martedì 14 agosto 2007

Quello squilibrio di pesi e misure. Paolo Guzzanti

Il magistrato è un garantista e voleva la pistola fumante. La videocassetta del primo omicidio non era conclusiva e le garanzie sono le garanzie: mica puoi sbattere in galera un cittadino senza avere una prova conclusiva. In fondo la custodia cautelare serve per arrestare qualcuno che potrebbe ripetere il crimine per cui è indagato (nel caso di Sanremo uccidere una donna) o inquinare le prove.
Il magistrato genovese, in tutta onestà, non se l’era sentita di ammanettare colui che poi si dimostrerà essere un serial killer psicotico e l’ha lasciato libero. Su un piatto della bilancia il rischio che si trattasse davvero dell’assassino del primo delitto e che ne potesse quindi commettere un secondo; sull’altro, il rischio di arrestare un innocente e farlo marcire in prigione per mesi. Il magistrato ha scelto il secondo piatto della bilancia: non ha arrestato e così l’assassino ha avuto modo di far morire un altro essere umano. Se il magistrato avesse messo in prigione l’uomo avrebbe evitato il secondo omicidio, ma avrebbe rischiato di rinchiudere in prigione un innocente. E adesso si trova di fronte ad uno spaventoso risultato e forse (non vorremmo essere nei suoi panni) a qualche problema di coscienza.
Sicuramente, ora egli è convinto d’aver agito bene, dal punto di vista dei principi giuridici generali (ci vuole l’habeas corpus per privare un cittadino del bene supremo della libertà), ma noi siamo invece convinti che abbia agito come se si trovasse nel Regno Unito, ovvero in Inghilterra, anziché in Italia.
In Italia, lo abbiamo visto l’anno scorso la sera di Natale, il consulente parlamentare Mario Scaramella fu arrestato a Napoli sotto la scaletta dell’aereo che lo riportava da Londra (dove aveva collaborato con Scotland Yard per l’omicidio Litvinenko magistralmente organizzato in modo da esporre proprio lui, Scaramella, al massacro mondiale come primo sospettato dell’avvelenamento del profugo russo) con l’accusa di aver calunniato qualcuno. Chi avrebbe calunniato Scaramella? Prodi, risponderanno molti lettori (stiamo parafrasando l’incipit del Pinocchio di Collodi) eh no, cari ragazzi, vi siete sbagliati: Scaramella fu arrestato e poi tenuto in galera per sei mesi con l’accusa di aver calunniato un signore che viveva a Napoli in clandestinità, un certo Oleksander Talik, il quale era un ex capitano ucraino del Nono Direttorato del Kgb, cioè della stessa sezione di cui faceva parte anche il signor Andrei Lugovoy, che secondo la Procura della Corona britannica sarebbe l’assassino materiale di Litvinenko. Una storia troppo intricata? Lo so, è estremamente complicata e ancora molto oscura.
Ma a noi oggi fa impressione lo squilibrio di pesi e di misure fra l’arresto di un uomo accusato di aver dato del terrorista ad un ex agente di una polizia segreta straniera, clandestino in Italia, e il mancato arresto di un altro uomo che molti elementi significativi indicavano come un assassino e che poi si è rivelato realmente un pazzo sanguinario che ha spento una vita che poteva essere salvata.

Nessun commento: