lunedì 16 novembre 2009

Le nostalgie di Napolitano per la Prima Repubblica. Marcello Veneziani

Presidè, io vi capisco assai ma veramente dobbiamo difendere i politici di professione e associarli alla nobiltà e alla moralità della politica? Mi rivolgo proprio a Voi, Presidente Giorgio Napolitano, e lo faccio col deferente e antico voi, tipico di noi meridionali. Vi ho sentito ieri a Napoli, vostra città onomastica e natale, elogiare il sindaco comunista Maurizio Valenzi. Vi ho sentito, politico di antico pelo, e comunista dell’era ideologica, commuovervi al ricordo del vecchio compagno di partito e di Vesuvio. E da meridional-sentimentale quale sono, rispetto i vostri affetti, le vostre nostalgie, la vostra età grave, perfino i vostri vintage, come si dice delle vecchie e amabili cianfrusaglie del passato. Però lasciatemi dire due o tre cose.

Voi parlavate col cuore in mano e la boccuccia a forma di babà. Però si capiva che non stavate parlando solo di Valenzi e nemmeno solo della bella politica di una volta. Parlavate di voi, difendevate la vostra biografia. E parlavate della casta, difendevate la casta di cui fate parte, a sinistra come a destra. E naturalmente sparlavate anche di lui, il non politico che guida l’Italia, Berlusconi. Quando avete detto che si può essere di destra o di sinistra ma l’importante è difendere la nobiltà e la moralità della politica come professione, si poteva facilmente tradurre con: potete essere con Fini o con Bersani, e se proprio vi scappa con Casini, ma non con l’antipolitico Berlusconi, col suo affine Bossi o con il suo rovescio Di Pietro.

C’era un’invisibile lavagna dietro le vostre parole dove erano visibili i nomi dei buoni e dei cattivi. Ma per carità, neanche di questo mi sorprendo e vi biasimo. In loro vi rispecchiate Voi, che siete nato alla politica e per sessant’anni o centoventi, non lo so, l’avete praticata. È stata la vostra professione, a tempo pieno, e per oltre quarant’anni da dirigente del partito comunista. Avete maturato il massimo della pensione di comunista; e infatti avete smesso di dichiararvi comunista dopo che è caduto il Muro di Berlino e avete raggiunto l’età classica della pensione. Un errore di gioventù, il comunismo, durato fino alla tenera età di sessantacinque anni.

Io già mi ero messo scuorno nell’anniversario del Muro di Berlino, quando avete parlato del nazifascismo, presente il vostro aiutante Fini, ma avevate dimenticato che quel Muro era stato eretto dal comunismo, col consenso di voi comunisti italiani. Ma oggi che siete tornato a difendere la politica di professione e la sua moralità, vi vorrei ricordare che fu proprio per l’immoralità dei politici di professione che nacque Tangentopoli e crollò il vecchio sistema politico.

Forse ce ne dimentichiamo, ma le inchieste di Mani pulite non riguardarono i Berlusconi ma proprio i vecchi partiti corrotti e ridotti ad una ignobile vecchiaia con i loro apparati di professione. Alcuni poi furono sciolti a suon di arresti e condanne, come il Psi, il Psdi e la Dc; gli altri, come il Pci, si sciolsero a suon di muri e Unioni sovietiche caduti. Ma erano tutti invischiati in una rete di potere che passava dai comitati d’affari alle cooperative, dalla lottizzazione alle spartizioni di poteri e soldi pubblici.
Vuol difendere quella storia, quei governicchi che duravano in media nove mesi, come una gravidanza senza figli, e si sbrodolavano nel politichese? C’era nobiltà e moralità in quella politica? Via, Presidè, non prendiamoci per i fondelli. E se proprio vogliamo separare la politica dalla moralità, allora dobbiamo dire che l’ultimo gran politico di quel tempo si chiamava Bettino Craxi, e voi Presidè, e qui non uso il voi rivolto al notabile del sud, ma proprio il voi plurale, riferito all’ex Pci, eravate contro di lui e con i magistrati. Anzi, a proposito, vogliamo dire un’altra cosa? A delegittimare la nobiltà e la moralità della politica di professione avete concorso pure voi che avete invocato la supplenza dei giudici e avete fatto patti e alleanze con poteri economici, mediatici, oltre che giudiziari.

Siete stati voi ad evocare il mostro dell’antipolitica, perché una volta finito il Racconto ideologico del comunismo, avete puntato sul diluvio e giocato questa partita allo sfascio. Finito il compromesso storico con la Dc, avete cercato un compromesso storico con la Confindustria, con i poteri finanziari, siete anzi andati all’estero a piatire coperture e sostegni. E avendo abolito i voli diretti per Mosca, siete andati a supplicare appoggi a New York o alla City londinese. Lì è finita la sovranità della politica, non con Berlusconi. Quando è arrivato lui, la politica puzzava già di cadavere, non suscitava più passioni ideali e civili, non aveva nulla di nobile ma solo scheletri da chiudere negli armadi.

Presidè, quant’è vero Iddio, io non sono nemico della Politica Alta, anzi io la sostengo da una vita. Ma quella che è rimasta è la ciofeca, anzi è la posa del caffè, il rimasuglio di una grande e tragica storia. Non ci sono i De Gasperi, i Togliatti, i Craxi, gli Almirante, ma i loro meschini succedanei. Vorrei pur’io che rinascesse la Grande Politica, che si curasse davvero di interessi generali e di valori, divisi e condivisi. Ma questi no, si fanno battere anche sul loro terreno dagli antipolitici.

Vi dice niente Presidè che i più premiati alle ultime elezioni sono stati proprio Berlusconi, Bossi e Di Pietro e che sono scomparsi dalle Camere gli ultimi brontosauri del comunismo e dintorni? Presidè, non vi pigliate a male, ma ieri a Roma siamo passati al digitale e voi state ancora all’analogico, versione bianco e nero. Non voglio rovesciare la vostra predica e dire che i buoni sono gli antipolitici e i cattivi sono i politici, non sia mai; dico che quando parlate a Napoli di nobiltà della politica ricordatevi che quei nobilissimi politici di professione si sono arresi nella vostra città alla camorra e al malaffare; e ci è voluto un ignobile, immorale antipolitico per liberarla almeno dall’immondizia e avvicinarla in treno a Roma di un altro quarto d’ora. E allora, Presidè, ricordatevi almeno di Totò e parlate più onestamente di Miseria e Nobiltà della politica. Nobiltà di casato, miseria del presente. (il Giornale)

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