Diceva Napoleone che ci vuole coraggio per chiamare gatto un gatto e sconfitta una sconfitta. Oggi ci vuole ancora più coraggio per chiamare comunista un comunista. La parola, giustamente, fa paura.
Il maggiore specialista accademico mondiale del comunismo, Robert Service, nel suo recente Compagni! lo ha definito il peggiore cancro che abbia attaccato nella storia l'organismo umanità, esibendo come prova un costo umano certamente superiore ai cento milioni di morti. Perfino in Cina e in Vietnam si dibatte se il termine «comunista» designi ancora adeguatamente l'attuale regime misto di autoritarismo e mercato.
Sono rimasti tre i Paesi in cui partiti che si definiscono orgogliosamente comunisti tengono in piedi i governi: Cuba, la Corea del Nord e l'Italia.
L'anomalia italiana, unica in Occidente, spiega un curioso atteggiamento dei media e in particolare della televisione e della radio di Stato a proposito di quanto sta accadendo in Birmania (ribattezzata dal regime Myanmar).
Mentre in America o in Francia si parla tranquillamente delle origini comuniste del regime di Rangoon, il telespettatore italiano che ignori tutto della Birmania ha scoperto negli ultimi giorni che è governata da una «dittatura», così da essere autorizzato a pensare che nel lontano Paese asiatico siano al potere i nipotini di Pinochet. Un giornale radio ha perfino parlato di «dittatura fascista», forse inducendo qualcuno a controllare nei libri di storia se dopo la marcia su Roma i quadrumviri non abbiano fatto un salto in Birmania per fondare il fascio di Rangoon.
Non è proprio così. Dal 1962 al 1988 il regime birmano è un tipico regime comunista, guidato da un gruppo di militari marxisti il cui capo, il generale Ne Win (morto nel 2002), promuove una disastrosa «via birmana al socialismo», imponendo un'economia rigorosamente collettivista che riduce il Paese alla fame mentre la repressione fa qualche migliaio di morti. Nel 1988 i birmani - già allora guidati dalla Lega per la Democrazia (NLD) di Aung San Suu Ky, figlia del padre dell'indipendenza nazionale - non ne possono più e scendono in piazza. Ne Win è estromesso dal potere, sostituito da una giunta militare che elimina prudentemente dal suo partito il nome «socialista» - sostituito da un richiamo vagamente minaccioso a «legge e ordine» - e promette libere elezioni.
Quando nel 1990 la LND vince le elezioni, i generali ne arrestano i dirigenti e tornano a un sistema che assomiglia come un fratello gemello al vecchio regime comunista, salvo che non si parla più di comunismo e s'incoraggiano gli investimenti stranieri offrendo anche il lavoro semi-gratuito di detenuti comuni e politici.
Ma non è questione di nomi. Tutti gli uomini forti dell'attuale governo vengono dal vecchio Partito del Programma Socialista (cioè, dal Partito comunista birmano) di cui l'attuale presidente, il generale Than Shwe, è stato il braccio armato nella repressione del 1988. Dal punto di vista della retorica, dei diritti umani, della (non) libertà di stampa e di associazione la Birmania rimane un regime di matrice comunista. Se si eccettua la presenza delle multinazionali straniere, l'attività economica resta ampiamente nelle mani dello Stato.
I morti fatti dalle truppe che sparano sulla folla in Birmania non sono vittime di una generica «dittatura», ma di un regime post-comunista che è «post» solo in quanto almeno si vergogna d'invocare il nome del comunismo, pur mantenendone la sostanza. In Italia non ci si vergogna neppure del nome. (il Giornale)
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4 commenti:
Quando i carri armati sovietici soffocarono nel sangue la rivolta ungherese
Giorgione scrisse sul'unità che era stata la migliore soluzione per la pace nel mondo.
Voleva dire la pace eterna.
Ora Giorgione non scrive più sull'Unità ma rivolge appelli calorosi. A tutti.
E' un bel mondo. I palestinesi sparano. Israele spara. Gli iracheni sparano. L'America spara. La cina spara. Ora sparano anche in Birmania.
L'unico che non spara è Bin Laden. Lui manda i bombaroli. In mezzo ai civili.
La vera vergogna è che in Italia non ci si vergogna di essere comunisti,anzi...come si vuole portare in Italiauna corrente politica che nel 99% dei casi fa morire il popolo di fame??Non è proprio il popolo che dovrebbere trarre beneficio dal comunismo?Basta pensare a Cuba,è più fascista Fidel Castro di quanto non lo fosse Mussolini!Ma per favore...Io cmq nella politica ho smesso di crederci da molto tempo...Tutti mangiasoldi!!
Vero ci si dovrebbe vergognare solo ad essere apostrofati come comunisti.
Ma in Italia si sa: "loro" sono la razza eletta, i geni, i sapientoni, la cultura fatta persona.
Sarà ma io quando do del comunista a qualcuno è un po come dare del delinquente .. solo peggio.
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