Quando si scriverà, sine ira et studio, con la necessaria distanza temporale ed emotiva, la storia d’Italia degli ultimi trenta-trentacinque anni, sarà impossibile trascurare l’azione, sulla scena e dietro le quinte, del “partito di Repubblica”, e l’interminabile serie di casi in cui Scalfari prima, poi Scalfari e l’editore De Benedetti in tandem, e ora De Benedetti coadiuvato da direttori e scrivani più modesti del vecchio fondatore, hanno cercato di determinare il corso delle cose politiche, economiche e sociali del nostro Paese, non di rado in modo opaco ed inquietante. Lo schema è sempre lo stesso: pretendere di stabilire - sulla base di un’investitura rigorosamente autoassegnata - non cosa sia opportuno o no, ma cosa sia morale o no. È come se a Largo Fochetti tracciassero ogni giorno una immaginaria riga sul campo, squalificando sul piano etico chiunque osi oltrepassarla. Gli ultimi giorni ci hanno offerto almeno tre esempi di questo “metodo”.
Primo. Si intervista il solitamente silenzioso Carlo Azeglio Ciampi, da molti mesi assente dal dibattito pubblico, e ne viene fuori, in modo inusitato per perentorietà di toni e anche per mancanza di riguardo nei confronti del suo successore al Quirinale, una specie di grido contro un’eventuale firma presidenziale in calce alla legge sul processo breve. Il sasso, a questo punto, è scagliato: e, se Napolitano provasse a “disobbedire”, sarebbero già pronte paginate di giornale e arene televisive tutte volte a ricordargli che “Ciampi non l’avrebbe fatto”.
Secondo. Si cerca da settimane, pestando stancamente l’acqua nel mortaio, di inventarsi la fiction sul “Berlusconi mafioso”. Entra in campo, più spompato e incattivito del solito, l’appuntato D’Avanzo, con un suo sodale d’occasione: danno qualche prima indicazione, qualche traccia di lavoro, qualche pista da seguire. Neanche ventiquattr’ore dopo, temendo che qualche sventurato pm possa avventurarsi su un terreno chiaramente incredibile (Berlusconi “bombarolo” e mandante delle stragi del ‘93), correggono il tiro e assegnano un nuovo compito, quello di indagare sulle origini del patrimonio e delle fortune economiche del Cavaliere. Insomma, cari pm, date retta a noi, e vedrete che qualcosa viene fuori.
Terzo. Il Pd bersaniano non sembra convinto di partecipare alla manifestazione contro Berlusconi del 5 dicembre prossimo? Semplice: parte la campagna di colpevolizzazione preventiva. Si arruola perfino Sofri (che pure dovrebbe conoscere e temere la pericolosità - sia quando se ne è autori sia quando se ne è vittima - delle manifestazioni di odio contro una persona) per spiegare che serve lo “sgombero” di Berlusconi, e che è impensabile che il Pd non partecipi alla piazzata. Puntuale, il giorno dopo, viene convocato (o intervistato?) il povero Bersani, costretto a tramutare il suo “timido no” in un “quasi sì”.
È troppo chiedere che qualcuno, a sinistra, trovi il coraggio per disobbedire a ordini di questo tipo? (il Velino)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento