che altrove. Sono tutti indizi che gridano l’evidenza: la nostra giustizia è allo stato terminale, sempre di più il paradiso dei colpevoli e l’inferno delle persone per bene. Ma che importa? Quel che conta e riformare la carriera dei magistrati senza litigare con loro, senza provocare scioperi.
Se la politica esistesse, se gli intellettuali facessero il loro mestiere di coscienze ed informatori, se la realtà fosse chiara a tutti, non sarebbe difficile trovare la forza per cambiare quest’andazzo incivile, per fare riforme vere, per conciliare severità e diritti. Ma qui siamo alla faziosità senza contenuti, all’uso politico delle inchieste giudiziarie, ai forcaioli che diventano garantisti quando finiscono sotto inchiesta ed ai grantisti che si scoprono forcaioli quando tocca agli avversari mettere la testa nel cappio. Capita, così, che si chieda giustizia senza far funzionare i tribunali, che il ministro si dica stupito (tanto di giustizia non sa nulla, come lui stesso dice), e che si reclamino pene più severe. Tutta roba inutile.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento