mercoledì 1 agosto 2012

La strategia della lucertola. Aldo Reggiani

E’ noto a chi, come il sottoscritto, ha trascorso una felice fanciullezza in campagna, che se si acchiappa una lucertola per la coda, la ragazza, dopo essersi dimenata per un po’, si stufa a ci lascia la coda ancora semovente in mano e se ne scappa alla grande. Sicura del fatto che Madre Natura gliene farà ricrescere una nuova, “più bella a più grande che pria”, come recitava Petrolini nel suo Nerone.

Il busillis italiano è che in mano a Banche e altri enti stranieri, sta la nostra coda di circa il quaranta per cento (mi dicono) dei titoli del nostro debito pubblico. E quindi gli stranieri, soprattutto Banche d’affari internazionali, ci ricattano come vogliono, facendo alzare, conniventi le agenzie di rating, il rendimento dei titoli, che noi dobbiamo pagare con nuove, salatissime tasse.

Da quel che ho capito, ai tassi attuali, sugli ottanta miliardi di euro l’anno di interessi.

Fischia!

L’operazione non è nuova, come l’ottimo Angelo Libranti ha raccontato nel suo documentato, inequivocabile articolo – chiaro nel dipingere con decise pennellate la breve, infelice storia del rapporto tra l’Euro e l’Italia, come chiaro è quello della Coli, “Il vero conflitto di interessi in Italia va cercato nei giornali“, che ci racconta quali siano i reali poteri, a cui il Cav si è opposto, che comandano nel Belpaese – titolato “Uscire dell’euro”: per la serie “Cavallo vincente non si cambia”, gli amici di Prodi, Draghi e Monti stanno facendo nei confronti del Belpaese lo stesso giochino che portò a svendere, negli anni Novanta, ai loro amici tutta l’Iri e le più grandi Banche italiane.

Tant’è che, inascoltato, Giuliano Ferrara, nell’epocale editoriale “Fondamentali buoni, il resto merda”, del 5 novembre scorso, informava: “Giusto ieri un banchiere mi raccontava per filo e per segno come hanno fatto francesi e tedeschi a trasferire sul groppone del sistema bancario italiano il peso, insostenibile per le loro banche, del debito greco insolvente. Il G20 ha seguito. Con quella specie di amministrazione controllata che non ferisce l’orgoglio, peraltro scarseggiante, ma dà una indicazione che il Paese si appresta a seguire con una probabile mascherata, malgrado un capo dello Stato indisponibile alle manovre di Palazzo troppo spinte. Giochi di alta finanza, un gioco da ragazzi. Siamo un paese solidissimo, ma ci siamo privati di un dettaglio: la guida politica”.

Esattamente come fu svenduta, come illustra Libranti, l’Iri, ora Grilli vuole alienare allo straniero il patrimonio immobiliare dello Stato. Ma forse c’è una soluzione: ardita, folle, ma c’è.

E’ noto che il Giappone, pur avendo un debito pubblico del duecentoventi percento del suo Pil, e pur non sviluppandosi, come il Belpaese, un granché da una ventina d’anni, non viene attaccato dalle locuste della speculazione internazionale. Perché i giapponesi, personalmente o tramite le loro Banche ed altri enti, possiedono i titoli dell’intero debito pubblico dei Samurai.

E quindi le locuste internazionali, si attaccano al tram. In più hanno una loro Banca Centrale garante di ultima istanza del debito.

Quindi si potrebbe aumentare il nostro debito pubblico ricomprando quel quaranta percento dei titoli in mano straniera, fino ad arrivar, ad occhio e croce, al duecento percento del rapporto debito/ Pil. Lasciando, come la lucertola, le locuste internazionali con un palmo di naso.

E si risparmierebbero da subito, a occhio e croce, almeno una sessantina di miliardi di euro annui di interessi sui titoli (un minimo di rendimento agli acquirenti “casalinghi” bisognerebbe comunque garantirlo).

Poi, se la cosa non bastasse, si potrebbe ritornare alla Lira (una Lira magari pesante, che valga le vecchie mille lire) e, soprattutto, alla faccia di Draghi e Prodi, si potrebbe far ritornare la Banca d’Italia una Banca pubblica e non privata, come fu trasformata da Amato.

Tant’è che il Berlusca, che evidentemente ci vede lungo, nel 2006 aveva approntato un piano per riportare Bankitalia sotto il controllo pubblico. Come denunciava Marco Della Luna in un articolo del 2007, dunque scritto in tempi non sospetti, titolato “La privatizzazione finale dello Stato”. Inimicandosi Draghi, Monti, la Trilateral, la Goldman e tutto il potente poterame mondialista.

Cogli edificanti risultati che abbiamo visto.

Magari qualcuno di quelli che se la tirano in Tv come esperti in “tecnicalità finanziarie” potrebbe preparare il piano tecnico per realizzare questo sogno. Che ci permetterebbe di non esser presi più (pur con tutti i nostro difetti: e chi non ne ha), per il naso, pardon, per la coda, da dissennate organizzazioni internazionali finanziarie. Come la nostra lucertolina. (The Front Page)

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