venerdì 16 novembre 2007

Il governo non cade ma Berlusconi è l'unico che fa politica. Giancarlo Loquenzi

L’esito della battaglia del Senato sulla Finanziaria somiglia molto da vicino alla vicenda delle ultime elezioni politiche. Il risultato numerico dice che la maggioranza ha vinto per due voti lo scontro con l’opposizione ma la sostanza politica mostra un governo sconfitto e una stagione finita. Per dimostrarlo basterebbe rievocare le parole di Dini e Bordon, che, parlando in aula dopo la maratona dei giorni passati, hanno ammesso che la maggioranza non c’è più. A completare il panorama di macerie lasciato dal voto di ieri si sono poi aggiunte le dichiarazioni, dello stesso tenore, dei senatori eletti all’estero, l’instabilità permanente dei mastelliani e l’allontanamento ormai irreversibile del senatore Fisichella.

Si potrebbe anche aggiungere che se Roberto Antonione di Forza Italia non avesse sbagliato il calcio di rigore nella finale dei mondiali (come sul campo di calcio è poi scoppiato in pianto dirotto), votando al favore dell’articolo sulla class action, molto probabilmente il governo non avrebbe visto l’alba di oggi.

Ma la somiglianza di questi due momenti non si ferma qui. E’ il ruolo giocato da Silvio Berlusconi che li cuce in un’unica narrazione. E’ ancora una volta il leader di Forza Italia che, da solo, ha fatto il possibile e l’impossibile per ottenere la sconfitta di Prodi. E’ lui che si è speso e che si è esposto in ogni modo per creare le condizioni della caduta di un governo già in bilico da tempo: ha scaldato i cuori dei suoi, sostenuto gli incerti, provocato i dubbiosi, parlando ogni giorno in modo trasparente al paese di quelli che erano i suoi intenti. In una parola lui ha fatto politica. E ancora come nel 2006 i suoi alleati sono stati a guardare: un giorno scettici, l’altro polemici, sempre silenziosi a tessere e strologare strategie alternative. Infine forse anche augurandosi la tenuta del governo, avendo abboccato alle facili analisi dei giornali che prevedevano un Berlusconi indebolito e arreso davanti alle previsioni mancate.

Le cose evidentemente non stanno così. Bastava vedere la performance di Ignazio La Russa a Porta a Porta ieri sera per capirlo. E’ arrivato col piglio battagliero per raccontare quanto il suo partito fosse pronto a fargliela pagare a quel rodomonte di Berlusconi. Poi quando i giornalisti invitati a commentare hanno cominciato a descrivere lo stato comatoso del governo e sostenere che la sua agonia si sarebbe solo prolungata di poco, La Russa è rimasto senza parole, essendosi da solo ficcato nel ruolo di chi doveva dimostrare che Berlusconi aveva perso e Prodi vinto.

Fini e Casini coltivavano insomma l’idea che fallito il fronte della lotta su cui avevano isolato Berlusconi, avrebbero, al momento giusto, dominato quello della trattativa. Ma le cose non stanno così per ragioni del tutto evidenti a chi non è costretto ogni giorno ad inventarsi un retroscena. Se si apre un tavolo sulle riforme e si presenta la necessità di un’intesa bipartisan, le carte in mano le hanno ancora tutte Berlusconi e Forza Italia. In quella partita gli interessi prevalenti e la forza necessaria ad imporli sono quelli dei due partiti maggiori, Pd e Fi. Gli alleati possono fare tutti i volteggi di cui sono capaci ma alla fine si accorgeranno di non avere vie di fuga plausibili. Berlusconi ha intatta la possibilità di convogliare la confusione veltroniana sulla riforma elettorale verso esiti a lui più favorevoli (più spagna, meno germania); mentre gli spazi di manovra delle formazioni minori, chiuse tra la tenaglia del referendum e gli esiti incerti della trattativa, si faranno sempre più ristretti. Tanto che alla fine potrebbe essere interesse dei piccoli partiti e delle nuove micro-formazioni di maggioranza e di opposizione, andare a votare subito con la legge attuale.

Certo qui si presenta la vera difficoltà per Berlusconi a questo punto. Sapere con altrettanta destrezza incarnare un partito di lotta e di trattativa. Deve riuscire a incassare tutti i risultati politici che il terremoto della Finanziaria ha lasciato sul campo, renderli permanenti e rafforzarli. Ma allo stesso tempo deve saper cogliere il momento giusto per prendere in mano le fila di ogni possibile trattativa che di qui a poco si aprirà sul fronte delle riforme. Non è un’impresa facile, ma le parole di Gianni Letta riportate ieri dal Corriere della Sera (“occorre definire insieme le regole del gioco”) fanno capire che questa dimensione non è affatto estranea alla politica berlusconiana.

Ora la delusione del momento troverà il suo naturale deflusso nell’iniziativa di piazza che Forza Italia ha organizzato in tutta Italia per raccogliere lo scontento crescente dei cittadini verso il governo Prodi. Sarà il giusto epilogo di una fase di lotta che ha fatto breccia ovunque possibile.

La finanziaria approvata non rende il governo più forte, semmai più ricattabile, impopolare e dannoso. Si può cambiare passo, ma la direzione è la stessa. E l’unica “pagina da voltare” , per dar retta a Gianfranco Fini, rimane quella dell’era Prodi. (l'Occidentale)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie zi’Lamberto,
che penza e ripenza all’urtimo momento ciai voluto ripenzà.
E a furia dà ripenzà quer poppolo che saspetava datte unatto de coraggio jai fatto cascà tutte’speranze. Ma che nun lo dicco co’spirrito de’ppartito, ma penzo solo che tutta l’Itallia stava addipendè datté. Ossì va de qqua e si va dellà. Ette sei annato dellà.
Nun pe’ discute quelo cha te pareva da fa’, ma ce’o sai che sembrava de legge ‘e carte quanno se fa’ ‘na partita a pokere?
E vabbè. Che uno a da fa’quer che je pare, però nun me pare ggiusto tenè ‘e perzone sur filo, che dice – ‘o mollo? no lo mollo? … e avanti … e avanti … e poi ala fine là mollato. E ddai!
E vabbè. fortuna che da mo’ in poi ‘e cose anderanno mejo dde prima.
A delinquenzza a mettemo subbito a posto.
Li penzionati moreno prima de Natale e accossì er probblema è risorto.
Pe l’imigrazzione er governo aggià espurso un cane randaggio che veniva delleste, fatto tutto in reggola che aveva rubbato ‘e sarsicce ar salumaro, macchè poi tutto è stato acantonato pevvia de le purci che ce naveva tante e l’espurzioni di massa nun so’amesse da er reggolamento dell’unnione europpea.
Tappo, er cane de’a portinara cià reggolare permesso de sogiorno.
Amezanotte Vischio s’arza in volo e ariva in tutte le case a fa’ er solito prellievo de sangue.
Semo già entrati in lunna nova e speramo che non venga la luvione. Ce mancheresse puro quela!

Anonimo ha detto...

Dini: «Se cade il governo Prodi,
esecutivo istituzionale con Marini»
Il senatore: «Sarebbe l'ipotesi più naturale». Un Prodi-bis? «Non risolverebbe i problemi del Paese»


Lamberto Dini (Inside)
ROMA - Quale dovrebbe essere lo scenario politico nel caso in cui il governo Prodi dovesse cadere? Secondo Lamberto Dini, un esecutivo istituzionale con a capo l'attuale presidente del Senato Franco Marini. «Se dovesse esserci una crisi di governo - dice Dini - l’ipotesi più naturale sarebbe quella di un governo istituzionale e penso che il presidente del Senato sarebbe la prima persona a cui il presidente della Repubblica dovrebbe pensare». Lo dice il senatore liberaldemocratico Lamberto Dini a Otto e mezzo, su La 7. Dini, inoltre, ha ribadito la propria intenzione a «non entrare in questo governo e men che meno in un governo Prodi rimaneggiato, perchè non potrei più dire quello che penso veramente». Non solo: un eventuale Prodi-bis «non sarebbe in grado comunque di risolvere i problemi del Paese».

dal Corriere d. sera

Anonimo ha detto...

Carissimo maurom
ci conosciamo da poco tempo.Mi fa piacere di aver trovato una persona che subito è entrata in sintonia con me.
Come avrai ben capito non sono uno sfegatato della politica, ma i fatti li vedo e cerco di dare loro un significato.
E quale migliore mezzo puoi trovare per guardare la realtà, tirare le somme, dare qualche frecciata, di una "pasquinata"?.
Il mondo non lo cambi, ma qualche pulce nell'orecchio la puoi sempre mettere a chiunque.
E così, fino a che mi sarà possibile, cercherò di visitare il tuo "liberalissimo" blog, dove tutte le ide sono ammesse e rispettate. Proprio come è sempre piaciuto a me.
Ti ringrazio per il tuo apprezzamento che mi lusinga. Sei una persona gentile.
Ti saluto con amicizia.
E ci metto una firma
(convenzionele)
Zeus

Anonimo ha detto...

Luna indifferente / Materna sensualità / Velo trasparente / Severo abbandono
Sandro Bondi

alla Prestigiacomo

Anonimo ha detto...

Il più bel libro mai scritto su Bellachioma (a proposito: è ora di rinfoltire un po') è la biografia non autorizzata di Giuseppe Fiori. Ha un solo difetto: s'intitola «II grande venditore», mentre tutti sanno che il Cavaliere è, sì, bravo a vendere, ma molto più a comprare. O meglio, lo era. Ora la notizia che il senatore Nino Randazzo - 75 anni, originario di Salina, emigrato tanto tempo fa in Australia, già direttore del quotidiano Il Globo, da cui s'è dimesso l'anno scorso per evitare il conflitto d'interessi quando è stato eletto con la Margherita nel collegio Asia-Africa-Oceania-Anttartide - ha respinto le sue avances, rischia di rovinargli la piazza. Anzitutto perché un giornalista italiano, per quanto emigrato, che non si fa comprare da Berlusconi è una rarità: in Italia ci sono giornalisti che si vendono ancor prima che qualcuno li compri (pagherebbero per vender­si, come diceva Victor Hugo). E poi perché le offerte del Cavaliere, di solito, non si possono rifiutare. Infine perché le motivazioni del «no» di questo galantuomo d'altri tempi, dopo la «colazione di lavoro» a Palazzo Grazioli, devono avere sconvolto il nostro ometto di Stato, abituato a misurare tutto in moneta sonante: «Gentilissimo presidente - gli ha scritto Randazzo - nel ringraziarla per la squisita ospitalità, le ribadisco la mia ferma convinzione a non venir meno all'impegno preso con la base popolare che mi ha eletto». Ah, i bei tempi in cui nessuno resisteva alle profferte berlusconiche. Arrivava in cantiere la Guardia di Finanza? Lui prendeva il capopattuglia Massimo Berruti, gli raccontava un sacco di balle, quello se le beveva e poi andava a lavorare alla Fininvest. I finanzieri tornavano in Fininvest anni dopo? L'apposito manager Sciascia allungava loro una bella mazzetta da 100 milioni, così a quelli si appannava la vista e giravano i tacchi. I giudici scoprivano la tresca? L'apposito fratello Paolo correva in Procura a confessare (ai giudici bastava guardarlo in faccia per capire che non aveva fatto nulla: non apposta, almeno). I pretori sequestravano gl'impianti delle tv Fininvest fuorilegge? L'amico Bettino rientrava precipi­tosamente da una visita di Stato a Londra e faceva un decreto su misura. Qualcuno proponeva una vera legge antitrust? Bettino ne imponeva una finta, spalleggiato da Forlani e Andreotti, poi riceveva in Svizzera 23 miliarducci dall'amico Silvio. E come dimenticare i bei tempi in cui l'Alitalia spostava le rotte aeree da Segrate ancora deserta, dirottan­dole su un centro già abitato, per non disturbare la futura Milano 2 che ancora non esisteva? Per non parlare di quando il giudice Vittorio Metta prese la Mondadori dalle tasche di De Benedetti e la trasferì in quelle di Berlusconi, mentre gli avvocati della Fininvest - Previti, Pacifico e Acampora - si sdebitavano col giudice a botte di 400 milioncini: gli scrivevano persino la sentenza, perché non dovesse faticare troppo. Quando poi lasciò la magistratura, l'ex giudice trovò un lavoro ben pagato nello studio Previti, per sé e per la figliola Sabrina. Ah, i bei tempi in cui Dell'Utri pretendeva 700 milioni in nero da un imprenditore, quello non pagava nemmeno sentendogli dire «abbiamo uomini e mezzi per farle cambiare idea», poi gli capitò in casa il capomafia di Trapani, Vincenzo Virga, per convincerlo. Ora non è più così. Ora il già irresistibile Silvio, a 71 anni, comincia a trovare pane per i suoi denti, il grande seduttore non seduce più, il grande comunicatore non comunica più, il grande compratore non trova più nessuno da comprare, forse perché quelli comprabili li ha già comprati. E non c'è più nemmeno uno stalliere da mandare in giro a persuadere i riottosi. Magari il governo cadrà lo stesso, perché la maggioranza è un'armata Brancaleone: ma Bellachioma non potrà rivendicarne il merito, perché la poderosa campagna acquisti, che per mesi ha alimentato le leggende dei Minzolini e degli altri retroscenisti di corte che giuravano sui 5 anzi 10 anzi 15 senatori ingaggiati dal loro idolo, è miseramente fallita. Vien da sorridere, semmai, per l'inesauribile masochismo dei centrosinistri, che continuano a offrirgli il dialogo mentre lui tenta di comprargli i senatori; che seguitano immarcescibili ad assecondarlo sulla ridicola norma «antiribaltone» mentre lui prepara il ribaltone. E lo fanno pure gratis.

Anonimo ha detto...

Oggi pe’ ffortuna ce stanno novità.
Ce sta er novo governo de zi’Romano, novonovo, luccidato, rattoppato co’e pecette, ma rinnovato tutto da capo. Tutto da capo ner senzo che drento ce stanno sempre li stessi.
E ‘a novità quallè? Che fanno sempre ‘e stesse cose. Sta lì la novittà. A cambbia so’ bboni tutti. Loro ‘nvece nun cambieno mai. So’ er mejo der mejo. E se so’ er mejo der mejo, che s’àdda cambbià? Nniente!
‘A parte che vva mejo de tutte èlla fenanza.
Ano fatto er miraccolo de fa' rincarà tutto. Aggente è 'mbervita. Se sa che è gnorante.
Dice Stioppa che sé visto arivà ‘na pioggia de mijardi da ‘nsape dove metteli. Loro sanno sortanto che cellanno suchiati annoi.
Vischio se riconta che afatto ‘na pololiteca Specciale.
Stioppa arinovato er consilio dela Rai.
Pecato che so’ stati stacolati da gente gnorante che ja fatto a lloro girà li co… ma er monno, se sa, è fatto de perzone cattive.
Quer povero Stioppa lanno bociato puro dar Tarre che sarebbe una speccie de tribbunale dove che se te me rompi amme poi io te rompo a tte. Chiaro? Inzomma quarcuno sé rotto eladdato quarche sganassone.
Ora poi er governo sé sarvato per via che iLamberto diceva de no ma ppoi addetto de sì e alora er governo è sempre lì. Labiamo scampata bella!
Ma Berlosconi addetto che è ggià stecchito e ja prepparato un funnerale de primma crasse. Che iLamberto chepprima ciaveva detto sì (ar governo)mo’ a aridetto no!
Come se ddice –Nun se mmove ffoja che Llamberto nun voja.
E quando er bonDio vo’ ffa quarcosa je chiedde rispetosamente erpermeso.
E Berloscone, fra una zuffa co’ Gianfranco e una strilata co’ Pierfeddennando chesè sposato dde fresco e che … lasciamo perde, agguardato nella sfera de cristallo de ‘na zingara de Tordequinto e addetto … mbe … e leggeteve li ggiornali. Nun ve posso di’ tutto io!
E allora iLlamberto addetto che butta giu zi’Romano, ma che dopo avecce dato a tuti noi sto dispiaccere vorebbe mette su un certo Marini. Ma questo visti tutti li casini (non aludevo a quelo) che stanno a scopià a detto –chi me ‘o fa fa?
Per le indaggini della polizzia comprateve er giornale che costa solo uneuro.
Tappo, er cane de’a portinara sta gajardo che ‘a padrona è contenta.
A sora Nena ‘nvece cià sempre quelli lì e a mannato er marito a quer paese.
Buricchio stava aggiro pe li tetti a mezanotte e avvisto Vischio che volava famelico inzieme a li compari pippistrelli. E che llui sé ‘mpaurito, affatto un tuffo ne’'a cuccia e 'nsè più mosso.
Sulle arpi cade la neve. Si sconsiglia d' annà ‘ngiro 'a notte, specie se ciai solo er costume da bannio. Speramo che non caschi zi’Romano che li posti libberi ar pronto socorso nun ce stanno. Arivedecce
zeus

Anonimo ha detto...

ESEMPI ENCOMIABILI DI SPIRITO DEMOCRATICO DELLO SQUADRISMO DI PARTE.

C’è chi dà l’assalto ai gazebo di Forza Italia per mandare a casa il governo Prodi. E c’è chi dà l’assalto ai gazebo per impedirlo. Accade a Milano come a Roma, Lucca e Lecce. Episodi di intolleranza firmati dai soliti ignoti. Quelli che nel capoluogo lombardo bruciano il banchetto per le firme in quel di piazza De Angeli - «danni pochi, paura tanta e una firma dopo l’altra di chi non ne può più di questi estremisti con amici nei Palazzi romani» annota l’azzurro Alan Rizzi -, mentre a Roma dopo aver distrutto il gazebo allestito in via Conti hanno pure «aggredito gli attivisti di Forza Italia impegnati nella raccolta delle firme» fa sapere Beatrice Lorenzin, coordinatore dei giovani azzurri.

Violenza della sinistra che a Lucca tenta di dar fuoco a una bandiera, «è solo un caso se non c’è scappato qualche ferito» commenta Maurizio Dinelli, capogruppo alla regione Toscana. Già, se non ci fosse stato «l’immediato intervento dei giovani presenti, l’intera struttura avrebbe preso fuoco»

Anonimo ha detto...

... a Firenze accade che i vigili verifichino «centimetro per centimetro, l’occupazione del suolo pubblico da parte dei gazebo azzurri». Escamotage estremo per impedire una firma in più contro «la fallimentare stagione del governo».

Anonimo ha detto...

La finanziaria del 2006, la prima del governo Prodi elaborata dal ministro Tommaso Padoa-Schioppa «alleggerisce» anche la tredicesima. Già vessati da tasse locali e rincari di vario genere i contribuenti avranno a Natale tredicesime più leggere. E non solo i «riccastri» (che secondo il governo di centro sinistra sarebbero quelli con redditi superiori ai 40mila euro) ma praticamente tutti i lavoratori dipendenti, già vessati dal prelievo sicuro e automatico alla fonte. ...
A Natale inoltre arrivano anche le consuete scadenze fiscali, quali tasse e Ici, rate e canoni, che ridurranno quasi completamente (Adusbef stima all’88%) la tanto attesa gratifica natalizia.

CHE PACCHIA!!!

Anonimo ha detto...

Una Opinione.
Dini non e' un liberal-democratico, invece e' un PESCIOLINO PILOTA di quel grosso SQUALO TIGRE che e' l'ex partito COMUNISTA che ora CAMBIA la sua PELLE di SERPENTE per diventare PD.
Gli altri PESCIOLINI PILOTA dello SQUALO sono in PRIMIS il falso ambientalista PECORARO SCANIO i RADICALI radicalizzati e tutti i PARTITINI della galassia SINISTRA.

LIBERALISMO e DEMOCRAZIA sono cose diverse da tutti loro.