Come reagiranno la Fed e l’economia americana al caro petrolio.
Il petrolio era da tempo sui 90-95 dollari. Prima di Natale, era a 97. Il rialzo che lo ha spinto a quota cento rileva dal punto di vista simbolico, perché induce a riflettere con maggiore chiarezza sulla congiuntura degli Stati Uniti, sinora considerata soprattutto dal punto di vista della riduzione di ricchezza dei consumatori causata dalla crisi del mercato immobiliare. La domanda di consumi degli americani, in realtà, è stata colpita di più dal rincaro dei prodotti petroliferi, in atto da almeno sei mesi. La caduta del corso del dollaro ha acuito questo rincaro in quanto la quotazione del petrolio è anche legata a quella del dollaro. I bilanci dei cittadini europei sono meno influenzati dal rincaro del barile perché l’euro si è rivalutato sul dollaro. Inoltre, causa l’elevata tassazione europea dei carburanti gli aumenti del greggio si demoltiplicano lungo la catena che porta al prezzo al consumo. Inoltre, siccome in Europa i prezzi petroliferi sono alti da molto tempo, il risparmio energetico (a partire dai consumi automobilistici) è già incorporato nelle abitudini continentali. La Fed, nel tasso di inflazione di riferimento per la politica monetaria, non considera direttamente i prezzi dei prodotti petroliferi né quelli degli alimentari, variabili esogene. Ne tiene conto indirettamente, nella misura i cui si trasmettono nei prezzi di altri beni e servizi. Il caro petrolio incide sul potere d’acquisto dei consumatori americani e rende più cauta la politica monetaria della Fed riguardo all’inflazione. Che cosa accadrà adesso? Il ciclo che lega previsioni e prezzi punterà a trovare un nuovo equilibrio sotto quota cento. Le previsioni per il 2008 considereranno un rallentamento dell’economia degli Usa in funzione della quotazione del petrolio. Ma siccome il greggio attualmente è in tensione anche a causa dell’elevata espansione dell’economia mondiale, un rallentamento congiunturale degli Usa, ripercuotendosi sull’export asiatico verso l’America, farà da calmiere al prezzo del barile. Infine altre due considerazioni: c’è la quota di petrolio iracheno (articolo a fianco) che reimmesso sul mercato libero dovrebbe contribuire a una stabilizzazione dei prezzi; perseguita anche dai paesi produttori che non hanno interesse a eccessive tensioni.
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