giovedì 17 gennaio 2008

Il paradosso americano. Maria Giovanna Maglie

Mi viene in mente, in giorni di marasma morale e intellettuale, un paragone che è un paradosso, ma può essere utile. Poco più di un anno fa mi suscitò una grande impressione l'invito che il rettore della Columbia University, luogo di studi altissimi, edificio solenne e allegro nella Harlem storica di New York, aveva rivolto al presidente dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad. Mi parve la solita forzatura iper liberal di certi ambienti culturali, che in nome di pacifismo e antiamericanismo, sono pronti al suicidio. Oggi so che i livorosi professori italiani, alcuni dei quali simbolo in ossa e canizie della dittatura degli anziani nel nostro Paese, che ancora ieri con petulanza ripetevano la chiacchiera del Papa intruso, non valgono una scarpa del professor Lee Bollinger. Che il liberal più incallito americano è meglio di un docente nostro, frutto del Pci-Psdi, Ds, Pd oppure PdRC, e via mutando sigle, ma non il leninismo di fondo.
Quel giorno Bollinger introdusse con tranquillità l'ospite, lo definì «un gretto e crudele dittatore», gli chiese di rendere conto della persecuzione sistematica di donne, omosessuali, giornalisti agli studenti, lo accusò di antisemitismo e di negazione dell'Olocausto, «uno dei fatti storici più documentati della storia, che solo un'ignoranza sconvolgente può spingere a negare», concluse dicendosi certo che «parlando in un posto come questo, vi coprirete di ridicolo». Poi gli diede la parola. Ahmadinejad ebbe tutto il tempo per rispondere alle accuse. Naturalmente non lo fece, si lanciò in una predica intrisa di citazioni del Corano, parlò della Seconda Guerra Mondiale, delle colpe degli Stati Uniti, di George Bush. Poi esagerò: non ci sono, proclamò, omosessuali in Iran, dimenticando di aggiungere che forse non ce ne sono più. La platea di studenti e insegnanti rise, poi fischiò. Delle donne disse, bontà sua, che «non è un crimine essere donna, le donne in Iran sono più rispettate degli uomini», suscitando la stessa reazione. Infine, il nucleare. Tutta colpa di «Stati Uniti, Francia e altre grandi potenze mondiali, che hanno di fatto cancellato i trattati per lo sviluppo dell'energia nucleare pacifica. L'Iran non chiede nulla di diverso da quanto previsto dalle leggi internazionali. Non ci sono indicazioni che il programma nucleare iraniano sia uscito da un percorso pacifico», l'Iran «è pronto a negoziare con tutti i Paesi. I politici che cercano di sviluppare e testare armi nucleari non guardano al futuro. Noi non crediamo nelle armi nucleari poiché sono contro la vera essenza dell'umanità». Quando la lectio terminò, c'erano molte più persone che non all'inizio convinte di aver assistito al delirio di un dittatore arrogante e crudele.
Ammettiamo di voler paragonare il diavolo al professor Joseph Ratzinger, e Lee Bollinger, rettore di Columbia, a Renato Guarini, rettore della Sapienza. Il professore, che è capo della Chiesa Cattolica, arriva, nonostante le polemiche, lo stesso corpo docente e gli studenti si impegnano ad ascoltare esprimendo dissenso educatamente, e alla fine si scopre che il tanto temuto ospite parla contro la pena di morte, facile e persino un po' stantio cavallo di battaglia degli iperlaici e di tutta la sinistra, che riconosce laicità e autonomia delle università, che chiede una sola cosa: «Cosa ha da fare o da dire il Papa nell'Università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà». Deve «mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la luce che illumina la storia e aiuta a trovare la via verso il futuro». Ecco, che la ragione non diventi sorda al messaggio della fede cristiana, altrimenti «inaridisce» come un albero che non ha più acqua.
Pericoloso, vero, ed eversivo? Più o meno del dittatore iraniano alla Columbia? Ma forse il paradosso non c'è, perché alla Sapienza l'avrebbero fatto entrare festanti Ahmadinejad, e avrebbero bruciato bandiere a stelle e strisce tutti insieme, i vecchi docenti colpevoli e i loro studenti analfabeti. (il Giornale)

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