mercoledì 17 ottobre 2007

L'Italia pignorata. Alessandro Agnese

Era inevitabile che la crisi dei subprime americani travolgesse anche il nosto Paese, con un conseguente quadro della situazione molto preoccupante. Le ultime stime Adusbef riportano dati allarmanti: 1,9 milioni di persone hanno problemi per pagare le rate restanti del mutuo e 1,7 manifestano lo stesso problema nei confronti dell'affitto. Ma dove ha sbagliato il sistema bancario italiano? Per diversi anni - soprattutto nel biennio 2003/2004 - l'erogazione dei mutui si è basata quasi totalmente sul tasso variabile (91% del totale), in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei dove un mutuo su 2 era a tasso fisso. Spontaneamente ci si domanderà quale sarà stato il motivo di tale scelta.

Prima di tutto bisogna precisare che gli interessi sono calcolati in base all'aspettativa sulla variabilità dei tassi: se si crede che questi si alzino è ovviamente meglio il fisso, nel caso si preveda un abbasamento si opta per il variabile: in quegli anni erano ai minimi storici. Per definirli tuttavia non ci si affida di certo al caso o alla cartomanzia, si guarda alla Bce, la quale gioca al ribasso per incoraggiare gli investimenti o al rialzo per combattere l'inflazione. A questo punto il ragionamento si conclude da sé: l'iniezione di capitale da parte di Fed e Bce per risanare il recente danno causato dal crack dei subprime porta ad un innalzamento dell'inflazione tamponabile con l'innalzamento dei tassi; ed è così che si sta procedendo.

La scorsa finanziaria, con una pressione fiscale rilevata al 43,1% - la più alta dopo quella del 1997, stimata al 43,7% grazie all'eurotassa inventata da Prodi per rientrare nei parametri europei - aveva già assestato un duro colpo all'economia, la crisi dei mutui ha finito l'opera. A questo punto come fanno le banche a far rientrare i prestiti di chi non riesce a pagare? Due sono le strade possibili: la rinegoziazione del finanziamento o il pignoramento. Ovviamente la prima ipotesi sembrerebbe a prima vista la meno problematica; questa è solo un'impressione. Gli istituti di credito, nonostante si dichiarino flessibili, non rinegoziano più del 60% del valore dell'immobile, inoltre le pratiche costano in media 550 euro; se si decidesse di rottamare il mutuo vecchio con uno nuovo si arriverebbe addirittura a pagare fino 1300 euro. A conti fatti non sempre il gioco vale la candela. Non è difficile giungere quindi al pignoramento o all'esecuzione immobiliare, arrivando all'aumento stimato al 20%.

Inoltre gli speculatori trovano sempre un modo per accrescere le loro ricchezze a discapito dei più deboli: nasce quindi la figura dell'«estintore», colui che acquista la casa al prezzo del restante prestito da pagare più una piccola plusvalenza. Un finto benefattore che fa contenti tutti: la famiglia, che oltre a saldare il debito ha da parte ancora qualcosa, e sé stesso che al momento della rivendita della proprietà avrà un ulteriore guadagno. In questi casi non si può però parlare di intermediazione immobiliare, prima di tutto perché non vi è nessun incontro diretto tra il nuovo proprietario ed il vecchio, seconda cosa in quanto il prezzo di norma non è stabilito in base alle esigenze economiche di chi deve cedere, ma in base al valore effettivo dell'oggetto in vendita. Si tratta per ora di un fenomeno di nicchia, che non dovrebbe portare alla nascita di nuovi furbetti.

Con tutto ciò siamo dunque di fronte ad una situazione problematica, dove risalta chiaramente l'alto grado di indebitamento delle famiglie italiane, problema che si va ad aggiungere alla nostra economia che non decolla come dovrebbe; è necessaria una scossa, una scossa forte che ridia fiducia al cittadino, che gli permetta di acquistare senza contrarre troppi debiti. Allo stato attuale ci si trova invece a non arrivare alla fine della terza settimana, perciò è fisiologica la richiesta di prestiti e dilazioni. Sicuramente anche la complessa congiuntura internazionale ci sfavorisce, ma se qualcosa, non di certo il miracolo, si poteva fare con questa finanziaria, non è stato fatto: gli sgravi ed i bonus fiscali saranno solo un palliativo, serviranno solamente ad andare in pari con gli aumenti che avverranno nel corso dell'autunno e al cittadino in tasca non rimarrà niente. L'occasione per fare del bene, economicamente parlando, è stata buttata al vento e all'Italia non aiuta, anzi non serve affatto, un governo che spreca potenziali opportunità e pensa solamente al proprio benessere economico. A breve la tanto attesa svolta. (Ragionpolitica)

Nessun commento: