Nel dibattito sul clima una cosa è certo: i buoni sono loro, i cattivi noi. I buoni sono scienziati disinteressati pronti al sacrificio umano e personale per salvare il mondo, i cattivi sono le industrie e i loro tirapiedi o utili idioti, che negano l’evidenza. I buoni sono onesti ricercatori, i cattivi parte di un complotto. Le informazi0ni trapelate con la diffusione di una banca dati immensa, zeppa di scambi privati di email tra superstar del clima politicamente corretto, cambia tutto. Qui la ricostruzione di Andy Revkin. Qui Julie Walsh per la Cooler Heads Coalition. Qui Claudio Gravina e Guido Guidi, e qui Guidi, su Climate Monitor. Qui Piero Vietti sul Foglio.
Intendiamoci: la diffusione di scambi privati di email è un fattaccio di cui non possiamo essere contenti. Di questo bisogna tener conto. Così come bisogna tener conto del fatto che il linguaggio colloquiale è diverso da quello formale, ha le sue regole, per cui espressioni che in altri contesti suonerebbero come una “pistola fumante”, qui sono più o meno innocenti. Quindi, non cerchiamo e non troviamo smoking guns. Resta però il fatto che diversi scienziati, alcuni tra i più reputati autori dei rapporti Ipcc, discutono tranquillamente di quali “trucchi” utilizzare e di come “nascondere i dati”.
Io non mi scandalizzo. Il mondo è fatto così. Certo, però, tutti quelli che hanno fino a oggi tagliato la realtà in due col coltello, dovrebbero fare un esame di coscienza. Scienziati, giornalisti, politici e semplici cittadini che hanno sempre pensato che la buonafede stesse di là e la malafede fosse di qui, oggi hanno la prova provata che così non è. E soprattutto hanno la prova provata che i documenti che, per convenzione, prendiamo per buoni, sono in realtà opera di esseri umani, con tutte le loro debolezze e tutte le loro tentazioni. Il mondo reale è complesso, e la storia che oggi emerge ricorda la storia, sicuramente più estremizzata, tessuta dal compianto Michael Crichton nel suo splendido Stato di paura.
Tutto questo, va da sé, non mette in dubbio le conoscenze sul clima, né l’esistenza del “consensus”. Mette in dubbio, però, l’onestà intellettuale di molti generali dell’esercito allarmista. E quindi, sulla validità dei documenti da essi redatti, come i famosi “Summary for Policymakers” dell’Ipcc, che oltre a essere le uniche parti realmente lette da opinion- e policy-makers, non sono opera dei 2500 scienziati che vengono spesso sbandierati, ma di una cinquantina di essi. Quando si vedono le teste d’uovo lamentarsi del fatto che il clima non segue i loro modelli, e dunque interrogarsi su come far scomparire la realtà tra le pieghe dei loro risultati allo scopo, si presume, di non ridurre la pressione sull’opinione pubblica, viene da chiedersi su cosa poggino le costose politiche che l’Unione europea ha adottato, e che altri nel mondo vorrebbero adottare.
Non si tratta di negare il global warming o la sua componente antropogenica. Si tratta di chiedere, agli esperti, onestà e chiarezza, inclusa la necessaria trasparenza rispetto ai punti ancora incerti del dibattito. E poiché l’incertezza non può essere ignorata, essa pure va considerata nelle politiche. Se le certezze ostentate dagli uomini politici, e la sicumera di certi scienziati che fanno politica, cederanno il passo a un atteggiamento più umile e razionale, anche questa (di per sé brutta) vicenda sarà servita a qualcosa. Dal male, a volte, può sorgere il bene. (Chicago-Blog)
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che blog di merda
Gli ambientalisti e la loro montagna di bufale
(dal blog di Mitchell Steadman)
da Ambientalismodirazza.blogspot
Gli ambientalisti hanno sempre usato le bufale per tentare di fermare il progresso in America. Prima dell’avvento della bufala del cosiddetto riscaldamento globale, si possono citare dozzine di altre bufale scaturite dal mondo ambientalista negli ultimi due secoli. Tutte queste bufale sono state all fine smascherate ma una rimane ancora in auge.
Ecco un breve elenco delle principali bufale ambientaliste.
1. Nel 1820 vi erano 1 miliardo di abitanti sulla Terra. Gi ambientalisti dissero che si doveva trovare il modo di mettere al mondo non più di un altro miliardo di persone, poiché la Terra non ne poteva ospitare più di 2 miliardi. Siamo a settembre 2008 e vi sono 6.677.563.921 di persone sulla Terra. Gli ambientalisti ante-litteram si sbagliavano.
2. Nel 1860 l’anarchico Henry David Thoreau, un altro famoso fanatico alla Al Gore, scrisse libri su come stavamo distruggendo il pianeta. Thoreau pretendeva che si smettesse di tagliare gli alberi. Al 2008 tutte le sue previsioni si sono rivelate infondate.
3. Nei primi anni del ‘900 una moltitudine di cosiddetti scienziati ed ambientalisti intelligenti fecere previsioni su come l’uomo avrebbe cessato di esistere entro il 2000. Molti di questi fanatici erano inglesi ed Oscar Baumann a Londra coniò la parola ‘smog’. Da allora i fanatici ambientalisti hanno usato questa parola a scopo di propaganda. Dicevano che avremmo cessato di esistere a meno che non si smettesse di avere figli e se se non si fermavano le fonti che producevano smog. Siamo al 2008 e l’aspettativa di vita delle persone è più alta che mai.
4. Nel 1933 gli ambientalisti di American Environmentalist si accorsero che non vi erano progressi nel campo della distruzione della civiltà umana perché stavamo ancora mettendo al mondo bambini (bestiame ai loro occhi), così fecero lobbismo presso i loro politici corrotti affinchè fosse approvato l’Agricultural Adjustement Act. In effetti questo provvedimento passò. QUESTA LEGGE PREVEDEVA SIA LIMITI ALLE PRODUZIONI AGRICOLE SIA AL BESTIAME CHE I CONTADINI POTEVANO DETENERE. Perché vi chiederete ! Il loro scopo finale era il deperimento dell’agricoltura americana, smontandola un pezzettino alla volta. La salvezza dell’ambiente, del suolo e dell’erba era la loro scusa per giustificare questa legge di stampo Marxista. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt fu felice di approvare questa legge, anche se a quel tempo l’America stava uscendo dalla Grande Depressione che aveva causato già il 25% di disoccupati fra le forze lavoratrici. Gli ambientalisti furono felici di presentare l’Agricultural Adjustement Act al Presidente Roosevelt allo scopo di far aumentare il numero di disoccupati fra i contadini. Più disoccupati voleva dire che meno persone avrebbero avuto figli, secondo gli ambientalisti.
5. Verso la fine degli anni ’60 e all’inizio dei ’70, gli ambientalisti cercarono di convincerci che il pianeta stava andando verso una fase di raffreddamento globale. Non c’è nulla di sbagliato in una affermazione del genere, solo che questi dicevano che la gente era la causa per la quale la Terra si stava raffreddando (C’è bisogno di aggiungere altro ?).
6. Verso la fine degli anni ’70 e all’inizio degli ’80 dopo il fallimento della campagna sul raffreddamento globale, gli ambientalisti dissero che le piogge acide ci avrebbero ucciso e avrebbero inquinato tutte le riserve idriche se non si fossero chiusi gli impianti industriali. Non c’è bisogno di dire che le industrie non sono state chiuse perché la gente ha bisogno di lavorare per portare cibo a casa e questa ulteriore previsione si dimostrò una nuova bufala.
L’ultima bufala degli ambientalisti potrebbe essere la rovina finale dell’America se non togliamo la testa da sotto la sabbia: il Riscaldamento Globale ! Di tutte le bufale scaturite dal cappello degli ambientalisti, questa è la più pericolosa. Anche i peggiori insegnanti stanno oramai convincendo gli studenti che è colpa delle persone se la Terra si sta riscaldando.
Questi sono i fatti ! La temperatura della Terra è aumentata mezzo grado. Molto di questo riscaldamento si è verificato prima della Seconda Guerra mondiale secondo la NASA. C’entrano qualcosa gli uomini e le emissione di CO2 ? Ben tre eruzioni vulcaniche in Indonesia (1883), Alaska (1912) e Islanda (1947) provocarono l'immissione nell’atmosfera di anidride carbonica e solforica in quantità maggiori rispetto a tutte le attività industriali umane.
Il Partito Democratico ha sfornato in America di volta in volta quelli che avrebbero assunto il ruolo di guru della religione ambientalista, e questi oggi è Al Gore. Nel 2004 uno tsnumani uccise oltre 200.000 persone: Al Gore disse che era colpa del Riscaldamento Globale (come può la temperatura dell’atmosfera causare un terremoto sottomarino ?). Non farci ridere, Al Gore. Nel 2005, dopo il disastro dell’uragano Katrina, di nuovo Al Gore disse che era colpa del Riscaldamento Globale. Disse anche: “Se pensate che il 2005 sia stato un anno duro per gli uragani, non sapete ancora cosa ci aspetta l’anno prossimo”. Ebbene, nel 2006 non un singolo uragano colpì le coste statunitensi. In effetti il 2006 è stato uno degi anni migliori per l’assenza di questi eventi climatici. Cosa è successo, Al Gore ?
Ora si sa che ha vinto il Premio Nobel per la Pace, come Jummy Carter e Yasser Arrafat. Il Premio Nobel per al Pace ha perso credibilità già da molti anni. E’ in effetti ora un premio politico. Se un terrorista come Arafat può vincerlo allora può vincerlo anche Al Gore.
Ora se il mondo non farà qualcosa per opporsi alla bufala del Riscaldamento Globale ci saranno sempre più tasse. Con i soldi degli americani il Partito Democratico rimpinguerà le casse degli ambientalisti. Li devono fare felici perché sono un grande bacino di voti per il partito Democratico. I voti sono potere e questo il Partito Democratico è tutto ciò che vuole. Infine, non si vede molta luce in fondo al tunnel. In effetti la psicosi ambientalista può aver alla fine trovato un modo per annichilire le potenzialità umane. Con le industrie che devono rallentare o chiudere a causa delle emissioni di CO2, molte persone perderanno il lavoro e tutto a causa di una misera bufala ! Senza soldi in tasca, molte persone dovranno rinunciare ad avere figli. I figli saranno guardati come una fonte di spese (e questo è quello che gli ambientalisti hanno cercato di ottenere da 100 anni). La gente senza lavoro alla fine potrebbe anche deperire e morire, con vera gioia da parte degli ambientalisti.
Ora si sa che il Partito Democratico è pro-scelta invece che pro-vita. Se fosse per gli ambientalisti, tutte le madri dovrebbero abortire ! Gli ambientalisti odiano le persone. E ai bambini che sono nati loro vogliono fare il lavaggio del cervello. Non puoi più nemmeno guardare un cartone animato o un film coi tuoi bambini senza che ci sia un qualche motivo di politica ambientale in sottofondo. I bambini tornano a casa da scuola e dicono ai genitori che stiamo uccidendo gli Orsi polari.
GLI ORSI NAUFRAGHI SONO UNA BUFALA.
Il 21 agosto scorso la foto di un orso polare che annaspava in mare finisce sulle prime pagine dei quotidiani di mezzo mondo, Italia compresa. L’istantanea «ripresa da un elicottero di ricercatori scientifici», sembrava avere tutte le carte in regola per diventare la nuova immagine-icona dei catastrofisti ambientali in servizio attivo permanente. Roba da scalzare perfino l’immagine dell’uccello ricoperto di petrolio durante la Guerra del golfo (poi si scoprì che il pennuto era stato «annerito» apposta per rafforzare il concetto di devastazione naturalistica. Ma questa è un’altra storia).
Guardate - sembrava urlare l’orso alla deriva - per colpa di voi uomini, rei del riscaldamento globale, il ghiaccio mi si sta sciogliendo sotto i piedi (anzi, sotto le zampe) e per me ormai non c’è più scampo.
«È questione di ore, e l’orso morirà», sentenziava un po’ frettolosamente il Wwf; e con lui sarebbero dovuti perire anche gli altri otto mammiferi dal pelo bianco che si trovavano nelle sue stesse condizioni: tutte vittime designate dall’estinzione del loro habitat naturale, drammaticamente liquefatto dagli eccessi della civiltà industriale. Stranamente, però, trascorrono le settimane e dei nove orsi non si sa più nulla. Neanche lo straccio di un filmato o di un’istantanea che documenti la loro triste fine. Nessuno si occupa più di loro. Spariti da giornali e televisioni. Oggi sappiamo perché. Quegli orsi, probabilmente, sono vivi e vegeti su chissà quale iceberg nel mare di Chutki in Alaska.
A ricostruire dettagliatamente la vicenda è stato il sito Svipop (Sviluppo e Popolazione) attraverso una newsletter dal titolo eloquente: «La mega-bufala degli orsi polari: ecco le prove».
Data di inizio del caso: lo scorso 21 agosto. La sezione Usa del Wwf segnala che 9 orsi sono stati avvistati in Alaska, a nuoto nel Mare di Chutki. «È la notizia che dà il via alla grande truffa mediatica dell’estate - denuncia su Svipop l’ingegner Maurizio Morabito -. Giornali inglesi e italiani ingigantiscono la storia con particolari totalmente inventati e ipotesi romanzate».
Il via alla corsa a chi la spara più grossa parte da un comunicato stampa interessante quanto drammatico. Titolo: «Una serie di orsi polari avvistati mentre nuotano a molte miglia dalla costa dell’Alaska»; sottotitolo: «Esperti locali sul posto dicono che la perdita del ghiaccio marino minaccia la sopravvivenza degli orsi».
La sentenza degli ambientalisti non prevede appello: «Trovare nove orsi in mare nello stesso momento indica che il ghiaccio su cui vivono e su cui cacciano continua a sciogliersi».
Il Wwf promette aggiornamenti appena possibile, e finisce con un professor Richard Steiner del programma di consulenza marina dell’Università dell’Alaska che afferma che gli orsi sono in «serio pericolo perché hanno bisogno di ghiaccio marino, e il ghiaccio marino sta diminuendo». Secondo Steiner, quanto sta accadendo dovrebbe convincere chi «ancora non crede al riscaldamento globale e all’impatto che sta avendo nell’Artico».
A una settimana dalla notizia del Wwf, il quotidiano londinese Daily Mail pubblica un articolo firmato Barry Wigmore: «La struggente immagine degli orsi polari con 600 chilometri da nuotare fino al ghiaccio più vicino». A corredo dell’articolo, l’immagine di un orso polare a occhi semichiusi, rivolto verso la fotocamera in un mare con diverse onde basse, e molte increspature (come se la foto fosse stata ripresa da un elicottero a bassissima quota).
Le bufale della scienza
Il riscaldamento globale è un bidone. La clonazione è una patacca. Il DDT fa bene. L’AIDS è una epidemia politica. Le staminali embrionali non curano nessuno. I resti fossili tacciono. E l’uomo non è una minaccia per il mondo che ci circonda. Un manuale per difendersi dai dogmi fideistici del clericalismo fantascientifico: sbarca in Italia Tom Bethell con la sua “guida politicamente scorretta alla scienza”
di Marco Respinti
Nel 1987 Bill Kaysing – ex direttore delle pubblicazioni tecniche presso i laboratori della Rocketdyne Research, cioè la ditta che progettò e costruì i motori dei razzi che portarono le navicelle Apollo sulla Luna, come orgogliosamente lo reclamizzano i suoi editori – pubblicò un libro mitico, Non siamo mai andati sulla Luna (trad. it. Cult Media Net, Roma 1997). Oggi è una chicca per collezionisti (come scrive Simone Berni in Libri scomparsi nel nulla, Simple, Macerata 2007) e qui in redazione ce ne contendiamo una delle poche copie sopravvissute: “dimostra”, infatti, con dovizia di particolari, che su quel nostro satellite che sempre mostra una e una sola faccia gli uomini non hanno mai messo piede. Tutto falso, insomma.
Viene da ridere? Più o meno. Ma cosa diremmo se il buon Kaysing venisse considerato la massima autorità scientifica in circolazione; se le sue teorie dettassero legge in accademia, nei simposi internazionali e sui banchi di scuola; se, basandosi sui suoi scritti, si varassero leggi d’interi Stati, i consessi internazionali stilassero decaloghi intimando proibizioni, e su binari cerebralmente morti s’instradassero somme di denaro pubblico e privato da capogiro? Ci strapperemmo le vesti. Sbagliato. Oggi infatti avviene esattamente questo, ma nessuno protesta. O quasi.
Una scienza del Kaysing
Quella che oggi decide chi siamo e da dove veniamo (un grumo di cellule inerti o rampolli di scimmioni), cosa mangiare oppure no, quali industrie chiudere e quali arterie di comunicazione bloccare in base a teorie assolutamente di fantasia è nientepopodimeno che una scienza del Kaysing.
È tutto (ben) scritto in un libro, Le balle di Newton. Tutta la verità sulle bugie della scienza. Esce a giorni per i tipi della Rubbettino di Soveria Mannelli (Catanzaro) a cura di Guglielmo Piombini (che ne firma pure la prefazione) e traduce The Political Incorrect Guide to Science (Regnery, Washington 2005).
E l’autore... l’autore è Tom Bethell, una delle penne più brillanti, autorevoli e libere della pubblicistica statunitense. Classe 1936, giornalista di razza capace ancora d’inchieste serie, Bethell si è specializzato in campi diversi quali li sono l’economia e la scienza (il suo primo articolo sull’evoluzionismo è del 1976, sulle pagine di Harper’s). Nato in Inghilterra, si è addottorato all’Università di Oxford, è senior editor del settimanale The American Spectator, corrispondente del quindicinale National Review e fellow alla prestigiosa Hoover Institution on War, Revolution and Peace dell’università californiana di Stanford.
Senza peli sulla lingua, Bethell sfida dunque l’opinionismo “scientifico” più diffuso.
Per esempio il catastrofismo altalenante dell’ambientalismo militante che oggi dice che poi verrà un caldo infernale, ma domani che dopo farà un freddo glaciale. Sembrano le previsioni dei Testimoni di Geova sulla fine del mondo. Non si verificano mai e vengono continuamente riscritte, ma il fatto grave è che del maltempo viene incolpato il “virus uomo” e l’effetto-serra prodotto dalla sua industrializzazione. Peccato che in Italia una rivista come Newton ricordi che l’effetto-serra c’è anche su Marte, dove pare non vi siano metropoli asfissianti e industrie inquinanti...
Tutto si basa sul famoso Protocollo di Kyoto mirante a ridurre le emissioni di gas nocivi nell’astmosfera causa appunto del cosiddetto effetto-serra, che però si fonda su teorie discutibili. Basta infatti pensare che l’International Council for Capital Formation ha dimostrato che, in un Paese come l’Italia, il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto potrebbe far scendere la temperatura di qualche grado nel 2100 (!), ma entro il 2010 causare la perdita di oltre 200mila posti di lavoro e l’aumento del 13% del prezzo dell’elettricità e del 44% di quello del gas.
Meglio le blatte dell’uomo
Di bufala in bufala, è nota la vicenda tragicomica del nordcoreano Hwang Woo Suk. Mentì sapendo di mentire e s’inventò una inesistente clonazione umana a partire da cellule staminali embrionali (le stesse che si dice “curino” morbi gravi, ma sempre domani, quando la ricerca..., e i fondi pubblici...). Colto con le dita nella marmellata, Hwang ha perso la faccia, il posto e un mucchio di soldi. Un po’ meno noto è invece l’alone di dubbio che persiste attorno alla vicenda della famosa pecora Dolly, nel frattempo morta precocemente di vecchiaia. Insomma, anche la clonazione, ultima frontiera della scienza-fede, è una sòla, anzi un boomerang.
Ma è una vicenda come quella del dicloro-difenil-tricloretano che fa accapponare la pelle e riflettere su chi davvero decide cosa e perché lo fa sulla nostra pelle. Noto come DDT, si dice che faccia male. In realtà fa bene. Scoperto nel 1874 da un chimico tedesco, e poi di nuovo, autonomamente, sempre in Germania nel 1939, è un portento contro mosche, pidocchi, pulci e zanzare portatrici di orrori quali peste bubbonica, tifo, febbre gialla, encefalite e malaria.
Un giorno del 1962, però, l’ambientalista Rachel Carson pubblicò il libro Silent Spring sostenendo che, se il grande mangia il piccolo, finisce che dalle bestiacce il DDT arriva fino all’uomo, provocandogli addirittura il cancro. Indi per cui 10 anni dopo, nel 1972, la U.S. Environmental Protection Agency decretò il bando totale di quel portentoso insetticida abbondantemente impiegato nell’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo.
Risultato, colture devastate e milioni di morti per fame in tutto il mondo, nonostante le rock-star e i loro megaconcerti benefici. E in più la malaria, che oggi uccide più di un milione di persone all’anno solo in Africa. Una carneficina stupida, che in anni recenti ha spinto non solo The New York Times e The Wall Street Journal, cioè il diavolo e l’acqua santa, a chiedere in coro il ritorno del DDT, ma persino il leader dei Verdi USA, Ralph Nader.
Ma forse il DDT fa paura per altri motivi. Alexander King, cofondatore di quel Club di Roma che da sempre infondatamente dice che sulla Terra siamo troppi (lo sbugiardò a suo tempo l’economista Colin G. Clarke), è infatti noto per avere affermato che il pesticida «in Guyana ha eliminato quasi del tutto la malaria in due anni, ma nello stesso tempo il tasso di nascite è raddoppiato. Col senno di poi, la mia principale contrarietà al no ddt è che aumenta notevolmente il problema della sovrappopolazione».
Balle e palloncini
Né all’occhio attento di Bethell sfugge la questione AIDS, una epidemia spaventosa solo da che lo si è deciso politicamente nell’ottobre 1985, durante l’incontro internazionale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Lì fu creata una «definizione di sorveglianza» dell’AIDS che fosse «semplice, universalmente applicabile e utilizzabile da tutto il personale sanitario». Vennero quindi individuati alcuni sintomi maggiori (perdita di peso del 10% o più, debolezza pronunciata o mancanza di energia detta “astenia” e diarrea persistente per più di un mese), più altri minori ma più frequenti (tosse persistente per più di un mese, infezione di herpes cronico ulcerativo, rigonfiamento delle ghiandole detto “ adenopatia generalizzata”). Poi si stabilì che la compresenza di almeno tre sintomi maggiori associati ad almeno uno minore definisce l’AIDS nei maschi adulti africani. Nessuna menzione dell’HIV. Così gli africani che prima di Bangui non erano ammalati di AIDS, lo furono il giorno seguente, anche se – scrive Bethell –, confrontando i dati relativi agli Stati Uniti, all’Africa subsahariana e alla Repubblica del Sudafrica, si evince che «in un paese con una popolazione sei volte più grande si sono verificate un ventesimo delle morti».
Ora, da quel dì il preservativo, con l’aiuto politico di personaggi quali l’ex vicepresidente USA Al Gore e l’ex Segretario di Stato Madeleine Albright, e in Italia il prodigarsi dell’attuale sindaco di Roma Walter Veltroni, è divenuto la soluzione. Epperò fallata, visto che in 20 anni l’Africa ha conosciuto un aumento demografico del 70%, cioè una cifra pari all’attuale popolazione USA, circa 299 milioni di persone. A meno che il problema non sia proprio questo, ricorda opportunamente Bethell: test sull’HIV eseguiti in cliniche prenatali sudafricane dimostrano che la gravidanza è una delle molte condizioni che producono un “ falso positivo”.
Piante, scimmie, uomini
Mille altri sono i casi di malascienza elencati e documentati da Bethell, dalla salubrità dell’assunzione umana di piccole dosi di radiazioni e di sostanze chimiche perniciose, ivi compresa addirittura la diossina, al bistrattato nucleare, che invece è sicuro e pulito, fino all’evoluzionismo, fondato solo su ipostasi concettuali, non confermato dalla ricerca, ma soprattutto non osservabile, non sperimentabile e in balìa di fossili in realtà muti a meno di soggiacenti teorie preconcette a cui adattare i fatti.
E la famosa questione della biodiversità “minacciata” dal persistere del “virus uomo”? Be’, ogni due per tre si scoprono specie nuove (e altre si estinguono per cause indipendenti dall’uomo), motivo per cui la cosiddetta criptozoologia, se considerata nei limiti della “pura ragione”, è molto meno Peter Kolosimo di quello che vorrebbero far credere i vari CICAP di turno. Ma basta per esempio pensare al “Telecom Italia Future Centre” di Venezia (sì, roba della grande rete di telefonia nazionale, non una setta di creazionisti) che c’ha tenuto, nel giugno 2006, a presentare in Italia per la prima volta il Census of Marine Life (www.coml.org), un autorevolissimo programma di ricerca che nei primi cinque anni di vita ha portato alla scoperta di 5580 nuove specie animali.
Insomma, le preziose indagini di Bethell non possono che far concludere seccamente. Occorre combattere una buona volta l’oscurantismo e il fideismo, facendo voto quotidiano di dedicarsi a una causa santa: quella di liberare la scienza dalla fede, di separare con un muro alto così la ricerca dalla religione, di tenere distinte anche con lo sforzo, se non con la forza, alambicchi, provette e telescopi da filosofie, empirei e aldilà.
La scienza, infatti, è una cosa. Gli arzigogoli infondati, e costosi, e dannosi, sono invece altro. Mere speculazioni e per di più irrazionali, dettate da credo ideologici e da interessi economico-politici. Insomma “religioni”, “fedi”, indegne dell’autentica ricerca scientifica, che è conoscenza di come stanno le cose che ci circondano.
È fondamentale, cioè, che la scienza resti empirica, strettamente legata all’osservazione diretta dei fenomeni e alla ripetibilità in laboratorio degli esperimenti, un metodo che alla scienza è peculiare e che è stato per sempre canonizzato sin dai tempi di Galileo Galilei. Tutto il resto è solo clericalismo fantascientifico.
Io fisico controcorrente vi spiego il bluff del riscaldamento globale
Scrivere proprio oggi sulla colossale balla del riscaldamento globale è, come s'usa dire, come sparare sulla croce rossa; e, a dire il vero, non ne avrei tanta voglia. Anche perché, diciamolo con l'onestà scientifica di sempre, i freddi globali - e sottolineo globali - di questi giorni non sconfessano la balla più di quanto l'afa di luglio non confessi che esso balla non è. E anche perché il pianeta sta effettivamente attraversando una fase di riscaldamento globale: ciò che balla è - colossale, gigantesca balla - è che l'uomo abbia un qualche ruolo sul riscaldamento e, men che meno, sul clima. E anche perché, infine, è da 10 anni che ne scriviamo.
Faccio parte di un organismo internazionale, l'N-Ipcc (la N sta per «non-governativo») che ha valutato la stessa letteratura scientifica a disposizione del più famoso Ipcc, ma è giunto a conclusioni opposte, e ha pubblicato il rapporto «La Natura, non l'Uomo, governa il clima» (tradotto in 5 lingue, la versione italiana è pubblicata dall'editore 21mo Secolo). Il rapporto è stato inviato - assieme alla firma di oltre 650 scienziati da tutto il mondo - al Senato americano, per far ascoltare ai membri di quell'alto consesso, la voce del dissenso (o, visti i numeri, direi più correttamente, del consenso sul dissenso). Ciò che è importante, sul tema, è capire, una volta per tutte, perché col riscaldamento globale l'uomo non c’entra. Vi sono una mezza dozzina di indizi, a nessuno dei quali nessuno ha fornito spiegazione e che tutti insieme fanno una schiacciante prova.
1) Il pianeta è già stato più caldo di adesso: senza invocare tempi geologicamente lontani, lo è stato per molti secoli nel cosiddetto «periodo caldo olocenico» di 6000 anni fa, e per un paio di secoli nel «periodo caldo medievale» di 1000 anni fa.
2) L'attuale riscaldamento è cominciato nel 1700, quando erano l'industrializzazione assente e mezzo miliardo la popolazione mondiale, e ha continuato fino al 1940 quando erano l'industrializzazione quasi assente e la popolazione 1/3 della odierna.
3) La temperatura del pianeta è diminuita dal 1940 al 1975, tanto che a metà degli anni Settanta del secolo scorso era popolare un'isteria per il freddo paragonabile a quella odierna per il caldo; peccato, però, che furono, quelli, anni di boom industriale, demografico e di emissioni di gas-serra.
4) È dal 1998 che la temperatura del pianeta ha smesso di crescere e il 2008 sarà probabilmente dichiarato il più freddo degli ultimi 10 anni; ma dal 1998 le emissioni di gas-serra sono ininterrottamente aumentate.
5) Tutti i modelli matematici che attribuiscono ai gas-serra antropici il ruolo di governatori del clima prevedono che nella troposfera a 10 km al di sopra dell'equatore si dovrebbe osservare un riscaldamento triplo rispetto a quello che si osserva alla superficie terrestre; orbene, le misure (ripeto: misure, non chiacchiere) satellitari non rivelano, lassù, alcun aumentato riscaldamento, men che meno triplo, ma, piuttosto, un rinfrescamento.
Come si vede, quindi, l'attuale riscaldamento è occorso nei tempi e nei luoghi sbagliati rispetto alla congettura che lo vorrebbe d'origine antropica. L'ultimo indizio, poi, non è un indizio: nato come «prova regina» della teoria antropogenica del global warming esso si è evoluto in prova regina della sua inconsistenza. La parola chiave è «sensitività climatica», cioè l'aumento della temperatura conseguente a un raddoppio della concentrazione atmosferica di gas-serra; orbene, la sensitività climatica è di mezzo grado, il che significa che alla fine del 2100 potremmo aspettarci un contributo antropico alla temperatura della Terra di, forse, 0,2 gradi; contributo ben nascosto dalle molto più ampie variazioni naturali.
Nel corso dello sviluppo della scienza si avanzano ardite congetture, alcune delle quali costituiscono la scintilla di ciò che col tempo viene salutata come rivoluzione scientifica. Nessuna congettura, per quanto ardita, è dalla scienza ignorata: è lo stesso metodo scientifico a imporlo. E ognuna che contenga elementi di verità li rivela quando viene indagata e messa alla prova; se, però, più la si indaga, più la congettura è sconfessata dai risultati di quelle indagini, allora essa è ritenuta fasulla. È questo il caso della congettura, durata ormai troppo tempo che addebita alla responsabilità umana il riscaldamento del pianeta. A darle un'altra batosta è un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista Nature: il cosiddetto «Global warming» per i prossimi dieci anni non ci sarà. Ulteriore conferma di quanto è pervicacemente ignorato: la terra non aumenta la sua temperatura per colpa delle attività umane. È la catastrofe dei catastrofisti, la fine di un falso mito esagerato ad arte. Non ne sono mancati nella storia della scienza: noti esempi sono il metodo omeopatico come terapia e la fusione fredda. E, curiosamente, rimangono in vita: tutti noi possiamo acquistare rimedi omeopatici in farmacia e non mancano rispettabili scienziati che della fusione fredda si sono innamorati. Ecco: innamorarsi delle proprie congetture è l'ultimo dei sentimenti concessi a uno scienziato.
Quanto all'effetto serra antropogenico, lo stato delle cose è oggi chiaro e semplice. Innanzitutto, il pianeta è già stato caldo più di ora: l'ultima volta lo fu durante i tre secoli di periodo caldo medievale. In secondo luogo, il trend al riscaldamento degli ultimi 300 anni è proceduto con oscillazioni in contrasto con la congettura che lo addebita alle attività umane. Infatti, nel periodo 1940-75, in pieno boom industriale e demografico, la temperatura diminuiva; ed è da 10 anni che, a dispetto delle aumentate emissioni, ha cessato di aumentare. Ora ci dicono che così potrebbe essere per altri 10 anni: insomma, i gas-serra dell'uomo sono un rumore di fondo rispetto alle cause naturali. In terzo luogo, quella congettura prevede che l'atmosfera a 10 chilometri sopra l'equatore si riscaldi tre volte di più che a terra; ma i satelliti non hanno rilevato, lassù, alcun accentuato riscaldamento, men che meno triplo, ma, piuttosto, un rinfrescamento.
Abbiamo speranze che tutta la faccenda del riscaldamento globale antropogenico venga relegata, prima o poi, tra le pseudoscienze? Se non è successo con l'omeopatia o con la fusione fredda, e se l'astrologia è tuttora una fiorente attività, non vedo cosa potrebbe giustificare quelle speranze.
Di Franco Battaglia
Mi piacerebbe che nessuno parlasse più di riscaldamento globale, anche perché comincio ad annoiarmi; ma più che un auspicio è, la mia, una pia illusione: quella del riscaldamento globale antropogenico è una fiorente industria, ben oliata dal denaro delle nostre tasse - una quantità fantasmagorica di denaro pubblico - diretto verso progetti tanto grandiosi quanto inutili, tipo: il fantasioso sequestro della CO2, la burla della realizzazione di parchi eolici, la truffa della realizzazione degli impianti fotovoltaici. Il tutto con la benedizione del Parlamento europeo; il quale, promuovendo la politica energetica suicida del cosiddetto 20-20-20, fondata sul falso scientifico di pretendere di governare il clima, sembra ansioso di dare il via ai lavori di scavo per la nostra fossa. Che qualcuno lo fermi.
LA CATASTROFE DEI CATASTROFISTI.
Nel corso dello sviluppo della scienza si avanzano ardite congetture, alcune delle quali costituiscono la scintilla di ciò che col tempo viene salutata come rivoluzione scientifica. Nessuna congettura, per quanto ardita, è dalla scienza ignorata: è lo stesso metodo scientifico a imporlo. E ognuna che contenga elementi di verità li rivela quando viene indagata e messa alla prova; se, però, più la si indaga, più la congettura è sconfessata dai risultati di quelle indagini, allora essa è ritenuta fasulla. È questo il caso della congettura, durata ormai troppo tempo che addebita alla responsabilità umana il riscaldamento del pianeta. A darle un'altra batosta è un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista Nature: il cosiddetto «Global warming» per i prossimi dieci anni non ci sarà. Ulteriore conferma di quanto è pervicacemente ignorato: la terra non aumenta la sua temperatura per colpa delle attività umane. È la catastrofe dei catastrofisti, la fine di un falso mito esagerato ad arte. Non ne sono mancati nella storia della scienza: noti esempi sono il metodo omeopatico come terapia e la fusione fredda. E, curiosamente, rimangono in vita: tutti noi possiamo acquistare rimedi omeopatici in farmacia e non mancano rispettabili scienziati che della fusione fredda si sono innamorati. Ecco: innamorarsi delle proprie congetture è l'ultimo dei sentimenti concessi a uno scienziato.
Quanto all'effetto serra antropogenico, lo stato delle cose è oggi chiaro e semplice. Innanzitutto, il pianeta è già stato caldo più di ora: l'ultima volta lo fu durante i tre secoli di periodo caldo medievale. In secondo luogo, il trend al riscaldamento degli ultimi 300 anni è proceduto con oscillazioni in contrasto con la congettura che lo addebita alle attività umane. Infatti, nel periodo 1940-75, in pieno boom industriale e demografico, la temperatura diminuiva; ed è da 10 anni che, a dispetto delle aumentate emissioni, ha cessato di aumentare. Ora ci dicono che così potrebbe essere per altri 10 anni: insomma, i gas-serra dell'uomo sono un rumore di fondo rispetto alle cause naturali. In terzo luogo, quella congettura prevede che l'atmosfera a 10 chilometri sopra l'equatore si riscaldi tre volte di più che a terra; ma i satelliti non hanno rilevato, lassù, alcun accentuato riscaldamento, men che meno triplo, ma, piuttosto, un rinfrescamento.
Abbiamo speranze che tutta la faccenda del riscaldamento globale antropogenico venga relegata, prima o poi, tra le pseudoscienze? Se non è successo con l'omeopatia o con la fusione fredda, e se l'astrologia è tuttora una fiorente attività, non vedo cosa potrebbe giustificare quelle speranze.
Gli ultimi 2 articoli "io fisico vi spiego gli errori..." e "la catastrofe dei catastrofisti" sono di Franco Battaglia , che è una voce fuori dal coro nel modo della scienza.
Ho fatto un errore nel riportare la seconda parte del 1 articolo e me ne scuso.
QUANTI SCIENZIATI SMONTANO I DOGMI ECOLOGISTI.
L’ultima è di ieri l’altro. Alcuni hacker sono riusciti a entrare nei computer del Centro ricerche sul clima dell'University of East Anglia, nel Regno Unito, e rubato informazioni, comprese, soprattutto, alcune mail private tra luminari dell’ecologismo. Che rivelerebbero un’imbarazzante verità: gli scienziati del settore stanno esagerando il fenomeno del «global warming», il riscaldamento globale, manomettendo volontariamente gli studi pubblicati. Cosa che lo stesso direttore del dipartimento, Phil Jones, ha confermato, anche se si limita a dire che una sola email rivela l’uso di un trucco per alterare le temperature medie in un grafico.
La teoria antropogenica del riscaldamento globale, secondo la quale più del 90% del riscaldamento globale osservato sin dagli anni ’70 è dovuto all'intervento umano, mostra delle crepe. Almeno così hanno sostenuto già nel 2007 quattrocento scienziati che contestavano la base scientifica del Protocollo di Kyoto e del recente pacchetto-clima dell’Unione Europea. Scienziati diventati 650 nel dicembre 2008 e ora più di 700. Praticamente un’epidemia. Proprio nel dicembre 2008 questi scienziati, esperti nei diversi campi della climatologia, in un rapporto depositato al Senato americano esprimevano tutto il loro scetticismo. Si tratta della parola di premi Nobel o di appartenenti all'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo creato all’interno dell'Onu per monitorare gli studi sui cambiamenti climatici, nonché uno tra i principali responsabili degli allarmi sul clima. Fra di loro figurano anche scienziati italiani, tra cui il fisico Antonino Zichichi, presidente della Federazione Mondiale degli Scienziati. «Sono scettico. Il riscaldamento globale è diventato una nuova religione» dichiarava Ivar Giaevar, premio Nobel per la Fisica.
«Il fondamento della tesi secondo cui le emissioni umane di gas serra sono la causa del riscaldamento è quasi del tutto basato sui modelli climatici»: così scriveva Joanne Simpson, prima donna al mondo a ottenere un Phd in meteorologia e definita «tra i più importanti scienziati degli ultimi 100 anni». Che aggiungeva: «Ora, tutti noi conosciamo la fragilità dei modelli riguardanti il sistema aria-superficie». Parole ancora più nette quelle del chimico giapponese Itoh Kiminori, collaboratore dell'Ipcc: «I timori per il riscaldamento sono il peggior scandalo scientifico della storia». «È una clamorosa bugia portata avanti sui media» affermava lo scienziato dell'atmosfera Stanley B. Goldenberg.
Infine, secondo Andrei Kapitsa, geografo russo: «I teorici di Kyoto hanno messo il carro davanti ai buoi. È il riscaldamento globale che provoca aumenti di biossido di carbonio nell’atmosfera, e non il contrario». E la rivolta è appena cominciata.
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