In passato sul Foglio, e qui, se ne è scritto a lungo. La regola dei 20 anni è quella secondo cui la sinistra post comunista italiana riconosce, 20 anni dopo, che avevano ragione quegli altri. La regola prevede, inoltre, come elemento fondamentale la creazione fittizia di una grottesca linea di continuità tra le posizioni tragiche e sbagliate di allora e la nuova e improvvisa consapevolezza liberale. Questo percorso retorico e politico consente di cambiare, in ritardo, una posizione ideologica che non sta in piedi da almeno due decenni senza pagare pegno alcuno, anzi garantisce e rafforza la possibilità di continuare a dire che gli avversari avevano e hanno comunque torto. La regola dei 20 anni è una raffinata tattica politica che può e deve contare su un'egemonia culturale senza precedenti. Bravi, ovviamente. Ma è una barzelletta, nonostante faccia comunque fare qualche passo avanti al dibattito pubblico e al paese (anche perché il cambiamento, nei protagonisti, spesso è reale). Gli esempi si sprecano, basta leggere i libri e le evoluzioni del pensiero di D'Alema e Fassino e della gran parte degli intellettuali e giornalisti italiani over 50.
La regola dei 20 anni è stata abbracciata questa mattina da Ezio Mauro, nel prendere posizione tra il giustizialismo di Zagrebelski e i piedi per terra di Scalfari sull'assurda idea che Napolitano sia al centro di una macchinazione nei confronti di magistratucci capaci solo di trasformare in statista un imbroglione come Cancimino. Mauro non dice che Zagr e Ingroia sbagliano, non può anche perché dovrebbe cancellare dalle emeroteche alcune annate del suo giornale, ma riconosce che a causa di Berlusconi (la colpa è sempre di Berlusconi) la sinistra è stata invasa da una cultura giustizialista, becera ed eversiva di destra. Da Travaglio, insomma. Ovvero dall'editorialista principe dell'Espresso che è anche il giornalista assunto a Repubblica proprio da Ezio Mauro, per quanto poi confinato per la vergogna anni alla cronaca di Torino in modo da limitare i danni. O forse la sinistra è stata invasa dalla cultura giustizialista di Paolo Flores, ovvero dall'editorialista di Repubblica che è anche direttore di Micromega, bimestrale fratello di Repubblica. Si potrebbe continuare all'infinito con gli esempi, e comunque bastano le pagine sportive di Rep. di queste settimane.
La regola dei 20 anni è all'opera: Mauro punta il dito sulla cultura becera di destra che infanga la sinistra ma svia lo sguardo dalla Luna di Largo Fochetti. Per usare un'altra abusata metafora: com'era quella dell'Apprendista Stregone? Dire che a sinistra c'è un invasione di campo della destra giustizialista e non patteggiare non l'omessa denuncia, ma l'illecito strutturale, è poco credibile. La cosa interessante è che 5 anni fa (e allora scrissi di regola dei 15 anni) Repubblica fece la stessa operazione, denunciando Marco Travaglio come agente della destra becera e giustizialista a firma del compianto Giuseppe D'Avanzo. Ma non è cambiato niente, anzi. Travaglio è diventato pure editorialista numero 1 dell'Espresso.
Stavolta il caso è più eclatante, c'è di mezzo Scalfari e mai era stato messo in discussione il monolite ideologico del giornale partito di Rep. (altro che la libertà e la varietà di posizioni di cui scrive Mauro ). Forse è la volta buona, il primo passo di una svolta culturale, speriamo. Speriamo sinceramente. Ma resta il dubbio che anche in questo caso, come 5 anni fa, a Largo Fochetti abbiano fatto soltanto la mossa, cioè ancora della Regola dei 20 anni. (Camillo blog)
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