mercoledì 7 novembre 2007

Durezza fasulla. Davide Giacalone

Adesso si gareggerà a chi ce l’ha più duro, il decreto espulsioni. Ma sono le teste ad essere dure, perché quella roba non funzionerà e non faremo quel che si deve. Anziché procedere da ubriachi, oscillando fra il pietismo e la faccia feroce, dovremmo prima di tutto chiarire chi e cosa intendiamo tutelare: i cittadini italiani, la loro sicurezza e gli immigrati che vengono qui per lavorare. Senza la prima cosa crescerà la xenofobia cieca, e senza la seconda continueremo ad importare delinquenti. Ferme restando le leggi civili e penali, la prima condizione è: chi viene deve mantenersi e vivere civilmente. La direttiva europea non prevede affatto che possa recarmi, io italiano, a Parigi e mettere su una baracca nei giardini pubblici, campando d’espedienti. Entro tre mesi o si dimostra di avere un reddito (regolare) o fuori. Su questo il decreto governativo è totalmente inutile.
I quattrini vanno dove il fisco è meno esoso, i delinquenti dove la giustizia fa ridere. I secondi vengono da noi. Tolleriamo reati a montagne, sulle strade e lungo i viali, dimostriamo che i controlli sono una burletta, il resto arriva da sé. Fra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è simile a quello degli italiani, ma i reati commessi da stranieri sono numerosissimi. Questo significa che c’è un sacco di gente irregolare, ed è lo Stato a fare cilecca. Ora, secondo il governo, li becchiamo la prima volta e gli diciamo, nella loro lingua, di andare via, non prima di un mese, se non lo fanno e li ribecchiamo ammenda fino a 2000 euro e galera fino a sei mesi. Se ne fregheranno, a parte il fatto che non li ribecchi con la stessa identità. Se invece li punissimo, e sul serio, per i reati commessi, se avessimo una giustizia che decide in tre mesi e non in dieci anni, quelli neanche si farebbero vedere.
Ma ora va di moda la durezza, quindi si può espellere, scavalcando la giustizia, chi ha un “familiare” che ha compromesso la dignità umana. Che non so cosa significhi, ma se vuol dire che espelliamo un violentatore e gli mandiamo al seguito moglie e figlie vuol dire che siamo matti. Vedrete che la pratica trasformerà il decreto in coriandoli, ci terremo la peggiore giustizia d’Europa e saremo, quindi, il Paese più insicuro, la pacchia dei delinquenti e l’inferno delle persone per bene.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

da LA NAZIONE
ALLA FINE, abbiamo quasi dovuto chiedere scusa. Quasi, ovviamente. Ma insomma, diciamo che gli indignati non siamo più noi, e che anzi abbiamo dovuto smussare l’indignazione dei nostri cugini romeni.

Strana storia quella nata dalla tragica e sanguinosa aggressione di Tor di Quinto. Una donna viene brutalizzata e uccisa da un giovane romeno. Ed è subito rabbia, paura, dolore. Si scoperchia il vaso. E’ vero, bisogna distinguere, ma la criminalità venuta da Bucarest è quella che più terrorizza, che più riempie le statistiche e le galere. Non una percezione, ma una realtà. Romeni o rom? Un po’ gli uni e un po’ gli altri. Insieme a tanta gente perbene che vuole solo campare e lavorare. Ovvio. Il Governo, prima assopito sui suoi disegni di legge anti crimine, si sveglia. Via al decreto che favorisce le espulsioni. La Romania non la prende bene, e neppure la sinistra radicale. Figuriamoci poi quando un gruppo di delinquenti aggredisce e ferisce gravemente tre romeni. Figurarsi quando un cretino mette una bombetta con relativa scritta razzista vicino a una salumeria «danubiana».

Ma allora chi è il cattivo? Il povero immigrato, vittima delle poche mele marce che si porta dietro, o il povero italiano vittima di qualche esaltato xenofobo? Tutte e due, ovviamente. Dunque, pari siamo. Loro hanno esportato in Italia i peggiori abitanti delle loro galere, noi abbiamo quattro fessi che fanno le ronde vestiti come Rambo. Uguale, no? Affatto. Perché i peggio siamo noi. Infatti, Bucarest si arrabbia perché vogliamo espellere i loro delinquenti, dunque turbare la pace ottenuta a spese nostre. Il Presidente della Repubblica si indigna, il Premmier si indigna, Rifondazione si indigna, il Manifesto pure, i Comunisti italiani anche. Risultato: espulsioni sì, ma mirate, collaborazione, appelli alla Ue, il Palazzo che si sbraccia a ripetere quanto sono buoni e bravi gli amici romeni. Per farla breve: una pena. Infatti, l’emergenza resta, l’Italia continua a non essere razzista, i romeni rimangono brava gente (è vero) tranne quelli che non lo sono. Tutto come prima. Forse peggio. Perché una volta che abbiamo tentato di fare la voce grossa (non xenofoba) per dire basta a quella parte dell’invasione che non è affatto pacifica, abbiamo subito fatto retromarcia. Il che indurrà chiunque a venire qui per commettere i suoi reati. E a protestare e a darci di razzista se alzeremo la voce. Salvo, poi, abbassare le brache.

Anonimo ha detto...

UN FUORI TEMA
Il fatto: il vice di D’Alema alla Farnesina è stato fotografato la mattina del 31 ottobre, all’arrivo per una trasferta ufficiale, mentre s’imbarcava con il suo staff all'aeroporto di Johannesburg su un volo privato. L’aereo era diretto in un posto magico ma poco istituzionale: il Sabi Sabi Resort Lodge, un paradiso selvaggio dove si ascolta il ruggito dei leoni e si vedono i bufali veri pernottando in una struttura di lusso. Qui hanno alloggiato, in passato, anche re Juan Carlos di Spagna con la moglie Sofia e la top model Anna Kournikova.

Il pacchetto, volo più safari, è all inclusive, tutto compreso. A quanto? «Qualche centinaio di euro», risponde al Giornale il capo di Gabinetto di Danieli.

Il fatto impone due domande: la prima, se il Safari di Danieli è stato a carico dei contribuenti o se è stato pagato a titolo personale. La seconda: il riposo dei giusti è cosa sacra, ma perché riposarsi prima di lavorare? E perché fare gite in sostituzione di visite di rappresentanza pagate dagli italiani?

Danieli era infatti arrivato quello stesso giorno a Johannesburg ed è partito per il safari (o zoo) direttamente dall’aeroporto. Quel pomeriggio era in programma una visita all’istituto Dante Alighieri di Johannesburg. Ma Danieli non si è visto.

Anonimo ha detto...

ZI'ROMANO FA 'R DURO!
ME PARE DE VEDE RASCELLE QUANDO CHE STAVA VESTITO COME 'NCORRAZZIERE SGUAINNAVA 'A SCIABBOLA E SE LANCIAVA AR GRIDO -AVANTI MIEI PRODI!-
SUBBITO DOPPO FACEVA 'N RUZZOLONE E S'ARITROVAVA DISTESO LUNGO LUNGO PE'TERA.
MA CHE STA A SUCCEDE?
ER NOSTRO AMATO PIERINO SE METTE A DISCUTE CO' GIANFRANCHINO SOTTO 'A DDIRREZZIONE DEVVESPA CHE JE DICE PIERINO A GIANFRANCHINO
-OH, MA CHE STAMO A SCHERZA'? QUA FAMO 'E COSE SUR SERIO. NNIENNTE DDECRETO MESOMMANO E VIA.NO. CARCIONE NER SEDERE E MENATI 'A FRONTIERA PE' 'A COLOTTOLA COMME FAMO 'A GATTI.
E GIANFRA' ARISPONNE -MOSTAMMO PROPPIO AVVEDE-
ENFATTI CHE SE' VISTO.
CHE ZI'ROMANO AFATTO LINCONTRO E PUNFETE! ARICORDANNO 'EMINNACCE DEFFERRERO CHE JE TOJE ER SEGGIOLONE SOTTO AR C... HA PENZATO
DOVE'O DEVO PIJA'?, NER SENZO CHEDDECIZZIONE ODAPPRENNE?
DETTOFATTO, DIFRONTE 'A'APORTRONA DER RESTO CHE ME FREGA?
A ACCOSSI' SE' CALATO LI CARZONI SE' PURO ABBASATO E' MUTANNE EQUINNI CIA' DETTO A QUELLO DE'ARROMMANIA -CO'MME NUN SE' SCHERZA. ACCOMMODATE PURE.
E CHE QUELLO 'NSE LLE'FATTO DI' DU' VORTE.
A SEENTI' STA' NOTIZZIA 'A SORA NENA AFFATTO 'NO STRILO DISSUMANO, TANTOCCHE' ER GATTO SE' SVEJATO E SE' MESSO A MAGNA 'A TRIPPA.
ORA LITALLIA E' SECURA. BASTA CHE UNO VADA APPASSEGGIA' DRENTO ER CARARMATO, BELORROBBUSTO, CO'ATORETTA GIREVOLE, 'A MITRALLIATRICE, ER CANONCINO ANTICARO E LI MISILI CRUIZZE.
STATE GAJARDI SEPPOTETE!

Anonimo ha detto...

Com’era bella (e democratica) la satira
una volta! …
C’era una volta la satira (quella di luttazzi e di benigni)

La regia adesso proietta un Crozza truccato da Veltroni che parla male dei comunisti («non sanno chi è Pizzaballa, non amano l’Equipe ’84!») e sostiene la tesi inverosimile che lui è stato comunista solo per errore: «Ero iscritto al Pci, ma credevo che fosse la Polisportiva Canottieri Italia!».
Il Veltroni-Crozza dice che lui aveva scambiato «le vittime dei Gulag per le Ombre rosse di John Ford».
Il vero Veltroni in studio è inquadrato di profilo. Terreo. …

Anonimo ha detto...

Da "Il Tempo"
Veltroni adesso scopre
che Rifondazione è un problema
«Mi sembra che Veltroni non si sia accorto dei veri problemi delle periferie romane», aveva detto Migliore lunedì scorso. «Non è affatto vero», ha ribattuto Veltroni ieri. Il capogruppo del Prc ha poi spiegato che, al di là delle considerezioni sulle periferie, c'è un problema politico che rende difficile per Rifondazione recepire il decreto. In particolare, Migliore ha fatto presente che, con quel dl, si rischia di andare verso espulsioni di massa dei romeni. Veltroni ha rassicurato Migliore che non vi saranno espulsioni indiscriminate, ma soltanto quelle di chi delinque.
Ma l'episodio è solo una spia dei futuri contrasti che potrebbero (il condizionale non è d'obbligo) tra il prossimo leader del centrosinistra e l'ala radicale.
Rifondazione in particolare, ma anche i Comunisti italiani, in questi giorni infatti ha imposto al governo i suoi aut-aut su Manovra e «pacchetto sicurezza», minacciando di volta in volta di non votare i provvedimenti e, quindi, di far andare sotto la maggioranza in Parlamento. Gli attacchi al sindaco e neosegretario della nuova «casa dei riformisti» dismostrano che le cose non cambierebbero (e non cambieranno) se e quando veltroni prenderà il posto di Prodi.

Anonimo ha detto...

CARMA RAGAZZI, CARMA
MO' ZI'ROMANO CIA' DETTO CHE SEMO TUTTI SECURI, TUTTI AR SECURO.
CIA' PENZATO LUI.
CE STANNO 'E NORME PE'A SICUREZZA.
MO' ZI' ROMANO ADDETTO CHE QUANNO CHE ARIVENO LI MASCARZONI NOI LI METTEMO 'NMANO 'N BERDECRETO DOVE CHE CE' SCRITTO CHE SMAMMINO SUBBITO.
E LUI CIA' GARENTITO CHE SE SQUAJANO ALLISTANTE. MORENO DA'A PAURA. PIJANO ER DECRETO E ... VA BE' ...
E CHE LLUI CE METTE A MANO SUR FOCO, COMME MOZZIO SCEVVOLA, CHE CE MANDEREBBE AGGRIRO,PURO DE NOTTE, ANCHE 'A FIJA SUA, MAGARI SCORTATA DA UN PROTONE DE CARRABBINIERI E DA 'N'ATOBRINDATA.
E CHI SCENNE DAR TRANVE SPECIE, DE NOTTE, SPECIE IN PERRIFFERIA E' SECURO, MA PROPIO SECURO SECURO, CHE NUNARITORNA PIU' A CASA. GARANTITO DA ZI'ROMANO, DAR SORCIO E DA WARTERE.
VOLEMOSE BENE.

Anonimo ha detto...

Il caso Romania e il decreto del governo

di Piero Ostellino
dal CORRIERE
È finita con la vittoria dell'Italia (minoritaria) — di Romano Prodi e della sinistra radicale — che pensa di poter convivere con le baraccopoli e di gestire in modo indolore l'immigrazione irregolare, sempre ai confini, se non oltre, del crimine, e la sconfitta dell'Italia (maggioritaria) di Walter Veltroni, della sinistra riformista e della stessa opposizione, che avrebbe voluto un'applicazione più stringente delle direttive dell'Unione Europea in materia di immigrazione. Sarà espulso solo chi delinque o rappresenta, genericamente, un pericolo per la convivenza civile, a giudizio della magistratura ordinaria, invece di chi, entro tre mesi, non riesca a dimostrare di avere un domicilio e un lavoro, a giudizio del giudice di pace. Una misura, quella adottata, già presente nel Codice penale — ci mancherebbe che non fosse punito chi delinque — o nelle disposizioni generali di ordine pubblico. Ha vinto la Romania — che, di fatto, espelle i propri delinquenti, sottoponendoli alla sanzione di leggi più severe delle nostre—e ha perso l'Italia che li accoglie con il lassismo della sua classe politica, con le proprie leggi, pasticciate e contraddittorie, con una magistratura troppo propensa all'indulgenza. Si è sacrificato il rigore del «governo della Legge» all’ambigua esigenza di salvare gli equilibri del governo degli uomini. Non è stato un bello spettacolo.

Eppure, era cominciata con un successo dell’Italia che, a fine partita, ha perso. Veltroni, dopo l'efferato assassinio di Tor di Quinto, era riuscito nella sua prima uscita importante da neosegretario del Partito democratico a imporre al governo un decreto d'urgenza sulla sicurezza in luogo del disegno di legge che si trascinava stancamente in Parlamento. Era proseguita con la disponibilità dell'opposizione a non respingere per principio l’intero decreto del governo, ma a collaborare con la maggioranza in Parlamento attraverso qualche emendamento che ne avrebbe rafforzato la portata. Ma, nella prospettiva di un accordo bipartisan, il presidente del Consiglio aveva opposto subito, nei confronti dell'opposizione, un radicale «facciano quello che vogliono »; come dire «da parte mia, farò quello che reputo conveniente» (salvo precisare ora di aspettarsi proposte concrete). Si è conclusa come ha illustrato il nostro Giannelli nella vignetta di ieri. Con Prodi che, davanti al presidente romeno, si sveste della sua precedente condizione di poliziotto armato di tutto punto.

La direttiva dell'Unione Europea si presta all’equivoco là dove il principio di legalità—l'espulsione, per legge, se entro tre mesi non si prova di avere un domicilio e un lavoro — si scontra con quello di legittimità, il diritto naturale dell'Individuo di non essere sanzionato se non in presenza di un reato. Da noi, con l'articolo 13 della Costituzione sulla libertà personale. Su questa ambiguità ha giocato la sinistra radicale, presentandosi come garante dello Stato di diritto di fronte a possibili arbitrii del potere esecutivo. Il rischio, in queste circostanze, era che si sacrificasse una libertà — quella dell'immigrato in via di espulsione — in nome di un'altra, il diritto alla sicurezza dei cittadini italiani. Ma, in uno Stato che voglia dirsi liberale, c'è sempre una gerarchia di valori, per quanto incommensurabili, con la quale bisogna che il governo pur faccia i conti. Invece, è esattamente ciò che il presidente del Consiglio ha mostrato di non voler fare, arroccandosi in una decisione tanto equivoca quanto utile solo a se stesso. E che lascia le cose come stavano. Molto rumore per nulla.