Gentile prof, attenzione a non sembrare il bue che dice cornuto all’asino
Il pic nic sull’Aventino della borghesia italiana, che socializza o esternalizza gli oneri e privatizza gli onori, è una tradizione incrollabile nella nostra sessantennale storia repubblicana, come dimostra per esempio l’incapacità della Confindustria di darsi una leadership e una missione chiara e forte, oltre al tran tran concertativo. Questa caratteristica usanza forse ha origini ancor più lontane nel tempo. Il particolare Aventino borghese si organizza così: si sta un passo in politica e uno fuori, un passo in economia e finanza e uno fuori, un passo nella giustizia e uno fuori, un passo nella stampa e uno fuori. Per poter poi denunciare la politica che si atteggia a merchant bank, l’economia che opprime la politica, la finanza che è selvaggia, la giustizia che non agisce e la stampa che scodinzola invece di abbaiare, ma senza precludersi la via per trarre giovamento dalla politica, dall’economia, dalla finanza, dalla giustizia e dalla stampa così come sono qui da noi. Troppo facile, anche perché in Italia, e non solo qui, queste cose sono spesso indissolubilmente intrecciate. Il problema è che questa indole così italiana e trasformista, nel senso migliore del termine, e così naturale nel paese di Machiavelli, pervade troppa borghesia, coinvolge borghesi grandi e no.
Il professor Guido Rossi, però, dovrebbe essere immune da pigre tentazioni aventiniane. Lui, grande giurista, brillante argomentatore, temuto avvocato, ispiratore di controffensive giuridico-finanziarie (come nel caso Abn-Amro contro furbetti e furboni e politici), già senatore indipendente nel Pci, già presidente della Consob, già commissario della Federazione gioco calcio, già gran consigliere di aziende italiane e straniere, già presidente Telecom, già dispensatore di giudizi di bocciatura e di perdono di leader politici come, diciamo, D’Alema, insomma uno come lui, quando scrive nel suo ultimo libro che “nei rapporti fra politica ed economia, la prima ormai non indirizza più la seconda, le obbedisce senza discutere”, corre il rischio di passare per il bue che dice cornuto all’asino.
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5 commenti:
il foglio e la figura di merda che non appare sugli altri giornali
Con tutte le baggianate che dice, sempre comunque accreditate di grande intelligenza, vien da chiedersi che ne sarebbe di Giuliano Ferrara in un paese serio, cioè diverso dall'Italia. Una risposta giunge dalla Francia, dove il Molto Intelligente è stato appena condannato in appello (e dunque in via definitiva) dal Tribunal de Grande Instance di Parigi per contraffazione di opera d'ingegno e violazione del diritto d'autore ai danni di Antonio Tabucchi. Il fatto risale all'ottobre 2003, quando Tabucchi inviò un articolo a Le Monde, ma se lo vide pubblicato, in anteprima e senz'autorizzazione, sul Foglio (un correttore di bozze del quotidiano parigino l'aveva inviato per amicizia a Ferrara, senza prevedere che questi l'avrebbe fregato e messo in pagina). Ora Ferrara dovrà sborsare 34mila euro in tutto: l0mila di multa allo Stato francese, più 3mila per aver appellato temerariamente la condanna di primo grado; 12mila di danni a Tabucchi; 9mila per finanziare la pubblicazione della sentenza su Le Monde, Le Figaro e Liberation. Naturalmente, se Ferrara avesse vinto la causa, la notizia sarebbe uscita su rutti i giornali. Invece l'ha persa, dunque silenzio di tomba. Ma l'aspetto più interessante del processo non è la sentenza. È l'incredulità dei francesi - giudici, avvocati e giornalisti - di fronte a quel che dice Ferrara. Anzi, di fronte a Ferrara tout court, che al di là del Monginevro è visto come un fenomeno da baraccone. Il suo interrogatorio in tribunale è uno spettacolo da far pagare il biglietto. Nell'articolo rubato, Tabucchi ricordava i trascorsi di Ferrara come informatore prezzolato della Cia. Il giudice domanda all'interessato se la cosa sia vera. Ferrara risponde che sì, fu lui stesso a rivelarlo sul Foglio. Ma era una balla, che lui chiama «provocazione»: tant'è che – aggiunge - non ci sono le prove. La nuova frontiera del giornalismo da lui inaugurata - spiega - prescinde dalla verità. Figurarsi la faccia dei giudici parigini dinanzi a questo «giornalista» ed ex ministro italiano che si vanta di raccontare frottole sulla propria vita e aggiunge: trovate le prove di quel che scrivo, se ne siete capaci. Lo condannano su due piedi. Lui ricorre in appello, eccependo fra l'altro sulla competenza territoriale del Tribunale parigino, manco fosse Previti o Berlusconi al Tribunale di Milano. Eccezione respinta con perdite. Quanto al merito, ricordano i giudici di seconda istanza, il Molto Intelligente è colpevole per definizione: «II 4 novembre 2006 Ferrara veniva interrogato e sosteneva che in Italia è usanza giornalistica pubblicare documenti senza autorizzazione per rispondere a essi senza che la cosa comporti una contraffazione». Dopo aver finito di ridere, i giudici ribattono che pubblicare sul Foglio un articolo destinato a Le Monde «senza il consenso dell'autore né di Le Monde costituisce a pieno titolo contraffazione» e «non è seriamente sostenibile che un delitto di contraffazione sia legittimato da una sorta di diritto di replica preventivo rispetto alla pubblicazione». Ferrara, se voleva replicare a Tabucchi, doveva attendere che l'articolo uscisse su Le Monde. Il Tribunale aggiunge sarcastico che una diversa «eventuale usanza italiana, ammesso che esista, non si applicherebbe comunque al diritto francese». E conclude sottolineando «la piena consapevolezza che l'imputato (Ferrara, ndr} aveva del suo delitto e del cinismo con cui l'ha commesso», ergo «va dichiarato colpevole dei fatti a lui addebitati». Insomma: certi sofismi, furbate e corbellerie Ferrara li vada a raccontare agli italiani, che hanno smarrito il senso del pudore, della decenza e della vergogna. In Francia non attaccano. Infatti, riportando la sentenza, il Nouvel Observateur descrive Ferrara come nemmeno un giornale di estrema sinistra oserebbe dipingerlo. Cioè per quello che è: «maschera della tv trash», «specializzato nella denigrazione di chi si oppone a Berlusconi» e nel «servilismo giornalistico» che gli è valso la direzione di Panorama e del Foglio, sempre «indipendente come si può essere quando l'editore è la moglie di Berlusconi». Nessun accenno alla sua grande intelligenza. In controtendenza con la fuga dei cervelli dall'Italia, quello di Ferrara all'estero non lo nota nessuno. Non pervenuto.
Ucci, ucci, sento odor di Travagliucci.
la verità ti fa male lo so...
perchè invece di fare lo spiritoso non pubblichi anche queste notizie?
garantista dei miei zebedei!!!
Ho forse censurato quello che hai riportato?
Perché non precisi da dove hai preso l'articolo in modo che l'informazione sia più completa?
ti ho detto che hai censurato?
ho solo scritto PERCHE' NON PUBBLICHI ANCHE e ripeto ANCHE QUESTE NOTIZIE MENTRE PUBBLICHI SOLO CHE TI FA COMODO??
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