E così oggi dovremmo convincerci che negli anni '70, tanto per fare un esempio, e cioè ai bei tempi della proporzionale, quando la Dc prendeva intorno al 40 per cento dei voti e il Pci intorno al 30 (percentuali che il nascituro berlusconiano Partito del popolo o il neonato Partito democratico ancora devono dimostrare di riuscire a conquistare), dovremmo convincerci che allora il sistema politico italiano godeva ottima salute e tutto filava liscio come l'olio.
Dal momento che in quel tempo, appunto, c'era la proporzionale, e dunque — dovremmo credere anche questo — i partiti minori non esercitavano alcun potere di veto ed erano docilissimi, nessuno si sognava di demonizzare i propri avversari, e i governi erano liberi dai vincoli delle coalizioni. Ma vogliamo scherzare? Chi ricorda sa benissimo che le cose non stavano affatto così. In realtà non c'è alcun vero o presunto inconveniente dell'attuale pur bastardissimo maggioritario italiano che non ci fosse pure venti o trent'anni fa, con la proporzionale, e che si ripresenterà più o meno identico anche se domani adottassimo nuovamente il sistema elettorale di un tempo.
A cominciare dal problema, chiamiamolo così, del coalizionismo. Escluso, come sembra ragionevole, che in futuro Berlusconi o Veltroni possano con il loro solo partito riuscire ad avere la maggioranza assoluta, non dovranno forse anch'essi allearsi allora con qualche altro partito se vorranno governare? E perché mai, mi chiedo, questo futuro alleato dovrebbe essere meno riottoso o indisciplinato di quanto oggi non siano gli alleati di Prodi o del proprietario della Fininvest? La reintroduzione della proporzionale potrebbe, almeno in teoria, dare luogo a una sola rilevante novità: la creazione di un autonomo spazio politico-elettorale di centro, potenzialmente capace di rappresentare domani l'ago della bilancia tra destra e sinistra.
Si tornerebbe cioè ad una situazione da «due forni» tipica della prima Repubblica, con tutti i giochi rimandati al dopo-elezioni e con l'unica differenza, questa volta, di un centro almeno inizialmente più debole delle ali (a meno che non riesca a Berlusconi la non facile e paradossale impresa di fare lui, con il suo nuovo partito, la parte del partito di centro). E a quel punto sarebbe davvero la Restaurazione. Da tenere sempre a mente è che le leggi elettorali non possono supplire ai deficit di natura politica.
Il maggioritario italiano è fallito perché in quindici anni né Forza Italia né i Diesse- Margherita, nati entrambi in circostanze assai diverse ma egualmente ambigue, e dunque gravati entrambi da problemi di identità, essendo l'una e gli altri incerti su che cosa essere, hanno di fatto rinunciato a lungo a qualunque battaglia ideologico-politica a fondo contro gli altri attori del proprio versante elettorale, non hanno preso nessuna iniziativa forte contro di essi, e così non sono riusciti ad espugnare elettoralmente la stragrande maggioranza di quel versante. Il bipolarismo italiano è fallito perché i due candidati naturali a esercitare la sovranità sui rispettivi poli hanno mancato al proprio compito per propria incapacità. Adesso, per favore, non cerchino finte vie d'uscita. (Corriere della Sera)
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1 commento:
SBARRAMENTO AL 5 per CENTO per i PARTITINI.
AI GIORNALI DI REGIME COME IL CORRIERE DELLA SERA SBARRAMENTO ALLA META' DELLE COPIE MEDIAMENTE VENDUTE DURANTE GLI ANNI DEL REGIME.
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