martedì 1 gennaio 2008

Vecchi almanacchi e nuovi auguri. Sergio Belardinelli


Questo post è il mio sincero augurio di buon 2008 a tutti Voi.

“Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”.
Tutti avranno riconosciuto senz’altro l’incipit di una delle più belle e più famose “Operette morali” di Giacomo Leopardi: il “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”, metafora struggente del trascorrere inesorabile del tempo e dei nostri vani sogni di futura felicità.
In prossimità del capodanno, questa “operetta” leopardiana è diventata per me una sorta di lettura obbligata. Ma quest’anno, a mo’ di “scherzo”, ho assecondato un desiderio che mi porto dietro dai tempi del liceo: continuare il dialogo tra i due personaggi; immaginare il venditore che rincorre il passeggere, per riprendere il discorso e farlo finire in un altro modo. Spero che Leopardi non se l’abbia a male.

Venditore. Illustrissimo, vogliate scusarmi (il passeggere nemmeno lo riconosce); sono il venditore di almanacchi. Poco fa ne avete comperato uno da me per trenta soldi.
Passeggere. Ah, sì, ditemi.
Venditore. Vedete, caro Signore, vi ho venduto il più bello. Ma non credo di aver fatto bene.
Passeggere. E perché mai?
Venditore. Io vendo almanacchi da vent’anni e non posso sopportare quello che Voi, poco fa, m’avete fatto dire. Non mi va proprio l’idea di vendere tristezza e illusioni, mascherate con lieti inganni.
Passeggere. Eppure, concordavate, è proprio questo il vostro mestiere. Voi approfittate dei nostri giorni infelici per illuderci ogni fine anno con improbabili promesse di felicità.
Venditore. Signore illustrissimo, Voi lo sapete bene, la felicità non si compra. E quando ce la figuriamo nel futuro è perché non abbiamo la più pallida idea di che cosa essa sia.
Passeggere. Infatti! Da che siamo nati, Voi, io e tutti, non facciamo altro che inseguire chimere.
Venditore. Veramente non è questo che intendevo dire, Signore.
Passeggere. E che cos’altro allora?
Venditore. Felice è chi riesce a vivere il presente senza oscurarlo con l’ansia del domani. I nostri anni non sono certo gran cosa, ma Voi, Voi Signore, non vorrei che bruciaste i vostri nell’affanno di raggiungere sempre qualcos’altro che non c’è mai.
Passeggere. Ma la vita è questa. Suvvia brav’uomo non siate troppo ingenuo; anche se in fondo invidio la vostra ingenuità.
Venditore. Voi, illustrissimo, non invidiate un bel nulla. Sembrate piuttosto uno di quegli smaniosi faccendieri che si distruggono la vita perché non riescono mai a fermarsi da nessuna parte.
Passeggere. Scusate se mi accanisco a mia volta, ma è perché ci sono questi “smaniosi faccendieri”, come voi irrispettosamente li chiamate, che potete vendere i vostri almanacchi e sbarcare così il lunario.
Venditore. Oh illustrissimo, qui invero qualche ragione l’avete. Ma se sono tornato a importunarvi è perché voi, poco fa, mi chiedeste l’almanacco più bello. E sono venuto a riprendermelo. Ecco i vostri trenta soldi.
Passeggere. Adesso non vi capisco.
Venditore. I miei almanacchi, Signore, intendo quelli più belli, li vendo soltanto a coloro che mi danno l’impressione di saper assaporare sul serio la felicità. E Voi, Voi, no, non siete di questi. A voi, a pensarci bene, lo regalo. Con l’augurio che possiate veramente principiare la vita felice. Buon anno. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. (l'Occidentale)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie Mauro auguri anche a te.