Da tempo mi sono convinto che le regioni in Italia godano di un pregiudizio favorevole "politicamente corretto". La Costituzione le prevedeva fin da subito ma ci sono voluti circa vent'anni perché esistessero davvero. Siccome il fronte politico che con varie scuse ne ha ritardato l'attuazione aveva una innegabile vena reazionaria, l'autonomia regionale, diventata una volta effettiva, è stata considerata da allora una conquista del fronte democratico e progressista. Un po' come lo Statuto dei lavoratori. Se però si scende in concreto a considerare quanto questo sistema di decentramento abbia funzionato è difficile trovare pareri appena tiepidamente favorevoli. Facilissimo sentire autentiche invettive. Un motivo ci sarà pure. Invece le province sembrano soffrire di un pregiudizio di segno opposto. Si è deciso che sono inutili. Salvo poi scoprire che se le abolissimo ci sarebbero, ad esempio, problemi per il funzionamento delle scuole. E che, per buttarla in teoria, negli Stati Uniti, modello di federalismo, oltre agli stati e alle città ci sono le contee. Ma a sinistra, malgrado Salvemini, le regioni sono intoccabili, mentre sulle province, sia pure a malincuore, si può trattare.
© 2012 Il Foglio.
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