mercoledì 2 gennaio 2008

Lettera al Foglio e risposta del Direttore

Al direttore - Il suo intervento contro Marco Travaglio mi lascia un po’ perplessa. Sono discutibili i toni ironici – piacciono o non piacciono – ma il giornalista dalle colonne dell’Unità cita sentenze, dichiarazioni di questo o quell’avvocato e le esternazioni dei vari politici insomma: parla di fatti. Lo stesso fa sul blog “Voglio scendere”. Non si scaglia certo contro Contrada né gli augura una pronta dipartita! Se Marco Travaglio ha torto, perché nessuno lo smentisce sulla base di altri fatti da lui omessi? E se ha ragione, perché lo si aggredisce bollandolo autore di “immondizie”?
Laura Bartoli, via Web

Risposta del Direttore
Sul giornale fondato da un detenuto che fu pietosamente rilasciato dal carcere per le sue condizioni di salute, e dai fascisti, un piccolo squadrista dell’informazione irride i detenuti ammalati e dice a chiare lettere che se uno muore in carcere prima della fine della pena, peggio per lui. Il fatto che lei e quegli asini dell’Unità, compresi i suoi mandanti editoriali e i suoi lettori, non capiate questo paradosso morale vuole solo dire che vi siete bevuti il cervello, una ordinaria cultura umanitaria e l’anima.

1 commento:

Anonimo ha detto...

servo completa l'informazione please e se hai un cervello controbatti

Non che sia una novità. Ma, nonostante la dieta anti-aborto, Giuliano Ferrara tende ad allargarsi vieppiù. Non contendo di dirigere il Foglio, di scrivere su Panorama, di imperversare ogni sera su La7 e di dare la linea al Ppl e al Pd, ora si propone per la direzione del manifesto e dell’Unità. E, in attesa di risposte, dà il benservito al sottoscritto, reo di non partecipare alla pantomima della grazia a Contrada. Secondo il Platinette Barbuto, Contrada subirebbe «una pratica carceraria disumana», addirittura «una pena di morte» che gl’impedirebbe di «rivendicare la propria innocenza». Per la verità Contrada è stato giudicato colpevole dalla Cassazione. Ma Ferrara, occupando da solo una superficie lievemente più ampia della Cassazione, si sente superiore. E ha deciso che Contrada è innocente. E chi non è d’accordo è «ripugnante», «immondo», «protervo», visto che Contrada è «in quelle condizioni». In pratica, per il Molto Intelligente, un colpevole malato diventa innocente: per essere colpevoli bisogna scoppiare di salute. E siccome la sua intelligenza non si ferma qui, ecco Ferrara inerpicarsi in un ardito paragone tra Contrada e Gramsci. Per la legge degli opposti, è naturale che il direttore di un quotidiano fondato da Pera e Boato coi soldi di Berlusconi e dei contribuenti subisca il fascino di un giornale fondato da Gramsci. Ma qui forse esagera, ricordando che «quando le condizioni carcerarie di Gramsci ebbero aggravato in modo irreversibile la sua malattia, venne scarcerato per ordine di Mussolini, in modo che potesse morire in una clinica privata, da uomo libero», mentre «sul suo giornale trovano ora spazio le immondizie di Travaglio, sadico sbeffeggiatore di detenuti malati» che «rende il giornale di Gramsci una tribuna peggiore dei peggiori fogli del regime fascista e ne oltraggia l’onore». Segue accorato appello a Padellaro, Colombo, ex Ds e famiglia Angelucci tutta affinché «decidano se porre fine a questa vergogna o diventarne complici». La pietà umana che si deve a un uomo, Ferrara, molto provato da ben sette giorni di astinenza da supplì mi impedisce di rispondere come vorrei. Mi limito a ricordare che Gramsci era detenuto per delitti politici, cioè per non-delitti, mentre Contrada è detenuto per mafia, cioè per collusioni con l’organizzazione che ha insanguinato la Sicilia e l’Italia con migliaia di morti innocenti. Segnalo poi che non ho mai irriso a Contrada, bensì a certi suoi tragicomici fans, tipo Mastella e Ferrara, e alle loro scombiccherate argomentazioni pro grazia, scambiata ora per una terapia anti-diabete, ora per un elisir di lunga vita. Lo Stato di diritto è chiamato a garantire la certezza della pena, non l’immortalità dei condannati. Se questi, un brutto giorno, speriamo il più tardi possibile, muoiono, è un evento naturale: dispiace, ma non si può fare nulla. Sventuratamente muoiono anche gli incensurati. E non è colpa dello Stato, ma della natura. Se poi il Molto Intelligente si sente offeso da queste lapalissiane osservazioni, pensi agli ospiti di Guantanamo: diversamente da Contrada, rischiano di morire in gabbia senza uno straccio non dico di condanna, ma di processo; non sanno nemmeno di che sono accusati, eppure marciscono lì da 5-6 anni perché potrebbero essere dei terroristi. Ma naturalmente Ferrara e il Foglio hanno sempre difeso Guantanamo. Come hanno irriso ai torturati di Abu Ghraib e del G8 alla Diaz e a Bolzaneto (quanno ce vo’, ce vo’). Hanno inneggiato alla proposta di Panebianco di autorizzare una dose minima giornaliera di tortura per difendere l’Occidente dal terrorismo islamista (una modica quantità per uso personale). Hanno persino esaltato il sequestro di Abu Omar – deportato in Egitto e lì torturato per sette mesi – che vede coimputati Farina-Betulla, difeso a spada tratta da Ferrara, e Pio Pompa, neo editorialista del Foglio. Appellarsi a Berlusconi, Pera e Boato perché «decidano se porre fine a questa vergogna o diventarne complici» sarebbe – temiamo – superfluo. Non resta che affidarsi all’unica persona seria vista finora dalle parti di Contrada: e cioè Contrada medesimo, che rifiuta sia il ricovero in ospedale (il Cardarelli non è di suo gradimento), sia la grazia. Sarebbe davvero singolare se, dopo avergli concesso la grazia, lo Stato dovesse pure pregarlo di accettarla.

Marco Travaglio