mercoledì 2 gennaio 2008

Lo tsunami in busta paga. Nicola Porro

Rispetto agli anni 80 la forza lavoro mondiale è raddoppiata. Cina, India e gli ex Paesi socialisti si sono messi a produrre beni e servizi da cedere sul mercato. Una parte di questa produzione è stata assorbita localmente dai nuovi entranti, un’altra grande fetta è stata collocata nelle economie già sviluppate. In questo scenario non ci sono protezioni che tengano. Abbiamo fatto finta di non vedere questo tsunami. E oggi chiediamo che «i prezzi diminuiscano e che i salari crescano». Perfetto. Chi non sottoscriverebbe proposte simili.
Il punto è che l’Italia produce ricchezza a ritmo rallentato e non può dunque redistribuire ciò che non ha creato. La responsabilità non è attribuibile solo al governo in carica. Ma le soluzioni che il gabinetto Prodi rincorre sono pessime. Ci fa credere che il miglioramento dei redditi degli italiani passi per un grande (l’ennesimo) accordo con i sindacati. Il tutto per spartirsi una torta che non cresce.
L’alleggerimento fiscale ha un immediato beneficio nell’aumentare il reddito disponibile. Ma il suo effetto più «rivoluzionario» è quello di mettere nell’angolo il ruolo dello Stato nell’attività economica. Riducendo le imposte agli italiani (imprese incluse) lo Stato si ritira. Ma non basta. L’impresa e gli italiani sono soffocati dalle regole. Viviamo, a tutti i livelli, in uno Stato di «polizia burocratica», che frena il nostro sviluppo. Defiscalizzare e deregolamentare sono gli unici strumenti che la politica ha per farci davvero ripartire. Ma paradossalmente regole e fisco sono i due nutrimenti preferiti dalla nostra politica.
Come si può pensare di contrattare il nostro futuro con il sindacato? In Italia esso rappresenta solo gli insider: coloro che riescono a proteggere relativamente meglio il proprio potere di acquisto e che sono difesi da un reticolo di norme corporative. Avviare un processo per recuperare potere d’acquisto affidandosi alla tutela sindacale è come affidare un harem a un playboy. (il Giornale)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Gli italiani sono ubriachi di povertà, e se ne sono accorti all’inizio dell’anno. L’Economist, il settimanale britannico che giudicava l’ex premier Silvio Berlusconi unfit, «inadatto» a governare l’Italia, si è accorto che gli italiani si sentono più poveri rispetto a qualche anno fa.
La spiegazione per l’Economist è semplice: è tutta colpa di Vincenzo Visco, il vicepremier ds con delega alle Finanze, e della sua stretta fiscale che ha portato nelle casse dello stato 25 miliardi di euro di extragettito nel 2007 e 36 miliardi nel 2006, «nonostante la leggendaria abilità degli italiani nel tenersi stretti le proprie ricchezze e i propri guadagni», sottolinea il settimanale.
…. ispezioni in negozi, bar e ristoranti e ha obbligato i professionisti a pagare con denaro elettronico e assegni. Peccato che «più della metà dei 40 milioni di contribuenti italiani siano lavoratori dipendenti e pensionati» e che siano stati loro a soffrire di più.
…. tanto che «perfino i sindacati chiedono tagli selettivi delle aliquote».
… come i contribuenti italiani siano «gravati in maniera irragionevole» da un carico fiscale senza precedenti»
Questa è l’Italia vista dall’Economist. Italiani sbronzi di povertà, governo sempre più vorace.
felice.manti@ilgiornale.it

Anonimo ha detto...

Gabriele Visco, figlio del viceministro dell’Economia Vincenzo, è stato assunto come dirigente da Sviluppo Italia, l’agenzia governativa che si occupa di attrazione degli investimenti ed è controllata al 100% dal dicastero di Via XX Settembre.

Il giovane manager, già in Telecom Italia, è stato inquadrato dopo un trimestre da collaboratore (1 luglio - 30 settembre 2007), periodo durante il quale ha percepito un compenso lordo di 46.250 euro. Un caso di nepotismo? A prima vista la risposta potrebbe essere affermativa. La scorsa estate Il Sole 24 Ore e Il Giornale avevano sollevato il caso denunciando la presenza di nomi «eccellenti» nella società guidata

Anonimo ha detto...

L’agenzia del ministero
di Visco ha assunto
un dirigente: VISCO jr

film: LA CASTA
interpreti: VISCO E FIGLIO
regia: ROMANO PRODI
supervisione: ULIVO
altri interpreti: il grande Circo Equestre del governo che presenta il KOLOSSAL con centinaia fra ministri, sottosegretari, portaborse, comparse, saltimbanchi e ballerine.
Produttori e finanziatori: i soliti fessi che pagano le tasse.

Anonimo ha detto...

a quando una bella inchiesta ( e un libro) su parentopoli.Forse dal 94 in poi è proprio il caso di dire:'''non ci sono piu'le tangenti di una volta'''.

Anonimo ha detto...

a quando una bella inchiesta(e un libro) su parentopoli.Forse dal 94 in poi è proprio il caso di dire:'''non ci sono più le tangenti di una volta'''.Forse Di Pietro aveva intuito che sarebbero state istituzionalizzate e sarebbe stato disoccupato,per questo è entrato in politica?Forse neanche Lui si spiegava come mai un ministro prende 300000eu l'anno e un boiardo nominato da Lui 1200000eu l'anno.Se non rientra nella magistratura ha sicuramente intuito il tutto.